8//Shawn

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Il giorno dopo le prime tre ore passarono in fretta, ignorai qualsiasi occhiatina e conversai un po' con Ben, che frequentava con me anche spagnolo.

In mensa io e Ben notammo Josh in coda e ci affiancammo a lui, poi ci dirigemmo verso il solito tavolo, ma stranamente era vuoto.

Due minuti più tardi si sedettero con noi Lea, Becca e Sam che erano arrivate insieme, tranquille e sorridenti, tutte e tre.

Io e Josh le fissammo per un po', mentre Ben sembrava davvero felice e continuava a ringraziare Becca.

Sembravano tre vecchie amiche, che ridevano e scherzavano, ma non riuscivo a capire come Sam e Becca avessero preso tutt'a un tratto ad andare d'accordo.

Finito il pranzo Becca salutò tutti dicendo di essere di fretta, e mentre ognuno tornava in classe decisi di avvicinarmi a Sam.

"Ti va di fare un giro?" Le chiesi.
Il suo sguardo passò da me alla punta delle sue scarpe, sembrava incerta.
"Sempre se non hai lezione" specificai.
"Tu non hai lezione?" Mi chiese con la suo voce flebile.
"Si"
"E la salteresti per fare un giro con me?"
"È quello che ho detto" risi
Arrossì lievemente "ehm, oh, allora v-va bene" acconsentì.

Camminammo silenziosi fino a un albero, poi mi sedetti, lei guardò la sua gonnellina color panna, poi il prato fangoso.
Allora le feci cenno di sedersi sulle mie ginocchia, ma diventò improvvisamente viola.

"Non ti mangio" dissi sorridendo, indecisa si sedette e continuò a fissare i fili d'erba come se fossero la cosa più affascinante del mondo.

Le misi un ciuffo di capelli dietro all'orecchio per osservare il suo viso, poi le presi il mento per fare in modo che mi guardasse negli occhi.

"Perché hai paura a fidarti di me?" Chiesi accarezzandole una guancia, che si arrossò nuovamente.

"Non posso sapere cosa mi farai" rispose semplicemente, mi lasciò un attimo spiazzato, era la cosa più infantile che qualcuno mi avesse detto. Insomma non mi pareva di avere la faccia da killer o cosa, ma in fondo aveva ragione, da quanto ci conoscevamo? Troppo poco per sapere se fidarsi o meno.

"Perché hai deciso di saltare lezione?" chiesi comunque, da quello che sapevo andava bene a scuola, e mi chiedevo come mai avesse accettato di fare un giro con me.

"Nessuno aveva mai saltato lezione per me" la fissai e i suoi occhi si fecero più azzurri, "nessuno aveva mai voluto fare una passeggiata con me"
D'istinto l'abbracciai, lei chiuse le sue mani intorno alla mia schiena.

Stavo bene, e sentivo che anche lei stava bene.

"Grazie"
La guardai interrogativo.
"Per l'abbraccio, nessuno oltre mio fratello, fino a ieri, mi aveva mai abbracciato." Disse riferendosi a Becca.

Lei voleva qualcuno, si capiva, ed ero disposto ad essere qualcuno.

Per una volta sentivo che potevo aiutare, e avevo intenzione di farlo.
Avevo sempre pensato che se fossi stato un po' più grande, un po' più forte, avrei potuto aiutare mia mamma e mi sono sempre incolpato per quello, perciò in quel momento avevo davanti l'opportunità di rifarmi, di dimostrare che ero in grado di aiutare.

***

Ricordo che saltammo le ultime ore di lezione e la portai in un piccolo bar, abbastanza affollato data l'ora.

Lei cominciò a sentirsi male, così l'accompagnai a casa mia.

Appena arrivati tremava ancora così la presi a mo' di sacco di patate facendola ridere, e la portai su così.

Si sedette sul divano ed andai a prendere qualcosa da mangiare.

"Soffro di attacchi di panico."
"Non mi devi una spiegazione."
"Volevi solamente mangiare un panino in santa pace, ma io devo sempre rovinare tutto, so che non serve a niente giustificarsi ma..."
"Non sono arrabbiato con te, e non vedo perché dovrei esserlo, anzi è colpa mia, la prossima volta andremo in qualche posto meno affollato."
"La-la prossima volta?" Gli occhi fissi nei miei, i suoi esprimevano stanchezza, probabilmente stanchezza di essere trattata male.

Lei non lo sapeva ma i suoi occhi erano molto più potenti di quello che credeva.
Non sembravano neppure appartenere a lei. Io avevo imparato a nascondere bene quello che provavo, e ci riuscivo quasi sempre, lei invece mostrava sempre tutto, forse lo faceva di proposito, cercava di far capire agli altri come si sentiva.

"Certo, la prossima volta" sorrisi "sei più di quello che credi, e solo perché nessuno non ti ha mai fatto sentire speciale non significa che non lo sei."

Incerta si alzò dal divano e si avvicinò a me, era lenta e rifletteva su quello che faceva, mi accarezzò una mano, poi salì sul braccio, era insicura ma decisa.
Arrivò al mio collo con la mano e i suoi occhi si scontrarono con i miei, erano più chiari, sembravano liquidi.
Mi passò la mano tra i capelli e le scese una lacrima, poi tremando si sedette su di me e mi abbracciò forte.
La sua testa tra l'incavo del mio collo, i capelli che mi solleticavano.

La presi in braccio e lei non si mosse da quella posizione, la portai sul letto e ci infilammo sotto le coperte, mi staccai solo per prendere il telecomando.

Dopo un po' di zapping optammo per uno di quei programmi in cui ci sono i video di persone impedite che fanno figure troppo divertenti.

Un'ora dopo il letto era pieno di briciole di patatine, il mio cuore pieno di tranquillità e i suoi occhi pieni di gioia.

Verso le sette ordinammo due pizze poi suo fratello la chiamò e lei si rattristò.

"Cosa c'è?"
"Era preoccupato, così gli ho detto che ero con un amico, lui all'inizio non mi credeva, poi gli ho detto che ero con te allora si è tranquillizzato."
"Qual'è il problema?"
"Più volte sono scappata, per questo lui non credeva che fossi da un amico, non lo fa apposta, si preoccupa soltanto e lo ringrazio per questo, ma non lo biasimo se non mi crede quando gli dico che ho un amico, perché non l'ho mai avuto." Si attorcigliava i capelli tra le dita.

"Avrai una vita normale. Non ti prometto la popolarità ma noi 5 saremo tuoi amici, e questo si te lo prometto."
In quel momento avevo detto così, ma non ne ero per niente convinto, o almeno non in parte: volevo fare in modo che avesse la vita più normale possibile, felice, semplice, ma con noi 5? Non sapevo neppure se eravamo amici tra di noi.

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