Pioggia di lame

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« Sì, mamma, sì. »

Sbuffo e sposto il telefono, incastrandolo fra l'orecchio e la spalla.

Mi servono le mani per disfare in fretta i bagagli.

Mi serve un tempo che mi sembra di non avere.

« Ho dormito quasi tutta la durata del viaggio. » borbotto ancora, distratta, roteando gli occhi.

Mery, seduta sul suo letto dal copriletto giallo, sogghigna.

« Certo che c'erano i suoi genitori ad aspettarmi. Come credi ci sarei arrivata da lei, altrimenti? Volando? Casa sua dista chilometri dalla stazione, lo sai bene. »

Batto un piede a terra, l'ansia che aumenta di portata nella mia voce.

« Mmh bene, d'accordo. Ora devo andare, la cena è pronta. La sua famiglia si mette presto in tavola. Ti chiamo domani, ok? Ok. Ciao, mamma. »

Chiudo svelta la telefonata, come se temessi che un'altra sua parola possa farmi esplodere, e torno di fronte alla mia amica, l'espressione disperata in faccia.

L'espressione di chi ha perso tutto.

La mia espressione solita senza Isaac.

« Ripetimelo. Spiegami ancora come diavolo fa un ragazzo a sparire sotto il naso della polizia e a far perdere le sue tracce come fosse semplicemente... evaporato. » gesticolo agitata, mimando un soffio di aria calda che esce da una pentola che bolle.

« E' tutto quello che so, Violet. Cosa potrei sapere io più dello sceriffo? » Mery si stringe nelle spalle e guarda altrove, quasi non sopportasse quel che vede nel mio sguardo.

O, semplicemente, come se non ci fosse proprio niente da vedere in esso.

« Io vado da lui. » decido d'improvviso, animata dall'impossibilità di star ferma a contemplare gli eventi che si susseguono come in una pellicola al cinema.

Mery torna a fissarmi controvoglia, sondando il mio viso alla ricerca di qualcosa che somigli ad un sintomo di follia repressa fino a quel momento ed emersa tutta d'un colpo.

Frugo nel borsone ai miei piedi alla ricerca di una sciarpa.

« Tu sai dov'è? » mi chiede sconcertata.

Le lancio un'occhiata ironica.

« O a casa sua o alla stazione di polizia, dove vuoi che sia? »

Infilo la giacca, adagiata sull'attaccapanni solo qualche minuto prima, e mi guardo intorno, sperando di intravedere la mia tracolla.

« Non credi che, se fossi in uno di quei due posti, non lo riterrebbero "scomparso"? »

Mery si alza e poggia le sue mani, dalle unghie mangiucchiate, sulle mie spalle.

Ho iniziato a tremare senza nemmeno accorgermene.

« Sto parlando dello sceriffo Stilinski. Del padre di quel ragazzo che tutti chiamano Stiles perché non hanno idea di quale sia il suo vero nome. Devo andare da lui a sentire se ci sono novità. Non so e non posso starmene qui ferma. Devo trovarlo. Io devo farlo. Lui... lui... »

Le parole s'incagliano fra le mie corde vocali e non ne vogliono sapere di uscire, di formulare una frase sciocca come "lui ha bisogno di me".

Perché non è vero, lui non necessita affatto della mia presenza, del mio conforto, dei miei abbracci, dei miei baci.

Di me.

Se così fosse, non sarebbe sparito un mese prima ancora che succedesse tutto questo.

Se così fosse, io saprei della morte di suo padre da lui, non da Mery.

Pioggia di vetro || Isaac LaheyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora