Ricordo con un leggero disprezzo gli ultimi giorni in Orfanotrofio, me ne andavo continuamente gironzolando per le camere, i corridoi, i giardini e la mensa nel disperato tentativo di imprimere nei miei ricordi ogni centimetro di quel posto. Non lo facevo perché andarmene da lì sarebbe stata una sofferenza, uscire da quel luogo somigliava più ad una benedizione, cercavo solo di trovare un modo per non dimenticare.
"In futuro sarò una persona migliore di quelle che sono qui dentro, vivrò dove voglio ed eviterò tutti quei ristoranti che serviranno anche una sola delle pietanze che ci rifilano giornalmente alla mensa. Comprerò per il mio letto materassi senza molle, a differenza dei mattoni su di cui mi hanno costretto a dormire per diciotto anni."
Mi ripetevo queste cose giornalmente, costringendomi a ricordare dove avevo vissuto e la persona che ero stata prima della mia liberazione. Non mi ero accorta che la persona che ero, seppur ingenua, era comunque migliore di quella che sono oggi. Le mie espressioni possono essere contate su una mano, perché tutte quelle che conoscevo le ho lasciate all' "Haut de la Garenne", il mio tono di voce sembra una cantilena Natalizia e l'impegno che metto nella cura che del mio corpo è la stessa che impiego per la crescita dell mia piantina grassa che ho sul pianerottolo della finestra in camera, e se posso permettermi di dirlo è viva quasi per miracolo (anche se sospetto che Amy, una delle mie compagne di gruppo, ogni tanto se ne occupi).
Inutile dire quanto Krystal mi abbia sopraffatto nelle ore successive al mio ritorno. Tanto che in serata gli ho sbuffato nel viso e le ho urlato di fronte a tutte le altre, su quanto fosse insopportabile il suo finto interesse quando in realtà stava solo cercando di tenere la situazione ben premuta nell'intero palmo della sua mano, perché così le era stato detto di fare e perché così non ne avrebbe sofferto lei. Krystal ha un posto nelle Six Fox a causa delle raccomandazioni, oltre alla bellezza non gli è stato donato nessun talento particolare perciò tutto quello che le rimane da fare è seguire alla lettera gli ordini che le arrivano dall'alto.
Mi sono infilata un berretto in testa per rendermi poco riconoscibile e sono praticamente volata via dal dormitorio. Cammino per la strada con lo sguardo rigorosamente rivolto verso il basso verso casa di Rain che per mia fortuna è molto vicina all'agenzia. Decido di scavalcare il cancello dal retro della villa, per essere sicura che sia costretto ad aprirmi, ma siccome ha iniziato a piovere da qualche minuto mi scivola il piede mentre cerco di scendere nel lato interno del giardino e cado su del fango che si era accumulato tutto intorno a delle piccole siepi piantate recentemente. Senza neanche pensare al litigo di qualche giorno prima e all'ultimo incontro con Harry suono il campanello. Non aspetto molto prima che un asiatico dalle giuste proporzioni e a torso nudo si presenta alla porta, intento ad asciugarsi i capelli con un piccolo asciugamano blu.
«Ma che diavolo...?» Mi guarda quasi disgustato, soffermandosi un po' troppo sulle macchie di fango che ho nei pantaloni.
«Sono uscita dal dormitorio, non sapevo dove andare. Allora sono venuta qui da te, avevo voglia di vederti.»
«Tu sei fuori di testa. Se non sei qui per delle scuse non vedo nessun motivo per farti rimanere.» Smette di strofinarsi i capelli, e incrociando le braccia al petto si appoggia allo stipite del portone.
«Non ho intenzione di scusarmi. Anzi avrei bisogno di aggiornarti sulla situazione.» Ricordo che la mia priorità al momento è convincerlo a farmi entrare in casa . «Ma magari ne parleremo la prossima volta.»
«No, sono curioso. Parlami di questi aggiornamenti.» Esclama in tono autoritario ma con una nota di sorpresa.
«Non potremo parlarne dentro? Sta piovendo e mi sto bagnando tutta, inoltre sono sporca di fango, fa freddo...»
«Dimmelo!» Lo vedo gonfiarsi il petto e drizzare le spalle, per sembrare più grosso e potente di me. Rain sa bene di tenermi in pungo, che ogni ordine che dà io gli correrò sempre dietro.
«Ho parlato con Harry!» Decido di raccontare tutto visto che i pantaloni sono già tutt'uno con lae pozzanghere del vialetto. In fin dei conti anche io ho in pugno lui.
«Spero che tu lo stia dicendo solo perché stai finalmente passando il tuo periodo da ribelle.» Vedo che mi parla con disprezzo dal modo in cui alza verso l'alto gli angoli della bocca. Una sua tipica espressione che lo caratterizza, e che io adoro.
«Non è così! Rain per favore fammi entrare, fa davvero troppo freddo.» Ignora le mie richieste e mi urla di finire quello che avevo iniziato a raccontare.
«Mi ha detto che gli hai parlato. Dandomi della puttana tra l''altro.» Esclamo roteando gli occhi verso il cielo. «Eravamo d'accordo di non incontrarci più, o almeno credo che fosse così. Non so dirti di preciso come stanno le cose adesso, ma sono convinta che lo rincontrerò di certo.»
«E dopo che mi hai detto questo, pensi davvero che ti lascerei entrare in casa mia?» Si ritrae dallo stipite e posa una mano sulla maniglia del portone. «Torna al dormitorio Nana, ne ho abbastanza delle tue bambinate.»
«Ma perché?» Gli urlo, anche se conosco perfettamente la risposta.
«Hai proprio un bel coraggio. Forse l'unica cosa che ti è rimasta è quella. Inoltre sei una grandissima puttana, è per questo che lo dico senza rammarico. Nonostante io ti ami è questo quello che mi hai costretto a pensare di te.» Tira un sospiro frustrato, chiudendo gli occhi per qualche secondo. «Va' via Nana e non tornare.»
«Non me ne vado. Rimango qui ad aspettare che mi fai entrare.» Impunto i piedi a terra, nello stesso modo in cui fanno i bambini quando vogliono a tutti i costi qualcosa. Lui mi lancia uno sguardo preoccupato dato che l'acqua scorre come un ruscello lungo il mio collo. Anche se ho il cappello i miei lunghi capelli biondi sono completamente zuppi. Lo sento sospirare e poi si sbatte la porta dietro.
Sospiro anche io e penso a quanto devo sembrargli un idiota, presentandomi in casa sua con richieste sconvolgenti. Dopo avergli visto la delusione dipinta sul volto a quasi tutte le cose che dicevo ho davvero capito dove sto sbagliando. Ho deluso l'unica persona che è sempre stata dalla mia parte. Mi accascio contro il muro e mi batto un pugno sul petto. Ho una fitta lacerante che va da parte a parte senza una pausa. Deludere qualcuno è la cosa che più mi fa star male, ma nonostante il dolore o l'amore voglio ancora andare avanti e mentre piango per aver ferito nuovamente Rain, dentro di me mi chiedo cosa stia facendo in questo momento Harry.
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Grazie in anticipo per aver letto anche questo capitolo e vi chiedo ancora, se avete qualche storia da raccomandarmi, specialmente se è vostra, fatemelo presente ^^ leggerò molto volentieri.
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The Pain In my Chest
Teen Fiction«Perché ti amo, perché vi amo entrambi, vi chiedo scusa.»