DUE.3

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I pensieri di Marco furono interrotti dallo sbracciare di un omino affacciato al finestrino di uno degli ultimi vagoni del treno.
No, quello non può essere Alessandro, troppo cafone!
- Zio! Zio!
Ok, forse Alessandro è cresciuto ed è cambiato un po'. Diciamo anche molto!
Neanche il tempo di arrivare all'altezza del vagone giusto che Alessandro lanciò una borsa dal finestrino e, con un fare scoordi­nato, Marco riuscì a prenderla al volo.
- Potrei non essere tuo zio! E potrei mettermi a correre e ru­barti la valigia!
Tre secondi che è arrivato e vorrei che fosse già ripartito!
- Ma no! Ero sicuro che fossi tu, la nonna mi ha detto che sare­sti venuto in stazione con occhiali di dimensioni gigantesche e vestito come un teenager troppo cresciuto! E ha avuto ragione!
Vedo mia madre così poco eppure mi conosce come le sue tasche!
- Teenager troppo cresciuto?! Ok, scendi ora che andiamo!
Marco prese la borsa e cominciò a camminare lungo la banchina.
- Aspetta zio, ci sono le altre valige!
- Altre valige?!
Il tempo di guardarsi intorno e Marco si ritrovò davanti Alessan­dro, un ragazzo dagli stessi suoi occhi azzurri, non magrissimo né grasso ma con quelle eterne maniglie dell'amore che non ti la­sciano mai. I suoi capelli erano marmorizzati da una grossa quantità di gel che neanche due shampoo fatti con il detersivo per i piatti avrebbero potuto eliminarlo. Era vestito di tutto punto: scarpe Cesare Paciotti, jeans Calvin Klein, camicia Ralph Lauren con tanto d'iniziali. In pratica, Alessandro aveva addosso l'equivalente di uno stipendio di Marco.
- Sì, quelle!
- Quelle?!
- Zio, mi sembri un pappagallo!
Alessandro indicò un cumulo di tre valige. Marco le guardò e fece un sorriso nevrotico.
Come mai tutte queste valige per qualche giorno a Roma?! Beh, se per un viaggio in treno si veste così, avrà con sé almeno tre cambi al giorno. Oppure...
Marco bloccò i suoi pensieri, la spiegazione che si era dato, per ora, doveva bastargli.
Mentre i due si avviavano lungo la banchina, Alessandro si fermò improvvisamente, posò a terra una valigia, l'aprì e tirò qualcosa avvolto in un panno nero di velluto. Lo srotolò e vi tirò fuori una vecchia macchinetta fotografica usa e getta della Kodak.
- Aspetta zio, voglio fare una foto!
- Una foto con quella?! Non ne vedevo dagli anni novanta!
Alessandro indietreggiò qualche passo.
- Sorridi zio!
- Ma così, con le valige in mano?! Con questo sfondo?!
- Tre, due...
Prima ancora che Alessandro pronunciasse "Uno!", Marco aveva già sistemato le valigie a terra e si era messo in posa.
- Meno male che non te la volevi fare la foto, zio!
- Una foto senza poter vedere la preview... cose da matti!

Tra un "Quanto sei cresciuto!" e "Che mi racconti di bello?" i due arrivarono all'auto.
- Ecco, puoi poggiare le tue cose qui nel bagagliaio.
- Spero che questa macchina non sia tua, zio!
- In effetti, me l'ha prestata Massimo, il mio coinquilino. Ne va fiero, è l'ultimo modello di Panda che hanno fatto con questa car­rozzeria prima di cambiare design.
- E io che speravo che avessi almeno un'utilitaria! Voglio dire, sei single, dove vanno a finire tutti i soldi che guadagni?!
Quell'esclamazione irrigidì Marco mentre cercava di sistemare alla rinfusa i bagagli.
Quanti giorni ha detto che resterà?! Sicuramente troppi!
- Oggi t'insegno una nuova parola: MU – TU – O!
I due salirono in auto. La Panda era vecchiotta, il cambio grat­tava ogni volta che veniva inserita la retromarcia e l'assenza di servosterzo rendeva le manovre faticose.
- E questo, cos'è?
Alessandro indicò la maniglia per abbassare il vetro del finestrino della portiera. Marco lo guardò per un secondo con il dubbio se stesse facendo una battuta oppure no.
- Ah ah – Marco rise forzatamente – non credevo di avere un nipote così spiritoso.
- Zio, mi spieghi una cosa?
Ora ricordo quant'erano fastidiose le tue domande quando eri piccolo. Meglio passare al contrattacco!
- Spero che dopo tutti questi anni, tu abbia chiaro che le femmi­nucce hanno la patatina e i maschietti il pisellino!
Ho veramente detto una cosa del genere?!
- Ah ah – Alessandro imitò la risata forzata di suo zio di qual­che instante prima – non credevo di avere uno zio così spiritoso.
- Comunque, se proprio devi, chiedi!
- Mi spieghi perché vivi qui nella grande città e fai una vitaccia?
- Vitaccia?! In che senso?
- Non ti puoi permettere neanche una macchina, te la devi far prestare! E soprattutto alla tua età ancora condividi casa?! Ma quando rimorchi dove fai sesso se a casa c'è il tuo coinquilino e la macchina non ce l'hai?!
Vraaaa.
Le affermazioni di Alessandro scoordinarono Marco che ripar­tendo dallo stop alzò troppo repentinamente la frizione facendo sgommare l'auto.
Che ho fatto di male per sentirmi dare dello sfigato da un di­ciottenne con la carta di credito del "papi" nel portafoglio?!
- Hai messo le cinte di sicurezza, qua ti fanno la multa!
Spero che questa risposta ti basti!
- Sì, fatto! Allora?
Alessandro non aspettò troppo la risposta di Marco. La sua at­tenzione improvvisamente si spostò su un ragazzo che cammi­nava sul marciapiede. "No dai! Guarda chi c'è!", esclamò facendo un sorrisetto furbastro. Girò vorticosamente la manopola del fi­nestrino abbassandolo e urlò a squarciagola "Frocio!". Marco, basito da quel gesto, sbandò ma riprese subito la strada.
- Scusa ma sei impazzito? Che fai?!
- Niente, saluto uno che conosco!
- Ma che modo di salutare è questo?!
E soprattutto, perché ancora non sto vedendo riflesso nello specchietto retrovisore la tua sagoma avvolta dal polverone smosso dalla macchina in partenza mentre scappo via dopo averti scaricato sul ciglio della strada?!
Marco cominciò a sentire una strana sensazione... una di quelle che s'insinua all'interno dell'addome. Da qualche parte, aveva letto che l'intestino, ricco di terminazioni nervose, costituiva un secondo cervello e Marco era convinto che il suo avesse poteri di chiaroveggenza. Doveva solo imparare a distinguere i segni pre­monitori dagli attacchi di colite.
Ok, sono solo pochi giorni, ce la posso fare!

La metafisica delle bananeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora