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"Ero un angelo, ma l'inferno mi ha bruciato le ali"

Non riesco a dormire, come sempre mille pensieri mi invadono la mente.

È strano sentirlo da me, ma ho paura.
Ho paura di non essere accettata, di combinare altri casini.
Sono un completo disastro, non riesco a mantener saldo nessun tipo di rapporto, nemmeno con i professori. Potrei essere espulsa ancora e questa volta i miei genitori mi buttetterebbero fuori di casa.
Penso che nessuno vorrà parlare con una come me, penso che nessuno vorrá a che fare con me. Nessuna persona  è mai riuscita a capirmi in fondo e perció mi sono costruita una corazza attorno. Non voglio sbagliare un' altra volta, ma so già che il mio carattere mi ostacolerà. Mi hanno sempre detto di essere stronza, acida, scontrosa, ma nessuno mi ha mai chiesto perché. Credo che nessuno oltre a mia sorella importi di me, altrimenti qualcuno sarebbe venuto a salutarmi, qualcuno mi avrebbe detto mi mancherai, qualcuno avrebbe pianto alla mia partenza. Ma nulla. Ho in mano soltanto un mucchio di illusioni. Ho costruito speranze di ferro su persone di carta, su persone di cui mi fidavo ciecamente. Ma ancora una volta mi sono sbagliata. Non bisogna mai appoggiarsi su nessuno, se lui si sposta, tu cadi.

"Emyyyyyyy" mi urla nei timpani mia sorella. Non ci credo per la prima volta mi sono addormentata durante l'arco della giornata.
Dopo essermi stropicciata gli occhi, mi stiracchio le braccia indolenzite dal pesante viaggio.
Dopo essere scese dall'areo ci dirigiamo verso il nastro trasportatore per ritirare le nostre valige. Dopo una mezz'ora di ricerca capisco che delle mie due valigie, solamente una, è arrivata a destinazione. La mia solita fortuna. Abbastanza arrabbiata penso che comunque potró ricomprare i vestiti negli innumerevoli negozi di Los Angeles e che comunque i miei genitori me la faranno riavere in qualche modo. Andiamo verso l'uscita e ad accoglierci c'è una ragazza dai capelli e occhi color nocciola che regge un cartello con scritto "Sorelle Miller". Anche senza conoscerla potrei giurarci che non è entusiasta di trovarsi qui, anche perché continua a digitare sulla tastiera dell'iPhone qualche messaggio mentre continua a sbuffare.
Prendo per un braccio Amanda che intanto si era incantata a vedere una vetrina di un negozio di caramelle e la incito a seguirmi. "Ciao" esclamiamo all'unisono io e mia sorella. "Ciao. Voi dovreste essere le sorelle Miller giusto?" Esclama in tono seccato.
Mantieni la calma, continua a ripetermi la mia coscienza, ma proprio non ce la faccio. È più forte di me non riesco a sopportare le persone che ti trattano come se fossero superiori a te, con quel loro tono da saccente. Decido di reprimere la rabbia e le rispondo: "Bhe, evidentemente".
"Okay allora seguitemi, comunque io sono Bridget, Bridget Dallas" ci risponde squadrandoci nuovamente da capo a piedi. "Io sono Amanda e lei è Emily" Annuncia mia sorella. "Bhe si okay, sinceramente non mi interessa chi voi siate. Ora voglio solamente andare al centro commerciale perció muovetemi a seguirmi". Il mio ego interiore e il buon senso continuano a ripetermi di stare calma. Ma conoscendomi io sono un treno che va sempre dritto per la sua strada e nessuno puó fermarmi.
Amanda mi manda un' occhiataccia per farmi capire di rimanere muta e ancora una volta soffocco la rabbia, quando a soffocare ci dovrebbe essere quelle Bridget o come accidenti si chiama.

Finalmente usciamo e l'aria mite e quasi tropicale della città mi investe. Nonostante siamo quasi ad ottobre qui si muore dal caldo. Tolgo la felpa e la allaccio intorno alla vita, rimanendo così in T-Shirt e raggiungo la ragazza dalle extension castane. Aspettiamo per qualche minuto l'arrivo di un  taxi e arrivato vi saliamo. Ovviamente miss laperfezionesonoio si è seduta di fianco all'autista per dargli informazioni sulla nosta meta. Io cerco di ignorare il suo atteggiamento e provo ad immaginare la scuola.

Ancora una volta i miei sogni vengono interrotti dalla voce di mia sorella che mi chiama ricordandomi che siamo arrivati al college. Bridget se ne va dicendoci solamente di andare dal preside. Ritiriamo le nostre valige dal bagagliaio. Davanti a noi si trova una struttura enorme, una delle scuole più grandi che io abbia mai visto. Intorno all'edificio si trova un cortile enorme. Da una parte ci sono i campi da basket e quelli da calcio, mentre dall'altra si trovano distribuiti qua e lá dei tavoli. C'è un via vai di ragazzi.
La maggior parte delle persone parlano con i loro vicini e si riescono a distinguere i vari gruppi di amicizie. Chissà se avró anch'io degli amici qui, nell'altra scuola con il mio gruppo, uscivamo quasi tutte le sere, sempre in locali affollati. All'inizio mi piaceva andare e bere qualcosa, ma poi ho smesso di frequentare quelle persone e non me ne pento.

