Amanda.

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28 Gennaio.

Sapevo che non sarebbe finita così, che anche se Ashton Irwin mi aveva espressamente consigliato aka urlato di starmene fuori dalla sua vita, lui sarebbe tornato presto, ma non mi aspettavo così presto.

Quel giorno c'era il sole, un sole che nonostante le previsioni mettessero pioggia, si ostinava a stare lì facendoci schiattare a tutti di caldo per colpa del cappotti invernali, quasi a volerci dire "A me non interessa niente delle vostre previsioni, io faccio come mi pare."
Quel sole, quel giorno, faceva un po' come Ashton, se ne fregava, l'unica differenza fra i due però, era che il biondo non portava luce e calore, ma buio e freddo.

-Muoviti Grace!- mi urlò Michael affacciandosi dal finestrino aperto del suo vecchio Toyota rosso.
Saltai tutti insieme i tre scalini d'ingresso e mi fiondai in macchina facendo scricchiolare il sedile.
-Le scarpe.- mi ricordò il rosso, così, dopo averlo guardato male, mi sfilai le scarpe, le poggiai a terra e poi chiusi forte lo sportello.

21 Guns stava per finire quando arrivammo davanti l'edificio grigiastro che era la mia scuola, così Michael rallentò e parcheggiò nel primo posto libero disponibile, poi spense il motore e si allungò verso i sedili posteriori per recuperare le sue immancabili vans bucate.

-Quando ne comprerai un paio nuovo?- gli chiesi guardandolo mentre se le infilava.
-Quando smetterò di spendere benzina per accompagnare te in lungo e in largo per Londra.- mi rispose guardandomi.
Misi il broncio tentando di fare l'offesa, ma lo sguardo divertito del rosso mi fece scappare un sorriso involontario, che poi lui ricambiò continuando a guardarmi negli occhi.

-Dai muoviti, ti accompagno.- disse distogliendo bruscamente lo sguardo e spezzando il silenzio.
Scesi dalla macchina, chiusi lo sportello e mi misi ferma in attesa che Michael finisse di controllare che la macchina fosse davvero ben chiusa; dopo cinque minuti, l'auto era stata decretata pronta per essere lasciata incustodita in quel parcheggio, così mi ero avvicinata al rosso, che mi aveva presa per mano e, insieme, ci eravamo avviati verso il portone che, visto che si erano ormai fatte le 9:15 era ormai chiuso.

-Vabbè io vado.- dissi cercando lo sguardo del ragazzo che mi teneva la mano, che però sembrava troppo impegnato a fissare le mattonelle per rivolgermi la sua attenzione.
-Ti vengo a prendere all'uscita allora, alle due giusto?- domandò calciando un sassolino che si trovava a terra.
In risposta feci un cenno con la testa continuando a cercare i suoi occhi, che sembravano fare di tutto pur di non incontrare i miei, solo quando mollai la presa sulla sua mano riuscii a catturare la sua attenzione e a ritrovarmi quegli occhi chiari prima addosso e poi rivolti a guardare le nostre mani ormai lontane.

Quel giorno non capii cosa passava nella testa di Michael, avevo pensato fosse solo uno dei suoi giorni strani, in cui tutto è abbastanza contorto, non sapendo che in realtà ci fosse ben altro a renderlo così silenzioso e assorto nei suoi pensieri, così lasciai correre e -A dopo Mike.- dissi lasciandogli un fugace bacio sulla guancia.
Non ricevendo risposta mi girai e corsi dentro la scuola.

Dopo tre estenuanti ore, di cui due di storia e una di spagnolo, finalmente la campanella della pausa pranzo era suonata, così raccattai di corsa lo zaino e corsi fuori dall'aula diretta verso il mio armadietto.

222, 223, 224, 225, 226, 227 e 228.

Armadietto duecento ventotto, quello dopo del duecento ventisette e quello prima il da tempo non usato duecento ventinove, davanti all'aula di musica e alla destra delle scale segrete che portavano al mio nascondiglio segreto, al quarto e abbandonato piano della scuola, dove si trovava la terrazza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 01, 2016 ⏰

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