Mi gettai nella vasca quasi con disprezzo di me stessa. Mi sentivo sporca e sola.
Il signore e la signora Clark non mi rivolsero la parola. Arrivarono al punto dove non gli importava nemmeno se consumavo i pasti oppure no.
Si preparavano il pranzo e la cena, ma a me non dicevano nulla. Mi evitavano come la peste.Ero nella mia stanza spoglia, stesa sul letto semi rotto a contemplare il sudicio soffitto.
Ero passata dal vivere a casa dei miei genitori, nel lusso di Los Angeles, al vivere nella periferia di New York in una casa trascurata infestata da roditori.Aprii il baule dove tenevo i miei vestiti.
Scelsi di indossare l'abitino rosso svolazzante che mi regalò l'anno prima mia madre.
Metteva in risalto la mia pelle bianca e il castano chiaro dei miei capelli.
Gli orecchini di perle della mia defunta nonna ci stavano a pennello.
Mentre mi spargevo della cipria sul viso pensai che ero davvero bella.
Il rossetto rosso vivo sulle labbra. Un filo di eyeliner e una spruzzata di Chanel n.5 sul collo.Mi arrivò presto una chiamata, dal numero dell'uomo.
Ricordai di non sapere ancora il nome di quest'ultimo."Dolcezza, ci vediamo al Countin Pub, ho riservato un tavolo per noi. A presto"
Staccò alla svelta la chiamata.
Era strano uscire con un uomo molto più grande di me, ma nello stesso tempo ero elettrizzata.
Poi era un tipo affascinante.
Robusto, accessoriato di barba folta.
Sempre elegante.Indossai dei tacchi a spillo rossi di mia madre e uscii alla svelta da casa.
Il Countin Pub era colmo di gente.
C'erano varietà di persone, c'erano i classici tipi da una notte e via, ragazzi palestrati, donne lussuriose, donne meno lussuriose.
Poi c'ero io, una minorenne che aspettava con ansia al tavolo un uomo di quasi quarant'anni.Avevo ordinato un whisky per alleggerire la tensione.
E prima dell'arrivo dell'uomo la testa già girava.Poi lo vidi entrare. Aveva un sigaro cubano tra le labbra. Una giacca di cuoio e una camicia semi aperta bianca.
Quell'uomo avevo l'aspetto di un padre forte e premuroso. Questo mi affascinava un sacco di lui.
Si accorse della mia presenza e si inoltrò tra la folla per venirmi incontro.Mi prese delicatamente la mano e la baciò.
I suoi occhi erano luminosi, e aveva tagliato la barba, infatti potei notare la mascella pronunciata. Liscia al profumo di dopobarba."Come stai tesoro?" Mi domanda appena si accomoda di fronte a me.
"Bene, grazie. Lei?" Sorrisi maliziosa.
"Amo il modo in cui mi dai del lei, ora che sono qui sto molto bene grazie" mi regalò un sorriso sicuro.
Non sapevo nulla di quest'uomo, ero solo a conoscenza che era strepitoso a letto e che possedeva della droga da urlo.
"Qual'è il suo nome?" Gli diedi ancora del lei.
"James Felt, tu sei Carmen giusto?" Il suo nome risuonava melodico nelle mie orecchie, e ho subito adorato il suo modo caldo di pronunciare il mio.
"Si, Carmen" sorrisi compiaciuta.
Iniziammo a bere di gusto. Mi facevo consigliare da lui, ancora inesperta di alcolici.
Ne assaggiai di diversi e tutti mi davano quel calore che desideravo da tempo e quella spensieratezza che nemmeno da bambina provavo.Ero ubriaca e con gli occhi lucidi e provocatori fissavo l'uomo sempre più voglioso di avermi.
Era concentrato sulla mia scollatura.
Ero estremamente felice, mi sentivo una vera donna."Andiamo in albergo?" Volevo conoscerlo di più, ma mi fece questa proposta e non esitai nemmeno un secondo. Amavo fare sesso con quest'uomo e sicuramente mi avrebbe rimpilzato di Cocaina. E chi dice no alla coca?
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Carmen
RandomSto morendo. Sto morendo. Carmen sorride e dice a tutti che sta bene. Ma dentro sta morendo. Dentro sta morendo.