I vigneti della verità.

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[Dedicato a L. Watson, la semplice verità che volevi.]

«Hai una responsabilità nei confronti di chi ami. E ne hai una nei confronti di chi non ami. Casualmente hanno lo stesso nome: sincerità.»

Aerdna77, Twitter

Mi sentivo vuota, come se avessi lasciato i sentimenti in Italia.

Non parlai con mia madre -anche solo della cosa più banale- finché non sorvolammo la costa della Francia. Una volta arrivata a casa mi lasciai cadere sul letto, ero triste e stanca per il viaggio.

Solamente una settimana dopo il nostro arrivo vennero a trovarci mia zia ed Edouard, forse ci avevano messo tanto a farsi vivi per permetterci di disfare le valigie in tutta calma e per lasciarci respirare un po'.

Quando abbracciai il mio amato cugino, dopo un anno di distacco, in quell'istante mi sentii al sicuro; ritornata in famiglia e nel mio paese natale.

Nonostante la momentanea felicità percepita, esternamente ero impassibile. Edouard, come suo solito, se ne accorse:

«Che cosa è successo di così tragico in Italia?»
«Niente di importante.»
«Lo sai che non ti credo. Ti conosco fin troppo bene Adèle.»
Sospirai affranta «E va bene... Ma ti avverto, è una storia che forse fa invidia alla serie televisiva "Beautiful".»
«Sono pronto» Disse spoderando un sorriso divertito, ma sincero.

Decidemmo, però, che nel mentre saremmo usciti a fare una passeggiata.

Bordeaux non era affatto cambiata nella sua delicata bellezza, ma la nostra meta erano i vigneti che costeggiano la città urbana. Luogo di interminabili storie e verità.

Edouard mi ascoltò attentamente in silenzio mentre gli raccontavo dei due ragazzi italiani conosciuti a Firenze; gentilmente si tenne le domande alla fine:

«Quindi ricapitolando tu eri innamorata di Alessandro, ma non era un amore corrisposto, mentre Francesco nutriva gli stessi sentimenti -che tu avevi nei confronti del ragazzo sbagliato- per te, giusto?»
«Esatto.»
«Ma con il bacio di Francesco ti sei sentita obbligata o era, in qualche modo, corrisposto?»
«Entrambe le cose: lo volevo, ma allo stesso tempo mi sentivo obbligata, perché in quel momento avevo la mente in confusione e dei sentimenti contrastanti.»
«Tutto questo per colpa di Alessandro?»
«Mio malgrado sì.»
«Come hai fatto ad innamorartene? Insomma, lui non entra minimamente nei tuoi parametri di bellezza del ragazzo ideale.»
«Sarà stata la sua spontaneità, l'atteggiamento sfrontato e vivace, il suo stile alternativo... Quello che io non sono. Semplicemente il mio opposto.»
«Va bene che esiste il detto: "gli opposti si attraggono", ma secondo me, se non ci fosse stato quel terzo incomodo ti saresti innamorata più facilmente di Francesco, che tra parentesi è più alla tua portata e rientra nei tuoi parametri.»
«Lo penso anch'io, ma il destino ha voluto questo. Sono sicura che dopo aver saputo che non era amore corrisposto sarei riuscita a dimenticarmelo totalmente per poi concentrarmi sull'amore sincero di Francesco, ma ora che sono in Francia non ha più tanto senso.»
«Tienila come una lezione di vita e ricorda che il destino separa i corpi, ma non le anime.»
«...e ci si può sempre ricongiungere.»
«Esattamente! Perché come dice il detto: "il mondo è piccolo", nonostante i suoi 40 009 km di circonferenza.» Disse con tono sapiente e ridendo.
«Devi sempre dimostrare di conoscere cose inutili, eh?» Dissi sarcasticamente.
«É utilissimo sapere quanti chilometri dovremo percorrere noi due un giorno!»
«Come ne Il giro del mondo in 80 giorni? Ecco perché me lo hai comprato, per rammentarmi che dobbiamo sperperare tutti i nostri soldi nella visita del pianeta che ci ospita.»
«È esattamente questo il motivo! Ed ovviamente io sono il gentlemen inglese tanto ricco quanto ossessivamente metodico, mentre tu sei il mio servitore.» Disse con una smorfia ed agitando in aria una mano come per scacciare una mosca, ma subito seguito da un caldo sorriso.
Ridendo risposi «A prescindere dal fatto che mi hai messa nel rango sociale inferiore rispetto a te. Sai vero che ti sei autodefinito meticoloso, che è anche sinonimo di pignolo.»
«Ne sono consapevole, ma sarei sempre e comunque superiore a te.» Disse con un sorriso beffardo.
«Ma sentitelo! Che coraggio ha questo sbruffone!» Dissi portando le braccia in alto in un teatrale gesto di disperazione.

