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Aprii la porta e la casa era deserta.
I miei genitori adottivi erano partiti per il nord America.
Ero sollevata, perchè non dovevo guardare le loro facce deluse.
Ero abituata, ma più il tempo passava e più non lo sopportavo.

Mi spogliai dei vestiti e dei pensieri tristi, e mi gettai nella vasca da bagno.
Mi insaponai i capelli castani e il corpo candido.

Soffocai le ansie affondando la testa sotto l'acqua calda.
Le orecchie chiuse mi facevano sentire i battiti del cuore, prima più calmi poi più veloci.



Ero sul mio letto, ancora in accappatoio.
Avevo messo su un cd jazz.
Nel frattempo gustavo un amaro che avevo versato prima nel bicchiere.

Stavo fumando in camera, solitamente me lo impedivano, ma ora non c'erano così mi godei in pieno la mia strana libertà.

Decisi di chiamare James, avevo bisogno di fare del bel sesso.

"Tesoro, sono in riunione. Ti chiamerò tra un'ora"

Staccò in fretta la chiamata.

Ero eccitata al pensiero che avrei di nuovo scopato con quell'uomo.
Iniziai a pensare a quanto fosse stato bravo la notte prima, e quanto ci sapeva fare tra le mie gambe.
Questi pensieri poco casti mi spinsero a toccarmi l'intimità.
Mi accarezzavo il clitoride con delicatezza.
Percorrevo con il dito la superficie delle grandi labbra, e muovevo il dito avanti e in dietro.

Stavo iniziando a bagnarmi. Così misi due dita dentro di me.
Facevo dentro e fuori senza sosta, immaginando che era James a procurarmi quel piacere.

Urlavo e gemevo, stavo impazzendo.
Avevo bisogno del cazzo di James.

Dovevo assolutamente trovare un oggetto simile al suo maestoso pene.
Il mio sguardo finì su un deodorante al cetriolo.
Lo afferrai e lo infilai al mio interno senza delicatezza.
Pensavo a James e al suo modo di scoparmi forte.
Stavo davvero gemendo e strillando.

Infatti ci misi poco per venire.
Venni sul letto, col fiatone.

Una chiamata mi scosse e mi fece tornare alla vita reale.
"Tesoro, cosa dovevi dirmi?"
James all'altro capo del telefono.

"Vieni a casa mia, ora. Abito nella 63 di Coney Island"

Chiusi in fretta. Sperando che afferrasse.



Pochi minuti dopo mi arrivò un suo nessaggio: "Sono sulla 63, di quale appartamento parli?"

"La casa rosa pesca" inviai.

Aprii la porta e vidi la sua auto nera.

Lui vedendomi parcheggiò e scese.
Mi venne in contro più bello che mai.

La carnaggione olivastra lo rendeva particolarmente attraente.
Aveva un anellino all'orecchio.
Una camicia bianca con i primi bottoni sbottonati.
Un pantalone nero classico.

Era il tipico quarantenne figo da paura.
Aveva tolto la barba. E notai finalmente le sue fossette ai lati della bocca.

Quando arrivò vicino a me, ricordai di essere ancora in accappatoio.
Infatti lui mi guardava con malizia.

Ci scambiammo uno sguardo particolare.
Provocandoci con gli occhi.
La tensione sessuale era alle stelle, infatti ci mettemmo poco per saltarci addosso.

Lo trascinai nella mia stanza.
E mi feci leccare l'intimità ancora umida.

"Mi sono masturbata pensando a te"
Gli dissi per eccitarlo maggiormente.

Mi guardò sorpreso ed entusiasta.
Si fiondò immediatamente sotto di me per assaporare gli ultimi resti dell'orgasmo precedente.

Stavo nuovamente gemendo, questa volta con più foga.

Non resisteva, infatti si lasciò cadere i pantaloni e le mutande e fece fuori uscire il suo membro smisurato e perfettamente dritto.

E pensai che ero pazza a pensare che gli uomini più grandi ce lo avessero piccolo.

Lo afferrai immediatamente per infilarmelo nella bocca.

"Brava piccola fammiti scopare la bocca"
Mi sussurava col fiato corto.

Si spingeva nella mia bocca con forza, aveva afferrato la mia testa e la muoveva velocemente avanti e in dietro.

Tenevo gli occhi dritti verso di lui per guardarlo godere, godere per me.

Mi staccai e lui si infilò subito nella mia vagina, quasi con arroganza.
Mi stava scopando molto forte, sentivo il suo membro arrivare fino allo stomaco.
Stavo urlando e lui mi tirò uno schiaffo continuando a scoparmi con foga.

Li per lì rimasi di stucco.
Ma quello schiaffo mi fece provare una sensazione strana, ma piacevole.
Mi piaceva farmi sottomettere da quell'uomo.

"Di più, di più" urlai.

Così lui mi girò facendomi capitare in ginocchio a pancia in giù, si posizionò tra le mie natiche e con un colpo secco si infilò nel mio retto.

Si muoveva forte e questa volta faceva davvero male.
Ma dovevo lasciarlo fare. Doveva godere e io subire.
Mi stringeva i seni e sussurrava il mio nome, mentre ancora si muoveva nel mio sedere.

Poi si sfilò e mi venne sui capelli e sul culo.

"Fammi un pompino, di nuovo"
Mi stava quasi costringendo.

Afferrai il membro e lo succhiai, il sapore di sperma era eccitante.
Gli leccai la punta della cappella per pulirla per bene.

"Oh piccola, nessuna è mai riuscita a tenermi così attivo per così tanto tempo"

"Succhialo, succhialo"
La sua voce roca mi faceva impazzire.

Gli presi i testicoli e iniziai a leccarglieli.

"Oddio tesoro, brava così così"

Gli muovevo il cazzo e leccavo i testicoli.
Sapevo anche io come farlo impazzire.

"Vai, vai così così" era eccitato al massimo, sentivo la vena del membro pulsarmi nella mano.

Mi spruzzò in faccia altro sperma.
Io lo leccai.

Si rivestì e se ne andò.
Non mi degnò nemmeno di un saluto.
Ma lui poteva farlo, poteva usarmi.
Forse ero nata per essere usata in quel modo.
Pensavo.

CarmenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora