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Take That, Relight my fire, 1993

Odia farsi accompagnare dalla mamma e crede che questo la farà apparire più sfigata di quanto già pensino. Se solo, a volte, i genitori si rendessero conto di quanto possono peggiorare delle situazioni, probabilmente ci chiederebbero scusa mille volte. Ma tanto non succede perciò che senso ha sperarlo?

"Hai preso tutto?"

"Sì"

"Lo spazzolino?"

"Sì"

Attimo di silenzio.

"Dentifricio?"

"Credo che ce l'abbiano loro, comunque sì"

Attimo di silenzio.

"Se avessi bisogno chiama, eh? Non farti problemi"

"Mamma, non sto andando al patibolo. Stai tranquilla, per favore"

"Lo so, Benny, cosa credi? È solo che non hai mai dormito fuori casa e sono un po' preoccupata, tutto qui"

"Ho dormito da Cristina". Sua cugina. Farà testo?

"Ah già..."

Conversazione vuota. Sua mamma spera di fare la sua parte ma Benedetta non è interessata perché ha ben altro a cui pensare. Sarà la sua prima volta fra altre ragazze della sua età ed è nervosa. Cosa dovrà dire? Cosa dovrà fare? Non è abituata a stare con loro. Certo, a volte ascolta i loro discorsi e cerca di apprendere il più possibile ma non è facile. Parlano di limonate... chissà poi perché baciare un ragazzo dovrebbe ricordare una limonata? Sarà per i brividi aciduli?

Lei non ha mai incrociato lo sguardo di un ragazzo in vita sua, fatta eccezione per quello di suo cugino di quarto grado ma è ovvio che non conti, figuriamoci baciarlo. E poi non è nemmeno del tutto sicura che l'idea potrebbe piacerle: scambio di saliva... e se avesse qualche malattia?

"Eccoci arrivate". Sua mamma guarda quel portone come se dovesse dire addio alla figlia per sempre. Le dà la borsa e un bacio sulla fronte.

"Divertiti", le dice sinceramente. Benedetta sorride ed è già dentro quando si volta per guardare sua madre che è rimasta nell'identico punto di prima ad aspettare che lei sparisca inghiottita dall'ascensore.

Quarto piano...

Non appena le porte dell'ascensore si aprono, Benedetta sente la musica provenire da uno dei tre appartamenti e sa, senza bisogno di ricordarselo, dove andare. Suona il campanello. Rumore di piedi scalzi che corrono alla porta. Doppia mandata e la porta si apre.

"Benedetta!", grida la padrona di casa. È già in pigiama, così come tutte le altre, anche se non è esattamente quella la parola esatta. Indossa un bella camicia da notte, forse un tantino "matura" per lei e Benedetta si chiede se non sia della madre.

"Ciao", dice accompagnando il saluto con gesto della mano. Nel frattempo anche le altre si sono unite a darle il benvenuto. Tutte facce che conosce di vista ovviamente.

"Dai, mettiti anche te in pigiama così starai più comoda". Ha un tono di voce eccessivamente gentile Caterina, cosa assai bizzarra perfino per Benedetta che, però, senza troppi dubbi fila in bagno a cambiarsi. Sente vociare nella stanza accanto, ma non capisce le parole. Risatine sommesse. Chissà di cosa staranno parlando? Sarebbe meglio per Benedetta non saperlo ma la nostra speranza morirà presto.

Nata ai bordi di periferiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora