Prologo

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Quel giorno sapevo che sarebbe stata una brutta giornata.

Avete presente quando mettete piede giù dal letto e siete costretti a ritirarlo perché il pavimento è freddo?

Ecco, solo che dopo si susseguirono una serie di altre cose, come la linea di eyeliner storta, il caffè rovesciato sulla cucina, e le chiavi di casa dentro casa.

Dopo un inizio così trionfante, ci fu un proseguo altrettanto stupefacente: trigonometria alla prima ora, una presentazione a professore e classe ogni sessanta minuti, il pranzo della mensa e il fighetto di turno.

Il mio unico mantra ora è: passerà.

A casa la mamma è ancora alle prese con i fornelli, sembrava esausta; in effetti la casa non sembrava più un magazzino. Ad una persona che la vedeva dall' esterno poteva sembrare una casa vera, di quelle con la C maiuscola; una casa calda e accogliente, una casa vissuta, con il calore di una famiglia.

Io la vedevo spoglia e fredda, si sentiva la mancanza di una figura maschile: si sentiva la mancanza di papà.

I miei genitori discendevano entrambi da famiglie facoltose, perciò i matrimoni combinati erano consuetudine.

Loro erano stati "promessi" da quando entrambi avevano undici anni, perciò io sono nata per prassi, pura e semplice prassi.

Nonostante tutto hanno sempre cercato di non farmi mancare l'affetto di una famiglia unita e solida, ma loro non si amavano e sono riusciti a fingere per diciassette anni.

-Mamma... sono a casa!- appena sentì la mia voce si girò e mi sorrise: -Oh, tesoro hai fame? Sto preparando il pollo per cena!-

-No mamma, non ho appetito...tu vai e riposati, qui ci penso io-

Lei cercò di ribattere, ma io la fulminai con lo sguardo e lei obbedì rassegnata.

Circa mezz'ora dopo era tutto pronto, perciò salii in camera mia.

Mi buttai sul letto: stella marina mode ON.

Stavo per cadere tra le braccia di Morfeo, quando una musica proveniente dalla casa a due villette di distanza dalla mia, mi strappò crudelmente dal mio stato di dormiveglia.

Nascosi la testa nel cuscino.

La musica diventò più forte e mi sentii costretta (per la mia sanità mentale)a scendere per chiedere di abbassarla.

Scesi in leggins e felpone e una crocchia improvvisata al momento.

In casa c'era gente che ballava, gente che si strusciava, e gente troppo occupata a bere per darmi retta.

Io non ho mai amato le feste: troppo rumore, troppa pelle esposta, troppa gente...troppo fuori dai miei schemi, preferivo un romanzo e il mio TWININGS alla vaniglia.

-Chi è il padrone di casa?- chiesi ad un biondino abbastanza sobrio

-In cucina, è quello col berretto rosso

-Ok grazie...- mi sorrise e tornò a ballare.

In cucina c'era un ragazzo con il berretto rosso, gli occhi così celesti che sembravano finti. Un ciuffo ribelle sfuggiva al berretto, e gli dava un'aria da "bello e impossibile", ma io non ero lì per fare conoscenze.

-Scusa potresti abbassare la musica?- mi guardò come Alice guardava Bianconiglio.

-Perché dovrei?- era acido e strafottente: mi irritava.

-Perché domani ho scuola se non ti dispiace, e vorrei dormire!- seguirono le sue risate sguaiate

-Non sono affari miei, la musica è nei limiti consentiti dalle legge- mi sorrise vittorioso.

Ero troppo incazzata per affrontare una conversazione, perciò me ne andai.

Davanti alla porta del vialetto di casa, fui bloccata da mani calde e forti per il polso.

-Che c'è ora?- gli sbraitai contro

-Calma, ti è caduto questo- mi porse uno dei due braccialetti che portavo solitamente al polso.

Rimasi un po' sbigottita poi risposi –Grazie-

Solo in casa aprii la mano contenente il braccialetto; non mi ero accorta che mi aveva dato un bigliettino: "domani mattina alle 8 davanti a casa mia".

Se lui credeva che sarei andata a scuola con lui si sbagliava di grosso.

Era stata una giornata tremenda, ma quella sera mi addormentai, dopo tanto tempo, con il sorriso.


Odiavo AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora