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Sono venuto per ucciderti.

Quelle parole echeggiavano nella mente di Anya, una chiara minaccia che non riusciva a controllare. Lucien non scherzava mai, lo sapeva bene. Lo aveva osservato per settimane senza mai notare un sorriso su quelle labbra squisite o sentire una battuta ironica. Inoltre, lo spirito di Morte brillava con la sua maschera scheletrica sotto la pelle di lui. L'odore di rose si era fatto più intenso, ipnotico, e la implorava di fare tutto ciò che Lucien le chiedeva. Anche morire.

Il cuore le batteva forte. Lo aveva già visto prendere un'anima; era stato uno spettacolo morbosamente stupendo, ma non sapeva di doverlo vivere sulla propria pelle. Anya era immortale, dopotutto. Tuttavia era consapevole che anche gli immortali potevano essere uccisi.

La notte in cui aveva strappato il cuore del Capitano delle Guardie, ponendo fine alla sua miserabile esistenza una volta per tutte, la possibilità di morire le era diventata chiara. E ovviamente lo era diventata ancora di più dopo il suo arresto e la conseguente detenzione, mentre gli dei discutevano di cosa fare di lei. Ogni giorno che aveva passato dentro quella cella, le era sembrato che le sbarre le si stringessero intorno e le urla e i gemiti degli altri prigionieri diventassero sempre più forti.

Forse era stata lei a gridare. L'incapacità di nutrire il suo bisogno di creare disordine era stato un dolore insostenibile. Si era resa conto in fretta che la vita, anche per un'immortale, poteva venire rovinata o interrotta troppo presto. Aveva perciò deciso di combattere per la sua, allora e per sempre. Indipendentemente dalle circostanze.

Ma gli dei la pensavano diversamente. Alla fine avevano deciso

di trasformarla in una schiava sessuale per i loro guerrieri. Punizione adatta, avevano detto. Lei si era presa il loro capitano; ora doveva consolarne l'esercito. Ne sarebbe uscita distrutta, nella mente, nel corpo e nell'anima. La sua determinazione aveva rischiato di vacillare. Ma suo padre le era corso in aiuto, l'aveva salvata, nonostante i rischi che correva.

E Anya era di nuovo libera. Di nuovo, aveva avuto la possibilità di raggiungere la felicità tanto desiderata. E adesso Lucien, l'uomo che bramava, l'uomo che aveva baciato, voleva finirla, prenderle tutto? Era turbata da mille emozioni, ma non sapeva quale affrontare per prima. Rabbia? Confusione? Dolore?

«Perché vuoi farmi del male?» gli chiese.

«Non voglio farti del male. Devo. Sembra che tu sia troppo inquieta per girare libera.»

Oh, come bruciavano quelle parole! Una cosa era se l'Olimpo intero la sgridava - ci era abituata - ma per qualche ragione, e nonostante tutto, l'opinione di Lucien era più importante.

«Come hai fatto a trovarmi?» Anya ripetè la domanda.

L'espressione gelida di Lucien non mutò.

«Non ha importanza.»

«Potrei sparire in un battito di ciglia.»

«Scappa e ti ritroverò. Non importa dove vai, ti troverò sempre.»

Seducente e spaventoso al tempo stesso. «Perché non mi aggredisci, allora? Falla finita così non dovrai inseguirmi più.»

Lucien alzò il mento con le mandibole serrate. «Lo farò. Prima però devo toglierti dalla mia mente.»

Facendo del suo meglio per apparire indifferente, Anya si appoggiò alla catena dell'altalena. «Non so se sentirmi lusingata o offesa, tesoro. La piccola e inquieta Anya bacia così male che dopo

averle infilato la lingua in bocca hai difficoltà a liberarti di quel disgustoso ricordo?» Il tono era casuale, o almeno così sperava, ma dentro di sé tremava come una foglia. Com'era possibile che il solo vederlo la sconvolgesse tanto? E, peggio ancora, adesso che aveva assaporato la bocca di Lucien, e la sensazione di quel corpo contro il suo e di quelle mani che la stringevano, reagiva con maggiore intensità. Voleva di più. Forse era giunta l'ora di andare da uno strizzacervelli.

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