Senza neanche rendermene conto Amanda ha fermato un ragazzo per strada probabilmente per chiedergli informazioni. Lui non sembra averla sentita, così raggiungo mia sorella.
"Ciao, potresti dirci dov'è l'ufficio della preside?"
Ci risponde indicandoci la strada. Devo ammettere che è proprio un bel ragazzo, capelli castani e un paio di occhi color verde-castano.
"Comunque io sono Dylan, Dylan Scott, sei nuova qui?"
"Ehm si, sono appena arrivata.
Ah che stupida, non mi sono ancora presentata, sono Emily e lei é mia sorella Amanda" Gli rispondo indicandola.
Riprendiamo le valige e lo salutiamo con la mano, lui ricambia. Seguiamo le indicazioni ed entriamo nel colossale edificio. Superiamo tre aule e alla fine del corridoio scorgiamo una porta con scritto
"Preside Lawley".  Dobbiamo aspettare il nostro turno per entrare, ci sono tre ragazzi che stanno aspettando di poter parlare con il preside, dalle loro facce preoccupate posso intuire che la loro non è una visita di "piacere", senz altro si trovano qui perché sono stati mandati dai loro insegnanti.
"Come ti sembra la scuola?" Chiedo ad Amanda.
"Diciamo che me la immaginavo più piccola, voglio dire é troppo grande e con il mio senso dell'orientamento mi perderò ogni singolo giorno"  Bhe in effetti ha ragione, di primo impatto sembra tutto un labirinto.
"È questione di abitudine" Le rispondo per rincuorarla.
È finalmente giunto il nostro turno. Una voce dall'interno della stanza ci chiama. Entriamo e davanti a noi troviamo il preside. È un signore sulla cinquantina, capelli brizzolati e un po' di barbetta. Ha una posizione severa, quasi autoritaria. Deve avere anni di esperienza alle spalle per poter gestire una scuola prestigiosa come questa.

Ci fa accomodare su due poltroncine poste dinnanzi alla sua scrivania.
"Benvenute alla High School of Los Angeles" Ci dice con la sua voce profonda. Noi annuiamo sorridenti. Riprende il discorso dicendo:
"Emily, sono a conoscenza della tua situazione a New York, so' che sei stata espulsa e perció in questa scuola pretendo disciplina e rigore. Un'altra cosa che non tollero e che lei "contagi" gli altri miei alunni con il suo carattere "esuberante", qui siamo a casa mia e perció pretendo rispetto. Detto questo voi due starete nella stessa camera, la 289, terzo piano del dormitorio femmilie. Comunque vi faró accompagnare da un mio fidato studente, Kian, che vi consegnerá anche gli orari dei vari corsi che frequenterete."

Mi veniva quasi da ridere al discorso del preside, "contagiare", "carattere esuberante" e "disciplina". Giá mi hanno identificato come la cattiva ragazza, quella con cui non bisogna avere a che fare. Chissà cosa avranno detto sul mio conto ai nuovi insegnanti.
Credo che mi faranno delle regole "fatte su misura".
Lei è la cattiva ragazza perché non fa i compiti. Lei è la cattiva ragazza perché fuma e beve. Lei è la cattiva ragazza perché non rispetta il coprifuoco. Lei è la cattiva ragazza perché non riesce ad avere un rapporto che duri a lungo con un ragazzo. Lei è una cattiva ragazza perché non riesce a fare amicizia. Ed infine lei è una cattiva ragazza perché è stata espulsa dalla scuola. Sempre a giudicare, a sparlare, a dire una parola di troppo solo ed esclusivamente per ferire. Tutte queste cose le ho fatte è vero, ma io sono quella ragazza che porta una maschera e nessuno vuole vedere cosa vi è sotto. Tanto che importa se sorridi e scherzi e poi muori dentro? Ecco niente. La verità è che nessuno sopporta le lamentele e i pianti, tutti ti reclutano la "bambina" , quella che ancora si lamenta di tutto e di tutti. Perciò forse è meglio non mostrarsi alla gente e costruirsi una corazza.

Spazio autrice:
Ciao a tutti ed ecco un nuovo capitolo!
Ricordo che : i comportamenti dei personaggi non corrisspondono con quelli della vita reale.
Io adoro Ariana Grande, in questo capitolo, nei panni di Bridget Dallas, ha un carattere un tantino fastidioso, ma io non ho scritto questa storia perché sono una sua haters, anzi!

Comunque detto questo volevo ringraziarvi per le 1000 visualizzazioni!

Ho pensato che potrei iniziare a fare PUBBLICITÀ. Perciò chi è interessato mi scriva il titolo della storia nei messaggi privati.

Grazie mille per tutto e scusate per l'attesa del capitolo. Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.

DOMANDE:
-Mare o montagna? Mare
-Band preferita? Ho una lista infinita comunque 5SOS, One Direction e Green Day.

ciaoo🌸

Come stelle nel cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora