Capitolo 5

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Era ormai l'inizio di aprile. Il giorno in cui mio padre sarebbe venuto a Miami si avvicinava.

Io fremevo dalla voglia di rivederlo, mi mancavano i suoi abbracci, le sue carezze, il suo senso dell'umorismo. Erano passati quattro giorni da quando io e mia madre ci eravamo trasferite, e altrettanti da quando conoscevo Cameron.

In quel momento stavamo preparando la torta al cioccolato, e io non mi ero accorta di essere rimasta con la ciotola a mezz'aria. Odiavo farmi vedere pensierosa o distratta: per me erano segni di debolezza, come se virassero la mia determinazione, la mia compostezza; come se abbattessero le mura che avevo creato intorno a me.

Mi affidavo ai soliti sorrisi di circostanza, mi mostravo attenta a qualsiasi discorso, mi piaceva fare parte a tutti gli effetti della conversazione, e mi sforzavo di essere disponibile verso tutti.

Cameron richiamò la mia attenzione: -Hope, hai infornato?

Scossi impercettibilmente la testa, come per svegliarmi dalla trance, poi risposi: -Sì, certo, ora dobbiamo solo aspettare una mezz'oretta.

-Ok. Si può sapere che hai? è da prima che sei distratta. Non mi sorprenderebbe trovare il sale al posto dello zucchero nel dolce.

Sospirai: -No, è solo che...-

-Che?- mi incalzò

-Che tra una settimana dovrebbe venire mio padre. Ho solo paura di vedere la mamma di cattivo umore. Chissà, forse vederlo le ricorda qualcosa di brutto; è qualcosa che va oltre i fatto che siano divorziati. C'è qualcosa che mi nascondono-

-Non ci pensare. Immagina solo che tra sette giorni rivedrai tuo padre.-

-Già, hai ragione- gli sorrisi accondiscendente, e lo invitai con un cenno a seguirmi in salotto.

Ci sedemmo sul divano abbracciati, poi ci guardammo intensamente negli occhi. Avevamo sorrisi lievi e arie serene; allo stesso tempo ci accomunava la bramosia verso qualcosa di afrodisiaco e misterioso. La tensione era palpabile, e i miei occhi non desideravano che i suoi.

Fu un attimo, composto dalla stessa sostanza dell'infinito, e le sue labbra furono sulle mie.

Le nostre lingue iniziarono una specie di danza. Eravamo insieme, tutto il resto l'avevo scordato.

Non so di preciso quanto durò quel bacio, ma quando ci staccammo eravamo ormai senza fiato e il timer del forno era scattato. Imbarazzatissima andai in cucina per tirare fuori il dolce dal forno; era venuto perfetto, e il profumo sapeva di coccole e caldi abbracci.

Mi ero soffermata ad osservare fuori dalla finestrella sui fornelli, quando sentii afferrarmi per i fianchi: -è inutile che scappi, io sono la tua ombra- ed ecco che riemerge la sua personalità da stolker.

Inutile dire, che nonostante ritenessi strano il suo comportamento diventai rossa come un pomodoro. La sua presa diventò più salda: -Con me non devi essere imbarazzata Hope, non vergognarti di niente.-

Avrei voluto ricominciare da dove il timer ci aveva interrotti ma ,aimè il suo telefono squillava  sempre nei momenti meno opportuni.

Cam andò via da casa mia poco dopo aver ricevuto quella chiamata, così rimasi in casa da sola.

Che c'è di meglio di fare le pulizie da soli in casa con la musica a palla?

Se avessi saputo cosa avrei trovato, e che questo mi avrebbe scombussolato l'esistenza, non credo avrei spolverato quel comodino. Era capitato per caso: improvvisavo i passi a ritmo di musica, quando colpii per sbaglio la parte inferiore del mobile. Si aprì una specie di scomparto segreto di cui io non ero a conoscenza. Al suo interno vi era una busta accuratamente richiusa, ingiallita dal tempo. Si riusciva a distinguere però il logo di un ospedale; la faccenda si faceva sempre più intrigante. Allungai la mano insicura verso la busta e la presi. Mi sedetti sul letto mentre la aprivo; ogni movimento mi stringeva di più lo stomaco, man mano che spiegavo il foglio l'ansia saliva.

Iniziai a leggere: non potevo credere ai miei occhi, mi sentivo come se non avessi più certezze, tutto era una bugia, la mia vita era fatta di menzogne, le persone che amavo più di me stessa mi avevano mentito per diciassette anni.

Iniziai a leggere: non potevo credere ai miei occhi, mi sentivo come se non avessi più certezze, tutto era una bugia, la mia vita era fatta di menzogne, le persone che amavo più di me stessa mi avevano mentito per diciassette anni

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Odiavo AmartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora