Capitolo 3

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Felicità: solo questa parola mi viene in mente per descrivere come mi sentivo quel giorno.

Anche se avevo ancora la febbre a 37,mi sentivo come se avessi potuto affrontare il mondo a testa alta.

Al mattino ero fresca come una rosa, riposata e serena come non accadeva da tempo.

Cameron aveva deciso che quel giorno sarebbe rimasto a casa con me, per fare "il mio infermiere personale" aveva detto.

Approfittai della sua assenza momentanea per fare una doccia veloce, e sistemare un po' la camera, poi scelsi un romanzo dalla mensola dei classici e iniziai a leggere per l'ennesima volta "Cime tempestose".

Ad un certo punto sentii la porta di ingresso aprirsi e capii che doveva essere ritornato. Salì in camera mia urlando: -Ciambelle! Chi vuole una ciambella al coccolato?!- si buttò sul letto, e mi porse il sacchetto con il bottino. Appena lo aprii mi arrivò una zaffata di cioccolato fondente e i miei occhi diventarono a cuoricino; divisi il dolce a metà e gli porsi titubante la parte più piccola.

Facemmo colazione, poi decidemmo di guardare un film; avrei scelto io, ovvio.

Optai per Twilight. Non so dire quanto io ami tutta la saga, ma l'ho vista tutta almeno dieci volte, e non mi stanco mai.

Durante il film si vedeva che lui lo trovava noioso, ma faceva finta di apprezzarlo per non offendermi, ero pur sempre malata no?

Più il tempo passava più i nostri corpi si avvicinavano, più io fremevo di conoscere anche quella parte di lui che non avevo ancora avuto la possibilità di conoscere.

All'ora di pranzo ordinammo cinese, e dopo aver spazzolato via tre involtini primavera ciascuno, iniziammo a sparecchiare.

Mentre lavavo le posate, lui ricevette una chiamata perciò andò in salone per parlare:

-Pronto?...No non sono a casa mia, perché?...Non so se puoi venire, aspetta: Hope, può venire Michael qui? E' il mio migliore amico-

-Ok- subito dopo lo sentii parlare con qualcuno e spiegargli dove si trovava casa mia.

Michael arrivò dopo un quarto d'ora. Era alto come Cameron un metro e ottantacinque circa, aveva i capelli scuri e gli occhi nocciola. A vederlo sembrava uno spaccone, di quelli tutto fumo e niente arrosto. Di fatto era un dongiovanni e un abile corteggiatore, aveva tutte le armi per far cadere una donna ai suoi piedi, ma io non ci cascavo, io riuscivo a prevedere ogni sua mossa: troppo scontato.

Passammo il pomeriggio a guardare un film dopo l'altro, scegliendoli a turno; io sarei stata la terza a scegliere. Stavamo seduti sul divano, io ero al centro tra i ragazzi.

Come primo film vedemmo X MAN, carino ma ho visto di meglio, come secondo film scelsero un film di quelli d'azione, dove si uccidono tutti. Caddi in un sonno profondo e mi appoggiai su qualcosa di morbido ma consistente. "Comodo!" pensai, prima di addormentarmi definitivamente.

Mi svegliai perché qualcuno mi aveva presa in braccio; aprii gli occhi e mi trovai a un palmo dal naso di Cameron. Il suo respiro sapeva di fresco...e di lui.

Mi poggiò delicatamente sul mio letto, e prima di andarsene mi lasciò un bacio sulla fronte, poi si alzò dal letto e si avviò verso la porta.

No, non potevo lasciarlo andare così, non potevo aver quasi toccato il cielo e poi essere caduta di nuovo tra i comuni mortali: gli afferrai la mano con più forza che potevo, non poteva andare via.

-Non te ne andare, per favore- quasi lo implorai di restare con me

-No, se me lo chiedi non vado da nessuna parte- mi accarezzò dolcemente il viso, poi si accoccolò vicino a me.

-Ma Michael se n'è andato? Non vorrei che rimanesse solo nel mio salotto- lui soffocò una risata poi mi rispose: -Se n'è andato alla fine del secondo film-

-Ok- mi aggrappai meglio a lui -Cam? Perché?- era evidentemente confuso

-Perché fai questo per me? Neanche mi conoscevi, eppure hai subito cercato di proteggermi, ecco. Solo, perché?-

-Sembrerà strano, ma quando ti ho vista uscire dalla porta di casa mia, ho sentito un nodo allo stomaco. Ti avevo trattata malissimo, non te lo meritavi, e poi si vedeva che non era stata una bella giornata. Stavo tornando dai miei amici, quando mi accorsi di aver pestato qualcosa. Decisi di riportarti il braccialetto, ma da dongiovanni che sono non potevo lasciarti andare, così ci provai. Tutto il resto è venuto dopo. Non ti nego che era nato tutto come un gioco, poi però ti ho osservata meglio: non sei solo bella, tu nascondi tutto un mondo dentro. Io amo perdermici dentro, amo sentirmi parte di esso. Non sento più la necessità del famoso "andare oltre", perché quando ti sto vicino mi sento anche meglio. Voglio essere ciò di cui hai bisogno: se hai bisogno di un amico sarò tuo amico, altrimenti si vedrà, ma non sarà facile.- non avevo idea pensasse tutto questo, mi ero limitata alla sua parte più superficiale. Praticamente mi ero andata contro da sola.

-Ma io non ho bisogno che sia facile, ho bisogno che ne valga la pena- sorrise alla mia affermazione, e avvicinò il viso al mio, piano, come per chiedermi il consenso. Mi avvicinai impercettibilmente, e non ci fu più bisogno di parole.

Ora eravamo legati da un filo invisibile.

Ora eravamo legati da un filo invisibile

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Odiavo AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora