Capitolo 1: Solo piu ricordi...

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''Ci conoscevamo dai primi anni di asilo,abitavamo a pochi isolati l'una dall'altra ma passavamo quasi ogni pomeriggio insieme,tranne alcuni casi eccezionali...
Amavo passare i pomeriggi con lei a giocare nel piccolo parco giochi dietro casa sua,era pieno di giochi buffi a molla che non sapevo nemmeno come si usavano,per cui mi limitavo a dondolarmi sull'altalena quando lo
scivolo era troppo affollato.'' Sono talmente presa a raccontare la mia storia che quasi mi sono dimenticata che lo strizza cervelli sta segnando sul suo block notes tutto ciò che dico,sicuramente per poi riferirlo ai miei genitori.

Mi scruta dalla testa ai piedi come se davanti a lui non avesse una persona ma un mostro con quattro gambe. Appena si accorge che ho smesso di parlare mi incita a continuare la storia con un cenno di capo.
In risposta ho fatto una smorfia,non mi è mai piaciuto raccontare questo periodo della mia vita ad estranei,soprattutto a lui dal momento che le ritengo cose abbastanza private!
I miei pensieri si stanno dilungando perciò riprendo il filo del discorso e continuo a parlare.

"Molto spesso accadeva che Megan venisse a casa mia dopo scuola perché i suoi genitori erano molto impegnati con il lavoro,ma a noi andava benissimo così. Nonostante la loro vita ben agiata e la possibilità per Megan di avere tutto ciò che chiedeva,i suoi occhi parlavano da soli. Non si sentiva amata,passava sempre in secondo piano per i suoi genitori,il loro nome era la cosa principale e la loro carriera veniva sempre prima di Megan.
Sapevo di essere tutto ciò che aveva e questo mi rendeva felice ma triste allo stesso tempo,felice perché era bello sapere di essere essenziale per qualcuno,anche se a 7 anni non si percepisce ancora perfettamente il vero significato di essere fondamentale per una persona...nonostante tutto mi rendeva triste perché io sapevo di essere più 'fortunata' di lei,i miei genitori mi davano essenzialmente tutto ciò di cui avevo bisogno,compreso l'amore che una bambina può desiderare dai proprio genitori.'' Cerco di riprendere fiato per continuare a parlare ma lo strizza cervelli,Steve penso si chiami,mi ferma e inizia a parlare.

''Penso che per oggi vada bene così,mancano dieci minuti alla fine dell'ora che ci è concessa,per cui hai il permesso di rilassarti un attimo mentre io finisco di completare alcuni appunti. Dopo di che puoi tornare dai tuoi genitori.'' Faccio un sospiro quando conclude la frase e sento un peso scivolarmi via di dosso.

Non sono più abituata a parlare un'ora ininterrottamente,lo facevo solo con Megan, e la cosa mi mette molto in imbarazzo dal momento che è il mio primo incontro con questo buffo dottore della mente.

I dieci minuti passano velocemente e il silenzio viene rotto da un ticchettio di unghie,sulla superficie esterna della porta.
Mia madre apre leggermente quest'ultima non appena Steve le dà il permesso di entrare.

"Disturbo?'' Dice con la voce un po' roca per l'imbarazzo.

"No,si figuri. Entri pure signora Jackson'' intona il signor Steve.

Una volta entrata,mi madre, si siede sulla poltroncina,che è poco distante dal classico lettino da strizza cervelli su cui,fino a due minuti prima,vi ero io.

''Possiamo già prendere un appuntamento per la prossima settimana o le pare troppo presto signor Steve?''

"Oggi si è aperta molto più di quanto mi aspettassi essendo appunto il primo incontro ma se procediamo così si noteranno risultati immediati.'' Il dottore non ha risposto alla domanda di mia mamma e mi dà alquanto fastidio il fatto che parlino come se io non fossi qui con loro,ma oramai sono abituata ad essere invisibile,d'altro canto,so che è anche colpa mia. I miei pensieri vengono interrotti da una domanda alla quale non so come rispondere.

