Capitolo 12

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Attesi non so quanto tempo che Honey si svegliasse, mi sentivo uno straccio. Era andato tutto male.

"Harriet... sei sveglia?"

Honey sbadiglió e si affrettò a spegnere la sveglia, che continuava ad emettere fastidiosi suoni. Non mi ero neanche accorta che stesse suonando. Non risposi, continuai a guardare il soffitto.
Lee si era già alzato e ci guardò, gli lanciai un occhiata. Lui in tutta fretta prese dei vestiti, le scarpe ed uscì dalla stanza.

"Harriet, ti prego, rispondimi"

Aveva lo sguardo così preoccupato ma io ero troppo giù di tono anche solo per alzarmi dal letto.

"Oggi non vado a lezione."

Lei sospirò alzandosi, mi prese la mano cercando di alzarmi ma io non avevo nessuna intenzione di andare da nessuna parte.

"Harriet. Non devi lasciare che loro ti rendano così. Non hai bisogno di persone che non ti capiscono!"

Honey

Lei mi guardò ancora con i suoi occhi meravigliosi ma in quel momento così spenti, facevano quasi paura.

"Honey, tu non puoi capire come mi sento adesso!"

I miei occhi si spalancano, strinsi i pugni e presi dall'armadio i primi vestiti che mi capitarono sotto mano.

" che posso capirti. So che vuol dire non essere accettata per ciò che si è!"

Il mio cuore cominciò a battere più velocemente, mi sentii avvampare. Presi le scarpe da dentro l'armadio e ritornai con lo sguardo verso Harriet.

"No che non lo sai! Non sai che vuol dire sentirsi anormale, uno scherzo della natura!"

Indietreggiai fino a quando le mie spalle non toccarono la porta, il respiro accelerato e le gambe che tremavano

"Honey! È tardi!"

La voce di Lee arrivò dal piano di sotto, ricordandomi che di lì a breve sarei dovuta andare a lezione.

"Ne parleremo dopo. Ti farò capire che io sò che si prova, Harriet."

Ed uscii dalla stanza. Ero arrabbiata, triste e mi sentivo anche... stanca, come se avessero infilato il mio corpo in una lavatrice.
Inutile dire che arrivai in ritardo e che la professoressa Fletcher non mi aveva risparmiato una delle sue solite ramanzine di un quarto d'ora su come la puntualità siano una delle regole per il vivere civile. Inutile dire anche che io non la ascoltai minimamente, troppo impegnata a ciò che avevo detto ad Harriet quella mattina e cosa io le avevo detto. Le avrei spiegato tutto, le avrei detto cosa avevo provato sulla mia pelle. Un'esperienza molto simile ed altrettanto difficile da digerire.

Harriet

Quando lei se ne andò scoppiai in un pianto liberatorio con la testa contro il cuscino, urlai perché nessuno poteva sentirmi e piansi perché nessuno poteva vedermi. Mi ero comportata da egoista, non ho minimamente pensato a come si sarebbe sentita lei. Sono una piagnucolona che ha bisogno di un buon giudizio degli altri per sentirsi in pace con se stessa. Patetica. Passai tutta la giornata a svolgere le commissioni per le prossime lezioni, cercando quanto più possibile di non pensare ad Honey. Alle due e mezza avevo finito tutto, otto ore di studio. Ma almeno avrei preso un ottimo voto l'indomani in geometria analitica. Aspettai Honey sdraiata a letto, non mi presi neanche la briga di alzarmi. Quando lei tornò a casa si precipitò subito in camera, aprì la porta e mi guardò negli occhi. Sorrisi, lei ricambió incerta e si gettò su di me, abbracciandomi. Honey liberò un singhiozzo rumoroso sulla mia spalla e cominciò ben presto a piangere.

"Hey, piccola... non piangere."

Lei cercò di mettere insieme delle parole che avrebbero potuto formare una frase di senzo compiuto ma ci riuscì ben poco

"Ha-Harriet... sc-usa. Io ho
so-o-ttovalutato il pr-problema..."

La strinsi di più a me. Dopo cinque minuti si staccò e si asciugo le lacrime sul maglione verde acqua che indossava.

"Io ti racconterò una cosa che mi riguarda."

Sì alzò dal letto ed aprì il cassetto del comodino e ne tiró fuori una scatoletta rossa. La aprì e prese una fotografia spiegazzata. Ritraeva una ragazza mora e bassina con l'apparecchio e degli occhiali a mezzaluna bagnata fradicia su un palcoscenico. Il grazioso abitino viola che grondava acqua ed i ragazzi che ridevano, sbellicandosi dalle risate. L'acqua faceva luccicare una piccola tiara sopra la testa di lei. Per un attimo mi si strinse il cuore.

"Honey, sei... tu?"

Lei tiró su un amaro sorriso, alzò gli occhi al cielo per un pò. Poi ritornò a guardarmi.

"Sì, durante il ballo scolastico della terza liceo. Non ero molto amata ai tempi"

Lei mi strappò di mano la foto e me ne diede un'altra. Potevo solo immaginare cosa volesse dire per lei rivivere quei momenti. L'altra foto ritraeva la stessa ragazza con un abitino da cheerleader che piangeva in una palestra, i giudici di una competizione le avevano dato degli orribili punteggi.

"Chi ha scattato queste foto?"

Sentii una rabbia incontrollabile salirmi da dentro. Lei prese anche questa foto e la rimise con un gesto brusco nel cofanetto riprendendo quella di prima ed indicò una ragazza dai biondi capelli ricci agguantata ad un ragazzo che con ogni probabilità faceva parte del gruppo figo della scuola.

"Lei ha scattato la seconda. La prima l'ha scattata la sua migliore amica. Poi entrambe si preoccuparono di farmi recapitare le foto... io non le buttai come memoria di ciò che ho passato e non avrei passato mai più."

Un'altra lacrima rese lucidi i suoi occhi. Poi mi guardò e sorrise.

"Per questo dicevo che sò come ci si sente. Poi cambiai del tutto, tolsi l'apparecchio ai denti e passai alle lentine. Cambiai il mio carattere ed in poco tempo riuscì ad uscirne"

Le diedi un dolce bacio sulle labbra, umido per via delle lacrime che aveva versato, le afferrai il volto tra le mani e la guardai negli occhi. La mia piccola Honey, forte come nessun altro

MACCHIA DI CAFFÈ ~lesbianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora