video: Spin Doctors, Two princess (1991)
Spesso i ragazzi sanno essere più malvagi dei peggiori dittatori mai esistiti, potendo contare su una maliziosa pianificazione diabolica delle proprie azioni senza dover fare i conti con lo sguardo di rimprovero della società. Quante volte vi è capitato di assistere a scena di violenza verbale e psicologica fra adolescenti e non siete intervenuti? Quante volte avreste potuto fare la differenza fra una psiche lacerata e una giovane mente felice d'essere stata ascoltata?
Gli adulti non guardano alle dinamiche adolescenziali con lo stesso interesse – filisteo s'intenda- con cui parlottano fra loro di politica ed economia. I giovani sono giovani e fanno le cose da giovani. In fondo, abbiamo vissuto tutti delle vessazioni e ne siamo usciti senza troppe difficoltà, perciò perché immischiarsi? Eppure, alcuni di loro, di quei ragazzi che la notte piangono per gli insulti della giornata, si porteranno dietro quelle esperienze come delle spade di Damocle e poco importa che tutti voi siete sopravvissuti: per alcuni di loro non farà differenza. Ad alcuni di loro non fregherà un cazzo della vostra esperienza perché la propria basterà.
Così, quando Benedetta prende il ricevitore portatole dalla madre, non sa che dovrà convivere con quella conversazione per molti anni a venire né lo saprà il nostro Ettore. Ciò che accadrà dopo quella telefonata avrà lo stesso effetto della forza di gravità: comincerà ad attirare eventi, apparentemente sconnessi fra loro, che si concluderanno con il dolore.
"Pronto?"
"Ciao Benedetta! Sono Caterina"
Caterina... Caterina Brighi, compagna di classe da ormai quattro anni – due elementari e due delle medie – fa parte del "gruppo", quello che somiglia ad un branco. Benedetta se n'è sempre tenuta alla larga ma non per scelta: per sopravvivenza. Non è mai saggio attirare l'attenzione di ragazze come quella, perché sono capaci di distruggere tutto ciò che toccano con la stessa malsana facilità con cui i bambini torturano i piccoli animali.
"Ciao". La voce di Benedetta lotta fra lo stupore e la voglia di riagganciare per far sì che quella conversazione non si compia mai.
"Volevo chiederti se ti andava di venire a casa mia sabato sera. Faccio un pigiama party". I pigiama party, per chi non lo sapesse, sono un rituale molto in voga fra le ragazzine degli anni Novanta, durante il quale si sta a dormire tutte a casa di una e si trascorre la serata a chiacchierare inutilmente sui ragazzi. Sono parole banali, discorsi stupidi ma sono necessari al fine di una corretta socializzazione. Benedetta non aveva mai partecipato a un pigiama party. Perché Caterina voleva avere uno scarto della scuola come lei in casa sua? Forse che avesse intravvisto in lei qualcosa di interessante?
Ecco, la mente di Benedetta in quel momento è simile ad un campo di battaglia: da una parte, l'istinto le dice di non ascoltare quel canto di sirena perché la condurrà solo alla disfatta contro gli scogli; dall'altra, il suo animo ingenuo, le grida di essere davvero fortunata perché, finalmente, potrà essere accettata dal "gruppo". Secondo voi chi ha ragione? Ma cosa assai più importante, chi vince?
"Ah... ehmm... sì, certo!"
Una risata dall'altra parte del telefono accoglie la sua partecipazione.
"Bene! allora ci vediamo sabato!" e riaggancia.
Benedetta rimane col telefono in mano ancora per qualche istante, incredula, estasiata, felice. Non può creder a ciò che è appena accaduto e, certo, non ha la minima idea di ciò che l'aspetta.
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Il Mercoledì lascia al posto al Giovedì e così via fino a Sabato. Se per gli adulti le giornate passano troppo velocemente, a causa dei numerosi impegni che li tengono occupati, per i ragazzi il tempo sembra essere eterno. In un certo senso i giovani sono dei vampiri: vivono l'eternità della loro esistenza senza pensare che gli anni passano. I quindici anni sono lunghi a passare, così come i sedici... in effetti, il tempo acquista un peso quando si comincia a lavorare, perciò, lettori, meglio che vi lasciate incantare dalle responsabilità il più tardi possibile.
Ettore è seduto, come al solito, sull'altrettanto solita panchina. È un sabato pomeriggio addormentato e pigro, uno di quelli in cui non sai mai cosa fare e, soprattutto, non hai voglia di fare nulla. Qualche giorno prima aveva discusso animatamente nella compagnia per difendere Benedetta. Proprio non aveva digerito l'offesa e si era dovuto a sua volta difendere dall'infamante accusa – eh sì, all'epoca sembrava proprio una pessima prospettiva – di essersi preso una cotta per il roito. Lui non avrebbe mai dichiarato apertamente il suo interesse per lei, non lo aveva fatto quel giorno e mai lo farà. Almeno questo è quello che crede lui.
Da capobranco dovrebbe conoscere ogni attività dei suoi gregari, eppure il pigiama party organizzato dalle "gallinelle" gli era sfuggito. O forse ne aveva sentito parlare ma non ci aveva dato peso. Fatto sta che quando Caterina, col sorriso raggiante di una che sta tramando nell'ombra, gli dice che quella sera Benedetta sarebbe stata a casa sua, Ettore alza le sopracciglia. Finge disinteresse a dispetto del suo volto. E lei se ne accorge.
Voglio svelarvi un segreto, cari lettori: il mondo, quello dove camminate, quello che maledite, quello che imbrattate... ecco, quel mondo, è in mano alle donne. E chi se ne frega se direte il contrario, se vi sforzerete di essere misogini e, soprattutto, se altri uomini vi diranno che no: il mondo è in mano loro. Altro che sesso debole! Noi lo siamo, miei cari pollastrelli! Le donne sono empatiche, sono sensibili e, infine, sono molto più pianificatrici di noi. Sanno essere – perdonate il termine poco italiano- multitasking, ovvero sanno fare più cose contemporaneamente. Se ad un ragazzo gli dicessimo di rispondere al telefono e mettere a posto la spesa lui saprà fare solo una cosa alla volta. La ragazza no. Mentre la ragazza è seduta sul cesso, riesce a pensare e pianificare ogni singolo istante della sua giornata mentre noi siamo impegnati solo a fare centro con il minimo sforzo.
Quindi, quando Caterina legge l'espressione di Ettore – e, credetemi, la legge bene- non si affretta a dirlo ai quattro venti perchè quello manderebbe tutto il suo diabolico piano in fumo. Si limita a sorridere soddisfatta della sua propria intuizione.
Al povero Ettore dovranno servire diversi anni per rendersi conto di quanto Caterina avesse intuito in quel semplice sguardo, tempo durante il quale si chiederà sempre se avesse potuto cambiare qualcosa.
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Nata ai bordi di periferia
General FictionA volte accadono cose delle quali non ne siamo consapevoli. Altre volte, invece, siamo noi stessi a viverle e ci rendiamo conto di non essere soli. Questa storia è come tante altre eppure conserva qualcosa di unico: Lei. Quella ragazza che cammina...