Pioggia di paura

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Solo quando l'eco del mio grido si spegne, riesco ad identificare cosa l'ha fatto scaturire.

La più primordiale delle emozioni, quella che piove a gocce grosse attorno a me come un temporale invernale che ti coglie senza ombrello in una strada priva di ripari.

La paura.

La sento vibrare nei polsi, nella gola stretta da dita artigliate, nelle caviglie che hanno perso il contatto col suolo e nelle palpebre che non riescono a chiudersi per nascondermi la vista della creatura animalesca che fino ad un attimo prima era Erica.

Come è possibile? Cosa l'ha trasformata?

Da quando i mostri hanno abbandonato i film horror e se ne vanno in giro indisturbati, indossando la pelle umana come un vestito?

Guardo in basso, verso Mery che è inchiodata al suolo, livida, ed anche sul suo viso riconosco la paura.

La stessa mia, derivata dalla percezione di un pericolo che è tutt'altro che irreale.

Tutto questo non ha il sapore di un incubo e nè io nè la mia amica ci sveglieremo nei nostri letti, urlando e cercando conforto in braccia calde.

Chissà se mai avremo ancora l'occasione di destarci da un qualsiavoglia tipo di sonno...

Scalcio con forza, cerco di allentare la presa di quelle dita conficcate nella mia carne come uncini e Mery singhiozza per le lacrime e la mancanza d'aria.

Le mie mani scivolano sul mio stesso sangue, che cola dai punti in cui la pelle tesa si è lacerata, e tossisco, reclinando la testa per tentare di respirare un po'.

Vorrei piangere anche io, ma gli occhi restano asciutti.

La paura beve le mie lacrime e si ciba dell'unica cosa che mi spinge a lottare ancora: iridi, il cui chiarore è pari a quello del cielo e la cui profondità batte quella dell'oceano.

Un nome, il suo, che non voglio far uscire dalle labbra perchè il ringhio animalesco del mostro lo coprirebbe.

Lo tengo in bocca, stretto fra i denti, e lo mastico insieme al dolore. E' speranza, è voglia di vivere, lui.

Allungo le dita e cerco di arrivare al viso deformato di Erica, che se non fosse per i capelli biondi e gli abiti non riconoscerei: occhi di lucente oro liquido, denti lunghi ed acuminati come zanne, espressione grottesca e orecchie appuntite che spuntano dalla chioma.

Ho già visto un essere simile, ne sono certa.

Non era proprio identico, ma aveva gli stessi tratti. E mi aveva salvata.

I mostri avevano forse crisi di identità e non ricordavano più che nelle storie di paura non erano loro gli eroi?

« Erica, lasciala andare. »

Una voce, la sua.

Mi corre il cuore nel petto.

Vorrei potermi girare per vederlo, chiedergli se quando Erica l'ha spinto lontano si è ferito e rassicurarlo sulle mie condizioni.

So che è preoccupato, come lo sono io per lui. Non stiamo più insieme, è vero, ma quel filo spesso che ci univa non s'è mai spezzato del tutto.

Lo sento io, lo sente lui.

Isaac ha il tono di voce basso, minaccioso.

Ripete ad Erica di togliermi le mani di dosso e lei si gira verso di lui, le gengive scoperte a mettere in evidenza i canini.

Ringhia e a quel suono se ne sovrappone un altro identico.

Infine, di fronte a me, due bestie speculari.

Pioggia di vetro || Isaac LaheyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora