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Delicatamente si sdraiò sul suo petto, sentiva il suo respiro, era al sicuro tra quelle braccia. Vedeva tutti i suoi tatuaggi. Erano bellissimi, uno in particolare aveva notato. Un uccello in una gabbia. Lo affascinava. Allora alzò lo sguardo, ma il volto del ragazzo non si vedeva, era nascosto dal buio. Voleva capire di chi fossero quelle braccia che tanto lo facevano sentire protetto.
"Fede sveglia, è ora di andare a scuola"
"Si mamma, arrivo"
Anche quella notte aveva fatto lo stesso sogno. Federico si alzò dal letto e andò a fare colazione.
Mangiò velocemente, poi andò in camera sua e si vestì. Si mise le cuffie e andò a prendere l'autobus per la scuola.
Durante il viaggio ascoltava le sue canzoni preferite, ma quella mattina era tormentato da molti pensieri.
"Perché continuo a fare questi sogni strani, sarà forse che io sia... no, non è possibile"
Arrivò la sua fermata, scese dal pullman e andò dalla sua amica che lo stava aspettando all'ingresso della scuola.
"Ehi simo, come stai?"
"Bene bene, ti vedo un po' pensieroso, è successo qualcosa?"
"No, tranquilla, entriamo in classe che si sta facendo tardi"
"Vabene"
Come al solito, appena entrato a scuola c'erano i soliti ragazzi a prenderlo in giro.
"Ehi, sta passando la ragazzina"
"Frocio, tornatene a casa"
Federico ignorava, continuava a parlare con Simona fingendo di non sentire, fingendo che non gli importasse.
"Fede, non dargli retta, ti offendono solo perché sei migliore di loro. Tu non sei gay, sei solo un ragazzo educato."
"Grazie simo, ti voglio bene"

Finite le lezioni, Federico è il primo ad uscire dalla classe, per tornare il prima possibile a casa e non vedere quei soliti ragazzi prenderlo in giro.
Torna a casa piuttosto stanco, e si sdraia sul divano.
Prende il telefono, nessuna notifica.

Federico aveva pochi amici, era un ragazzo timido.
L'unica persona che gli era stato sempre vicino era Simona. Una ragazza che aveva conosciuto fin dalla scuola elementare.
Annoiato e stanco, Fede si addormenta sul divano.
Ancora una volta, lo stesso sogno.
Le stesse braccia ,forti, che lo proteggono.
Fede si sveglia, nuovamente turbato da tutto ciò.
Voleva parlarne con qualcuno. Ma non sapeva con chi.
Perché si sentiva così al sicuro tra le braccia di un ragazzo?
Era come se tutte le sue paure scomparissero in quel momento.

Ma non poteva essere così, lui non poteva essere gay.
"Mi sto solo facendo suggestionare da quello che mi dicono in classe" continuava a ripetere.

I giorni passano, ma le sensazioni non cambiano.
Quando camminava in giro, quelle poche volte che usciva di casa, e incontrava un ragazzo carino, sentiva una sorta di attrazione fisica.
E man mano passava il tempo, ogni dubbio sembrava sempre più chiaro.

Federico era così, un ragazzo dolce, molto timido, fragile, delicato. E questi atteggiamenti davano sempre più fastidio ai ragazzi della sua scuola, che approfittavano della sua fragilità, per farlo stare male.

E con il tempo gli insulti facevano sempre più male, ora li sentiva più personali, non erano più solo bugie.
E la cosa che lo faceva stare peggio era il fatto di non poterne parlare con nessuno.

Passarono settimane.
Una sera, Federico, mentre stava parlando in chat con Simona, si sentì che era arrivato il momento di dirle la verità.
"Simo, ascolta, ti devo dire una cosa importante"
"Dimmi Fede"
"Alcuni mesi fa cominciai a fare sogni molto strani... Sognavo me con un ragazzo, con dei bei tatuaggi. E con il tempo credo di avere una certa attrazione verso i ragazzi."
"Fede, ma sei serio!?"
"Si , perché?"
"Vergognati"
"No, non dire così..."
"Ehi"
"Simo?"
"Ci sei"
"Dai rispondi"

Federico non ebbe mai una risposta.

Il giorno dopo Fede corse a scuola per cercare chiarimenti. Ma Simona, per la prima volta, non era all'ingresso ad aspettarlo.

La vide, da lontano, a parlare con le sue amiche.
Fede cominciò ad avvicinarsi. Ma lei lo vide, e girò lo sguardo. Poi continuò a parlare con le sue amiche. Ridevano, ridevano di lui.
Fede iniziò a piangere.
Aveva perso la sua unica amica. Ora era solo.

Passarono alcuni giorni, e Fede era abbandonato nella sua solitudine.
Tornò a scuola, ma quando scese dal pullman questa volta all'ingresso c'erano 5 ragazzi che lo aspettavano.
Fede era impaurito, ma si fece coraggio e si avvicinò a loro.
"Ehi, femminuccia, dobbiamo dirti due parole" dissero.
"Ragazzi, vi prego, lasciatemi entrare."
"Eh no frocetto, ora tu vieni con noi."
Uno dei cinque lo prese, lo spinse. E gli altri si avvicinarono.
Lui era a terra. E i ragazzi continuavano a picchiarlo. Tutti quanti erano lì, e lo deridevano.
Si sentì umiliato, ma tra la folla vide un volto, dispiaciuto, ma allo stesso tempo un po' schifato.
Era Simona, che lo guardava, senza far niente. Quando i loro sguardi si incrociarono, lei si voltò, e andò via.

"E adesso torna a casa, principessa" dissero i ragazzi.
Fede scappò via piangendo.

"Ben come mai non sei venuto con noi a picchiare quella ragazzina?"
"Non mi andava, siete stati grandi anche senza di me."
Benjamin era il ragazzo più popolare e temuto della scuola.
Promise ai sui amici che l'indomani lo avrebbe picchiato da solo, ma in realtà, stava soffrendo.
Soffriva per Fede.



Ciao a tuttiii, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.
A me è piaciuto scriverlo. Se volete che continui fatemelo sapere con un commento.
Per di più sono le 2:30 di notte e dovrei dormire, quindi voi lo vedrete domani pomeriggio.
xoxo

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