Capitolo 5

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I've been dreaming of us leaving everything and everyone we've ever known
I've been thinking all these visions must be a sign, so hold on and don't let go.

Mi chiudo la porta alle spalle e butto il peso su essa. Ancora fatico a crederci, si sono fatti ognuno di loro una famiglia, questo significa che..lui è andato avanti, che lui ci è riuscito, mi ha dimenticato, adesso ama un'altra. Io non posso crederci, non posso. E' soltanto colpa mia, è solo colpa mia! Maledizione! Tiro il penny sul letto e afferro i capelli tra le dita, sento i polmoni bruciare, le lacrime non hanno smesso di scendere lungo il mio viso per tutto il tragitto del ritorno.

L'ho lasciato là mentre continuava a torturarsi il labbro inferiore, mi sono alzata e ho iniziato a camminare col mio penny sottobraccio verso l'albergo. Lui mi ha chiamato due volte soltanto, sa quanto mi brucia quello che mi ha detto, sa quanto mi ha ferita, forse voleva farmi del male, forse voleva farmelo sapere nel modo meno spiacevole, fatto sta che ciò che ha detto mi ha lacerata fino in profondità. Adesso penso se sia stato meglio scoprirlo attraverso Lee o se sarebbe stato meglio ritrovarmelo davanti con lei. Il dolore è uguale e penso che forse era meglio non starci accanto, a Lee, ma io non avrei mai avuto notizie di lui, non che mi abbia fatto sentire bene. Oh porca troia, non riesco a capire come mi sento, sento che sto procedendo in discesa dentro ad un burrone che sembra infinito.

Sento i polmoni scoppiare, non smetto di piangere, nè di pensare, mi brucia il viso, le lacrime sono calde e le mie guance sono il contrasto perfetto. Perché sento il dolore triplicato? Non posso sopportarlo.
Aziono il carillon ed esso inizia a produrre la solita melodia che mi tranquillizza, passano i motivi e i singhiozzi si azzerano, adesso sento solo il vuoto, seduta per terra, con le ginocchia al petto, le braccia strette attorno alle gambe e il carillon per terra, affianco a me.
Voglio tornarmene a Bradford o andare in un altra città, lontano da qua, devo stare lontano da Oliver, da loro.
Mi tremano le gambe se penso di aver pronunciato il suo nome dopo tre anni. Il suono così dolce, avevo completamente perso il gusto di sentire quel nome, ormai sono passati tre anni e sento sia passato un tempo infinito, non lo so..Sento bruciarmi l'anima, ogni secondo si consuma e io resto ancora attaccata al passato.

Sono passati due giorni dall'incontro con Lee e lotto ogni secondo per dimenticarmi le sue parole, o almeno fingere che non mi abbia detto quello che io non avrei mai voluto sapere.
Penso di voler restare qua, ormai ho Alisia, non voglio più allontanarmi, se dovessi ritornare a Bradford finirei impiccata dalla solitudine.

"Ciao mamma, come va?"
"Bene, tu? Stai bene?"

"Si. Sono a Londra, sai, avevo bisogno di cambiare un po' aria e stavo pensando di trasferirmi qui"

"Cosa?! Per quale motivo? Non ti basta che ti ho permesso di vivere da sola?"

"Ho 22 anni e l'affitto lo pago da sola, non iniziare. Sono abbastanza grande da potermi gestire da sola" Ogni volta che parlo con mia madre, mi si abbassa la pressione, non riesco a sopportare il suo comportamento, il suo trattarmi ancora come una bambina, la odio.
"Fai quello che vuoi, tanto ormai sei libera e io non posso più dirti nulla."
"Ciao."

"Si, ciao." Ogni volta si comporta così, meno male che mi sono trasferita, non ce la facevo più a stare sotto quel tetto con lei che va su tutte le furie per ogni minima cosa. Quando la chiamo mi ringrazio per essermene andata.

Ho parlato con Alisia per il lavoro, per come stabilirmi qua e tutto quanto, mi sta aiutando e gliene sono grata. Mi ha detto che dove vive per adesso lei ci sono tre letti, matrimoniali e una ragazza sta andando via, una di quelle che stavano in quel locale, non voglio pensarci. Quindi non mi resta che aspettare, devo fare fin troppe cose e già mi sento confusa dentro questa stanza d'albergo. Non vedo l'ora di andar via.

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