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Per tutta la settimana Luce era rimasta chiusa in casa a pensare. Si svegliava dopo le otto, in modo che i suoi genitori fossero già usciti. Non c'era un minuto in cui non ascoltasse la musica: appena si svegliava accendeva lo stereo, mentre mangiava teneva la radio su una stazione musicale. Il resto della giornata lo passava sul divano della soffitta con un libro in mano, ma senza leggerlo, ascoltava solo le note della musica di De Andrè. Oppure si stendeva sull'erba a guardare le nuvole con le cuffie nelle orecchie. Alla sera poi cenava presto, da sola e aspettava che tornassero i suoi in camera sua. Quando sentiva la porta aprirsi, si fiondava giù dalle scale, li salutava velocemente e, appena poteva, risaliva in camera. Quando doveva andare a letto spegneva a malincuore lo stereo, appoggiando il telecomando sul comodino, ma a volte lo lasciava acceso e teneva il volume molto basso, per farsi cullare.
La musica riempiva il vuoto lasciato dalle voci degli amici che aveva tenuto a debita distanza spegnendo il cellulare e staccando il telefono di casa. Visto che non erano riusciti a chiamarla, tutti avevano capito che voleva stare sola e non avevano insistito. Così Luce si stupì quando sabato mattina, insieme al solito biglietto che le lasciavano sempre i suoi genitori, trovò un foglietto piegato in quattro. Scorse velocemente le note di sua madre e la incuriosì il post-scrittum: "Abbiamo trovato questo nella cassetta della posta. Sopra c'è il tuo nome. Penso sia dei tuoi amici." Aprì il foglietto su cui erano scritte alcune righe con una stilografica a lei familiare: "Ciao. Senti, capisco che non hai voglia di vederci. Tranquilla, non si è offeso nessuno. Ti capiamo. Rilassati: non abbiamo detto niente. Ah, ti avrei mandato un messaggio, ma so che hai il telefono spento. Non sei obbligata a dire di sì, nè a rispondere a questa lettera. Non voglio forzarti. Di quello che ti sto scrivendo siamo al corrente solo io e Stefano, perciò tranquilla. Se non verrai non ce la prenderemo. Ok, ho scritto un poema e ancora non ti ho detto il motivo per cui hai ricevuto questo biglietto. Dunque stasera ci vediamo tutti per mangiare una pizza e un gelato... Ovviamente non è il classico addio all'estate dell'ultimo giorno di vacanza, ma perchè Leo è tornato dalle vacanze. Be', a te la scelta. Noi ci vediamo in piazza alle otto. Se vieni portati il costume perchè probabilmente faremo il bagno a mezzanotte. Ah, dimenticavo... Ci sarà anche Luca. Non voglio forzarti, ma ci piacerebbe se venissi anche tu. Ora ti lascio. Deborah."
E ora cosa avrebbe fatto? Erano stati carini a invitarla e a farlo con quel biglietto. Le rimbalzò nella mente quella frase: "Ah, dimenticavo... Ci sarà anche Luca." Perchè l'aveva voluta informare? Era logico che "tutti" comprendesse anche lui, almeno a partire dall'estate precedente era sempre stato uno di loro. Ma forse era cambiato qualcosa? Ripensò a quello che le aveva detto Deborah giorni prima, a quello su cui aveva rimuginato per tutta quella settimana di isolamento. Sì, era cambiato qualcosa, ma lei non sapeva cosa. L'unico modo per scoprirlo era affrontarlo, affrontare tutti, ma soprattutto affrontare le loro domande (che, si rendeva conto, non potevano che essere aumentate dopo la sua sparizione). Non si sentiva così pronta, ma purtroppo De Andrè non avrebbe potuto darle le risposte che cercava. Aveva aumentato la sua consapevolezza, forse il suo coraggio, ma non avrebbe potuto risponderle.
Accese il telefono e trovò dieci chiamate perse e altrettanti messaggi. Nessuno era di Luca. Inviò rapidamente un sms di conferma a Deborah e spense di nuovo il cellulare. Poi le venne in mente che avrebbe dovuto mandarne uno anche a sua madre, così lo riaccese. Per fortuna le rispose subito, così potè far morire definitivamente il telefono.

Era pronta? Non era il vestiario, pantaloni di lino bianchi e una canotta a righe bianche e azzurre, adatti alla temperatura, a preoccuparla. Cosa le avrebbero chiesto? Come avrebbe potuto rispondere? Infilò nella borsa il telefono, spento, un pacchetto di fazzoletti e il portafoglio. Ripiegò accuratamente l'asciugamano e lo infilò sul fondo. Da ultimo prese l'mp3 e, spegnendo lo stereo, si infilò le cuffie nelle orecchie mentre un campanile in lontananza batteva le sette e mezza. Compì tutti questi gesti meccanicamente, come se fosse un rituale. Quando però cominciò ad incamminarsi, dopo aver fatto scivolare altrettanto meccanicamente le chiavi di casa nella borsa, divenne ancora più assente perchè pensava alle risposte che avrebbe potuto dare.

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