I vigneti emanavano un odore di "verde", se è possibile che un colore possa avere un odore. Camminavamo indisturbati in un appezzamento di terra sotto il caldo sole di fine estate. Mentre percorrevo il sentiero accanto alle viti passai una mano su delle foglie -come quando da bambini con un bastone lo si passa nella ringhiera di un cancello- e ne uscii una splendida farfalla dai colori autunnali, mi fermai a guardarla volare via. Edouard, quando se ne accorse, si limitò ad aspettare poco più avanti. Ormai era abituato ai miei modi di fare:

«Perché sei volata via?»
«Come?» Dissi sorridendo un po' confusa per quella domanda insolita da parte sua.
«Vuoi dirmi che non hai notato che indossate gli stessi colori?»

Effettivamente aveva ragione. Proprio come quella creaturina indossavo gli stessi identici colori: dei leggings neri, una maglia arancione, una collana con un ciondolo di piume e tessuto intrecciato ambedue bianchi, così come le scarpe ed una giacca da aviatore marrone.

Quella "foglia" in movimento, dalla perfetta simmetria, forse ero io e mi rallegrò il pensiero che forse era la mia anima che ritornava in Italia:

«Comunque ora che ci rifletto, in qualsiasi modo fosse andata, io non meritavo Francesco.»
«Perché dici questo?»
«È solo una sensazione. Merita di meglio.» La mia estrema serietà probabilmente lo ha intimorito dato che non ha controbattuto. Così decisi di cambiare argomento:

«Nella lettera hai scritto che c'erano delle novità di cui sono all'oscuro, oltre a cose che non potevano essere scritte in una lettera.»
«Ah sì, giusto. In realtà è una sola la novità, volevo soltanto fare il misterioso.»
«Forse volevi dire "fare il megalomane".» Puntualizzai.
«Mettila come vuoi, fatto sta che mi sono fidanzato! Ah no, aspetta, ho usato il termine sbagliato: ho trovato la mia lucciola.»
«Edouard sono felicissima per te!!» Dissi precipitandomi tra le sue braccia in un profondo abbraccio «Come si chiama? Quanti anni ha? Come l'hai conosciuta?»
«Calmati Adèle,» Disse ridendo «Si chiama Grâce, ha la mia età e l'ho conosciuta in un bar.»
«Che banalità l'averla conosciuta in un bar.» Dissi sbuffando.
«Banalità sarebbe averla conosciuta di sera, sotto effetto anche solo di un accenno di alcol.»
«Non è andata così?»
«No. Era mattina e stavo facendo colazione, quando ad un certo punto entra nel bar questa bellissima ragazza dai capelli biondi. Si siede, ordina e dopo di che tira fuori dalla borsa il libro del viaggio al centro della terra di Jules Verne.»
«Il tuo scrittore preferito.»
«Assolutamente sì.»
«E come hai fatto ad avvicinarla? Immagino che nella tua goffaggine tu sia risultato solo inquietante.»
«Ma grazie, che bella considerazione hai di tuo cugino. Comunque l'unica cosa che ho deciso di fare, a pasto finito, era di alzarmi, passare accanto a lei e dirle "è un ottimo libro, fai bene a leggerlo", il tutto mentre stavo camminando, ma mi fermai quando mi disse che era la quarta volta che lo leggeva e che amava la scrittura di Verne.»
«E dopo quella frase è scattata la scintilla.»
«Sì. Abbiamo incominciato a conversare di Verne ed altro e poi mi ha lasciato il suo numero di telefono. Ci siamo frequentati per un po' finché non è diventato "ufficiale".»
«Da quanto tempo state insieme?»
«Tre mesi.»
«Beh dai, non mi sono persa tanto. Se dicevi un anno allora si che mi arrabbiavo del fatto che non me lo avevi detto.»
«Se fosse stato un anno te lo avrei detto.»

Di ritorno a casa Edouard mi raccontò tutto quello che era successo di bello e di brutto ai nostri amici. La cosa più importante che appresi era che Josephine -che avevo conosciuto a quindici anni a lezione di ballo- era entrata nel corpo di ballo del Regno Unito, nonostante le sue "difficoltà" visive.

Il mondo è strano e pieno di sorprese, c'è un'opportunità per tutti. Basta solo impegnarsi per cercarla.

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