Arrivai davanti al cancello della mia scuola correndo, perché cominciava a pioviccicare e non avevo l'ombrello, ma ad un certo punto sentii il ginocchio cedere... mi faceva malissimo come non era mai successo prima: istintivamente buttai i libri per terra prima di cadere anche io.
Ero lì, seduta per terra, nella pioggia, con il ginocchio dolorante stretto al petto che mi guardavo intorno per chiedere una mano.
Non c'era nessuno, ed era comprensibile, dato che erano le nove meno un quarto e la campanella suonava alle otto e quindici.
Mi arresi e mi appoggiai sul ginocchio "sano" per cercare di alzarmi, quando vidi un ombrello nero avvicinarsi.
Era un ragazzo. Indossava dei jeans chiari e una ventina color rosso scuro, con ai piedi delle scarpe da ginnastica.
Mi vide e vidi degli occhi chiari su di me.
Accennai un sorriso.
Perché stavo sorridendo?
Feci ancora uno sforzo per cercare di alzarmi e lui disse a un metro da me:
«Serve una mano?» e mi raccolse lo zaino e il dizionario.Imbarazzante.
Mi porse una mano e mi alzai, finalmente.
«Piacere, Louis.»
«Sì sì, ciao.» risposi distratta dai miei capelli fradici.
Stavo per andarmene... poi mi resi conto di come gli avevo risposto e del suo sguardo leggermente confuso.
«Io sono Lara» cercai di rinediare con un bel sorriso.
Lo vidi più sereno, quindi continuai: «...prima un tizio mi ha travolto in motorino e sono cascata sul ginocchio, che mi fa ancora... Ahia!» gridai.
Mi era venuta una fitta incredibile e mi ero appesa a lui per non cadere, ma subito lo lasciai e mi ritrovai di nuovo per terra.
«Ce la fai ad alzarti?» chiese con voce speranzosa.
Mi sfiorai il ginocchio e feci una smorfia di dolore.
«Devo chiamare il pronto soccorso?» domandò serio.
Feci di sì con la testa.
Spiegò tutto al telefono allontanandosi di qualche passo, ma sentivo comunque la sua voce allegra.
«Fai tardi a scuola» gli feci notare quando torna da me.
«Vabbè, per oggi i miei mi giustificheranno.» disse sedendosi sul gradino del marciapiede vicino a me e coprendomi con l'ombrello.
Mentre i soccorsi arrivavano scoprii che lui faceva il secondo liceo come me, ma andava in un'altra classe, odiava il gelato come me e non era fidanzato.
Già, non so come ma eravamo capitati su quell'argomento, e subito dopo c'era stato silenzio fino all'arrivo dell'ambulanza, durante il quale fissavo la strada e sentivo il suo sguardo su di me.
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E poi sei arrivato tu
Teen FictionQuella mattina avevo deciso di andare in bici senza farmi accompagnare in macchina da mio padre: non mi sembrava il caso visto che era una bellissima giornata. Come sempre dovevo attraversare un breve pezzo di strada su cui passavano anche le macchi...