Pioggia di stelle

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Sto sognando.

Non so cosa di preciso mi faccia capire che non sono sveglia, ma lo avverto.

E' come un bruciore lieve sulla pelle, un malessere nello stomaco appena accennato: piccolezze traditrici del mondo onirico in cui sono immersa.

Un mondo inizialmente fosco e lugubre, costellato di ombre oscure terrificanti e schizzi di sangue, che ha poi assunto tinte più tenui.

Il tutto è stato, infine, inghiottito da un turchese elettrico, culminante in un blu cupo.

Un alone chiaro, come una pennellata di colore annacquato, sui contorni delle cose.

Ma a riconsegnare al mio corpo il senso di realtà sono il calore rassicurante di una mano grande stretta nella mia ed una voce insistente.

« Apri gli occhi, Violet. »

La sua voce.

Dischiudo piano le palpebre, con lentezza misurata, e lui è lì, accanto a me.

Isaac.

E di colpo mi rendo conto che quello che vedevo nei miei sogni non era altro che il colore delle sue iridi.

Lui mi ha riportato indietro da qualsiasi cosa fosse quella che mi teneva imprigionata nel sonno. Lui mi ha salvata.

Mi sorride ed io riesco a contare una ad una le screziature scure attorno alle sue pupille.

Ha gli occhi di un azzurro abbacinante, come il cielo d'estate col sole allo zenit, Isaac.

Come l'acqua cristallina dell'oceano che si rifrange sui ciottoli tondi e lisci del fondale.

« Ehi, pulcino, mi stavi facendo preoccupare. » si sporge e mi bacia la fronte sudata, scostando le ciocche più corte della frangia che la coprono.

Mi volto verso di lui e mi rannicchio sulla sua spalla nuda, baciandogli la clavicola.

« Quanto ho dormito? » domando, sfregando i piedi freddi fra loro.

« Un paio d'ore, credo. Non ho badato molto all'orologio. » risponde lui e infila un braccio dietro la testa, fissando il soffitto scuro sopra cui sono incollate decine di stelle fluorescenti.

Appena trasferitami a Beacon Hills, avevo voluto ricreare una piccola galassia nella mia stanza e ad ogni costellazione immaginaria avevo dato persino un nome strampalato.

C'era quella del coniglio salterino, quella della rana in gonnella, quella del cane a testa in giù... e quella dell'amore.

Isaac sembra fissare proprio quella, mentre mi accarezza distratto un braccio con la mano libera.

« Tra quanto devi andare? » chiedo, sperando che la risposta somigli anche solo vagamente a "mai".

« Tra circa tre ore. Se tuo padre mi trova qui, mi spara un proiettile in fronte... nella migliore delle ipotesi. » sorride con un solo angolo della bocca e poi, d'improvviso, di gira su un fianco e m'imprigiona sotto di sè.

« Hai una qualche interessante proposta su come impiegare questo tempo? » ha un'espressione sorniona in viso e scende a leccarmi le labbra, in attesa di una risposta.

« Non so... facciamo un gioco di società? »

Isaac annuisce e si sposta leggermente, arrivando a baciarmi appena sotto l'orecchio destro.

Ansimo e cerco di rimanere lucida. Non voglio cedere con così tanta facilità.

« Prendo le carte? » propongo allora e lui ride roco, sussurrando la sua risposta sulla mia bocca.

Pioggia di vetro || Isaac LaheyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora