Capitolo I

115 6 0
                                    

Celeste
Mi trovavo di fronte a una donna sorridente che doveva avere più o meno l'età di mia madre, mi osservava con uno sguardo penetrante, felice di farmi da maestra per 5 anni. Si chiamava Alice. Era davvero una bella donna, che nonostante mostrasse la sua età adulta era ancora bellissima. Sembrava davvero disponibile e credevo fosse una persona davvero paziente e dolce.
Accanto avevo mia madre. Era il mio primo giorno di scuola. E avevo una paura tremenda lasciar le mani di mia madre che avevo tenuto strette fino a quel momento. Lei,che insieme a mio padre cercava di dar a me e a mia sorella tutto ciò che serviva. Io invece credevo di essere una delusione per loro. Non essere in grado di essere quella figlia che meritavano.
Ero sempre stata una ragazza timida. Talmente tanto da parlare davvero poco e mettermi in un angolo da sola preferendo ascoltare e osservare tutto ciò che mi circondava.
E adesso sentivo che era arrivato il momento di voltare pagina e mettere fine alla solita Celeste.
E appena mia madre mi lasciò lí raccomandandomi di essere gentile con i miei nuovi amici, cercai di avvicinarmi agli altri bambini. Ma non appena mi avvicinavo a loro non riuscivo a dir nulla. Avevo la costante paura di dir qualcosa di sbagliato. Mi sentivo così sbagliata.
Per questo il primo giorno rimasi per la maggior parte del tempo in disparte, con la testa china sul banco colorando un disegno che "ci rappresentasse" ,come aveva detto Alice: io avevo disegnato una specie di paesaggio devastato come da un tornado (se così lo si vuol considerare, date le mie non abilità nel disegno, soprattutto a 6 anni) tutto in bianco e nero.
Così, Alice, vedendomi in disparte,mentre ricalcavo più e più volte il disegno cercando di far passare così più in fretta il tempo, si avvicinò e mi disse:-Perché non fai nuove conoscenze,Celeste?
Dai, parla con loro,so che sei una bambina che tutti vorrebbero avere come amica.
E facendomi un sorriso se ne andó. Io ovviamente non riuscii a far amicizia con nessuno, nè quel giorno nè nelle successive settimane.
Dopo un paio di settimane ero quella antipatica, considerata anche stupida; tutti mi chiedevano perché non spiaccicassi parola con nessuno,ma ovviamente non rispondevo. Rimanevo in silenzio, arrossando. Perchè non lo sapevo nemmeno io cosa fosse accaduto nella mia inutile vita per portarmi ad essere cosi.
Ero davvero esausta di quella situazione. Anche se ero cosi silenziosa, dentro avevo una tempesta che sarebbe prima o poi venuta fuori.

TempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora