PARADISO

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Or la mia guida scodinzolò, si ritrasse e mi lascio con colei che non si sa come sopporta meco e quel esser peloso nomato Pepo, ella mi portò in alto e mi disse, volgi lo sguardo ai nuvoletti non son popolati da umani ma sol da animaletti,

Là il nembo dei gattoni, latte che scorre come l'onda che sbatte con echi di miagolate soddisfatte, monti di croccantini da far sgranocchiare all'infinito sotto i piccoli dentini, divani da graffiare in pelle ma così tanti che son molti più delle stesse stelle,

Alla sinistra i cirri dei cagnolini dove non esistono padroni e padroncini, le ciotole straboccano di trippa e i nobili animali giocano alla lippa sol che il bastoncino colpito e allontanato è riportato da ominidi a quattro zampe con molto andi e con lingue stanche ed ondeggianti,

Che veggio laggiù, un cumulonembo recintato, circoscritto e sghembo? O mio dio mi mancano le rime, un esercito enorme di galline, la mia guida chiosa, son cattive e altro gran difetto hanno il becco, non capisco e osservo, ma perché in tutto il paradiso l'unico animaletto chiuso è colui che con le ova ci sollazza ad ogni uso? Or torno a valle e nel lettuccio, scrollo le spalle e penso a fior di pelle è "l'amor che move il sole e l'altre stelle". Fine cantico diciassette.      

PEPINEIDEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora