Epilogue

7K 245 33
                                    

Okay, siamo giunti alla fine del primo libro e giuro, scrivere epilogo invece di chapter n°...è un colpo al cuore.

L'EPILOGO SARA' NARRATO IN TERZA PERSONA AL PASSATO.

Leo

Leo, dopo aver saputo che Amber era andata via, strinse i pugni e cercò di deglutire il groppo che gli si era formato in gola. I due ragazzi che l'avevano avvertito, avevano poi lasciato il suo appartamento una decina di minuti dopo. Prese il proprio cellulare e tempestò di messaggi e chiamate la ragazza, che come si aspettava, non rispose.

La prima cosa che pensò di fare, fu andare all'aeroporto e riuscire a farsi dire su quale aereo avesse viaggiato Amber Thomson e soprattutto, la destinazione. E così fece. Non si preoccupò, per la prima volta in tanti anni, di avere un bell'aspetto per le foto che i paparazzi gli avrebbero scattato; prese soltanto le chiavi di una delle due Porsche che possedeva e scese nel garage sotterraneo, infilandosi nell'auto e sfrecciando ad alta velocità.

Picchiettò nervosamente sullo sterzo, tremava. La velocità con cui stava guidando gli avrebbe fatto perdere cinquanta punti di patente, calcolando che al massimo ne sono trenta, me non se ne curò. Non rispettò neanche i segnali stradali, fatta eccezione per gli stop e per i semafori che per sua sfortuna, si rivelarono essere tutti rossi al suo passaggio. Bestemmiò diverse volte prima di arrivare all'aeroporto e parcheggiare l'auto con dimestichezza.

Corse in fretta e furia verso uno degli sportelli e si schiarì la gola, prima di osservare una ragazza dai capelli color miele legati in una treccia e degli occhi nocciola scrutarlo. Degli occhiali color rosso gli ricadevano morbidi sul naso a punta ed aveva una camicetta a dir poco orrenda. 

''Come posso esserle utile?'' chiese la giovane, con voce ovattata, cominciando a mordere una matita, probabilmente per provocarlo. Leo cercò di non alzare gli occhi al cielo e puntò dritto al suo obbiettivo.

''Saprebbe dirmi su quale aereo ha viaggiato la signorina Amber Thomson? Sono Leonard Moore, l'amministratore delegato della Moore Industries Inc.''

''Oh, so chi è lei.'' sorrise. ''Ma temo di non poter rivelare simili informazioni, per privacy.''

Leo si guardò intorno, e notando che nessuno stava prestando attenzione a ciò che succedeva, si avvicinò cauto alla ragazza, mettendo su uno sguardo malefico.

''Ascoltami bene, della privacy io me ne sbatto i coglioni. Quindi se non vuoi perdere il tuo lavoro, ti conviene dirmi su quale cazzo di aereo ha viaggiato e non fare parola con nessuno di questo mio linguaggio "confidenziale" Sono stato chiaro?"

Ella tremò e lui accennò un sorriso soddisfatto. La ragazza si guardò intorno e prima che potesse fare qualcosa, il ragazzo la precedette.

"Credimi, fossi in te non chiamerei nessuna guardia. Sai chi sono hai detto, non sfidarmi."

Con quell'avvertimento, la ragazza mise la coda fra le gambe e cercò negli archivi i nomi delle persone registrati nelle ultime otto ore. Ma di Amber Thomson, nessuna traccia.

Amber

"Mio dio papà, qui è bellissimo."

"Ti piace, tesoro?"

"Sì, grazie per essermi venuto a prendere."

Amber scrutò con attenzione ogni minimo particolare della casa dei suoi genitori nella soleggiata città di Los Angeles. Sapeva benissimo che se avesse viaggiato in un aereo, Leo avrebbe sicuramente avuto il coltello dalla parte del manico per riuscire a farsi dire dove fosse diretta, così, intelligentemente, aveva chiesto a suo padre di andarla a prendere, anche se ci avesse messo qualche ora in più.

Inoltre, aveva cambiato numero telefonico, premunendosi di salvarsi solo quello di Kendra. Era decisa, voleva assolutamente mettere una pietra sopra a tutto quel casino, e di certo, leggere i messaggi di Stacey e Leo non l'avrebbero aiutata.

Forse il suo atteggiamento era stato infantile, aveva agito d'impulso, ma non si era pentita, non ancora almeno.

"Amber, tesoro!"

La voce radiosa di sua madre, la distolse dai pensieri e non ci mise più di due secondi a stringerla forte contro il proprio petto.

"Mamma, sono qui da sola, non c'è nessuna persona speciale con me, non più."

Avrebbe poi spiegato il tutto ai suoi genitori, ma per il momento, si limitò a singhiozzare sulla spalla della donna che l'aveva messa al mondo.


Leo

Affranto, il ragazzo tornò nel suo appartamento e si sedette a peso morto sul letto, comprimendo un urlo straziante. Si prese i capelli tra le mani ed iniziò a piangere, pensando che la ragazza che amava più della sua stessa vita, l'aveva abbandonato, proprio come tutti. 

Amber, che gli aveva ridato la forza di credere in se stesso. Amber, che gli aveva ridato l'ispirazione per tornare a disegnare, rendendola la sua Musa. Amber, che l'aveva ascoltato quando era in lacrime e piangeva come un bambino ricordando il suo passato, la stessa Amber...non era più al suo fianco. Col volto umido e pallido, si sporse verso il comodino ed aprì un cassetto, tirando fuori un cofanetto rivestito di nero. Lo aprì, e il suo interno rivelo un anello argento contornato da tre piccoli diamanti. ''Avrei voluto chiedertelo domani sera.'' sussurrò a se stesso, prendendo il gioiello in mano, rigirandoselo tra le dita. ''Ti amo Amber, perchè mi hai lasciato così?''

Amber

La ragazza osservava fuori dalla finestra, senza alcuna espressione in viso. Notava gli alberi muoversi leggermente e qualcuno andare in bici. Riteneva la propria relazione con Leo sbagliata, o meglio, un qualcosa destinato a finire. Credeva che fosse soltanto una delle tante storie d'amore che si vive quando si è giovani, e lei, essendo appena ventenne, ne aveva ancora tante di cose da osservare, da provare, da capire. Nessun rimpianto. La voglia di ricominciare ancora, ancora e ancora per fortuna, non scarseggiava. Non c'erano stati né vincitori, né vinti; Ma soltanto due cuori spezzati, o forse uno, il suo. Notò una foglia svolazzare allegra, e quest'ultima, le ricordò quel bigliettino che si trovò nel biscotto della fortuna alla vigilia di Natale, precisamente nel Supermarket, quando ancora poteva bearsi della compagnia di Leo. Sorrise amaramente al ricordo, notando poi che, quell'insignificante pezzo di carta aveva ragione:

''Non sempre le cose sono come sembrano.''



FINE.

UndiscoveredDove le storie prendono vita. Scoprilo ora