"Joy per te andrebbe bene tornare la prossima settimana o non ti senti ancora pronta?'' Mi domanda Steve.

Non so cosa rispondere,così annuisco riportando lo sguardo sul porta matite che si trova sulla scrivania, proprio accanto a dove è appoggiato il fatidico block notes.
Mia madre e il dottor Steve si salutano ed io accenno un sorriso forzato al mio psicologo.

Usciamo dallo studio e ci inoltriamo verso casa.
Il viaggio è straziante e troppo silenzioso per i miei gusti; come sottofondo si sentono le canzoni orribili che mio padre ha masterizzato su un CD 'per ricordare i vecchi tempi' almeno così dice lui perché si vergognava ad ammettere che ,in realtà, quelle canzoni gli piacciono davvero.

Mio padre parcheggia la macchina in garage e appena scendo mi dirigo in camera mia.
Oramai sono le sei e mezzo e tra la scuola e lo strizza cervelli la mia giornata è stata molto più intensa del solito dato che oramai la mia routine si basa su cinque fasi principali:Andare a scuola,mangiare,fare una passeggiata o andare a correre,dipendeva tutto da mio umore giornaliero,mangiare e andare a letto.

Non vedo l'ora di togliermi la divisa della scuola di dosso,visto che appena uscita da quest'ultima sono venuti a prendermi i miei genitori e non sono potuta passare a casa a cambiarmi visto che avevamo delle commissioni importanti da fare.

Appena varco la soglia di camera mia butto il giacchetto,la gonna e la camicetta bianca sulla sedia mettendomi subito un pantalone della tuta e una maglietta per stare più comoda.

Una volta sistemati anche i capelli mi butto sul letto prendendo le cuffiette dal comodino e dopo aver fatto partire la playlist inizio a leggere il mio libro preferito: Harry Potter. Sin da bambina lo amavo,avevo visto tutti i film,con Megan ovviamente. Ma ora che lei non abita più a New York non è più la stessa cosa guardarli e mi disgusta addirittura il pensiero di stravaccarmi davanti alla TV e far partire la nostra saga preferita senza di lei.
Da quando è partita non ho più ricevuto molte notizie di lei,qualche lettera ogni tanto durante le prime settimane ,ma nulla di più. Mia madre mi ha sempre detto che Megan stava passando un brutto momento ma mi chiedo come faceva a non capire che anche io ci stavo male per la sua partenza.
Era un momento difficile sia per me che per lei,sapevo che si era trasferita perché suo padre aveva ricevuto una proposta di lavoro migliore ed erano dovuti andare fino in Brasile,ma non riesco ad accettare il fatto che mi abbia dimenticata così in fretta dopo tutto ciò che abbiamo passato insieme.
Le mie paranoie vengono interrotte dalle urla di mia madre dal piano di sotto.

"Joy scendi,è pronta la cena".
Infastidita dall'interruzione rispondo,forse con il tono più alto di quanto pensassi.

"Ora scendo." Urlo,sbuffando per la seconda volta negli ultimi due millisecondi.
So che non appena mi siederó a tavola inizierà l'interrogatorio sia dai miei genitori che da mio fratello che è rientrato a casa subito dopo che siamo arrivati noi.
Nonostante abbia sedici anni e io solo un anno in meno di lui mi rendo  conto che a lui è concesso molto più di ció che è permesso a me,ma d'altra parte io sono la prima a non voler avere un rapporto con altra gente se non i legami immaginari che mi creo con i personaggi dei libri e con i miei cantanti preferiti.

Persa nei miei pensieri non mi sono nemmeno accorta di essermi bloccata all'inizio della scala senza ancora essere scesa, so che se faccio aspettare ancora un po' la mia famiglia mi padre si infurierà,essendo una persona molto suscettibile,per cui faccio le scale il più velocemente possibile fermandomi sull'ultimo grandino della lunga scalinata.

Dopo aver fatto un grande sospiro provo a prepararmi mentalmente alla sfilza di domande che riceverò  non appena varcheró  la soglia della cucina.

Twisted love (IN PAUSA) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora