Di cosa hai paura?, chiese la voce nella mia mente.
Di nessuno, risposi senza pensarci due volte, senza nemmeno riflettere sul perché avessi immaginato un taglio di capelli di un determinato colore, pelle color caramello, un ghigno e degli occhi verdi anziché una cosa.
Allora va avanti, m'incitava la voce.
Ero fuori dall'automobile.
Corri, raggiungilo.
La porta dell'edificio si aprì con un sibilo fastidioso.
O sei troppo spaventata per andare avanti?
I ricordi mi riempirono gli occhi: i cadaveri ancora caldi dei miei genitori, il sangue che si stendeva sotto i loro corpi sempre più pallidi.
Le mie orecchie si riempirono di voci lontane di spettri, una preghiera di morte cantata contro un cielo bianco, esattamente come quello che sovrastava me in quel momento.
Non ho paura, ripetevo mentre i tacchi ticchettavano sul parquet, nonhopauranonhopauranonhopaura.
Non pensai neppure all'ascensore vuoto che mi aspettava, la soluzione più giusta, in quel momento, erano le scale di marmo che si prolungavano, infinite, fino al piano superiore dove avrei trovato la persona che stavo cercando.
Me lo immaginavo lì, nel suo ufficio dalla forma circolare, affiancato dai suoi compagni, i migliori cacciatori ancora in vita, e quella sedia vuota che urlava a squarciagola il mio nome.
La paura ti rende debole, sentivo il sangue ribollire nelle vene.
Perché ero viva, a differenza di altri, di molti. Ero una sopravvissuta.
Le tue debolezze ti uccidono, il respiro si fece affannoso, lacrime di fuoco parevano spingere le une sulle altre per rigarmi le guance.
La paura ti uccide.
Era un sillogismo perfetto, lo ripetevo ogni volta che il terrore mi faceva tremare le gambe.
Dovevo esser forte per quelli che se n'erano andati. Dovevo sopravvivere per quelli che erano rimasti.
Per Donnie, pensai immediatamente, per mio nonno, per questi cacciatori che sono stati la mia famiglia.
Raggiunsi l'ultimo piano e mi ritrovai di fronte ad un lungo corridoio dalle pareti spoglie, identico a tutti gli altri che avevo già sorpassato.
Anche da lì riuscivo a sentire voci tuonare tutte insieme, senza ricevere una risposta soddisfacente.
Smisi di correre e, prendendo fiato, camminai lentamente verso la stanza dalla porta aperta, la mano contro la parete per timore che le gambe potessero cedere da un momento all'altro.
Va tutto bene, ripetevo alla mia mente per rassicurarla, sono Agnese Del Bianco, sono una cacciatrice, sono una sopravvissuta.
E poi di nuovo come prima: sono Agnese Del Bianco, sono una cacciatrice, sono una sopravvissuta. SonoAgneseDelBiancosonounacacciatricesonounasopravvissuta.
Non bussai neanche; i miei piedi raggiunsero la stanza e la mia mano sfiorò la porta, senza colpirla.
Non emisi un suono, non respirai neanche, eppure tutti si voltarono a guardarmi.
Decine di teste si voltarono all'unisono, le labbra schiuse in frasi incomplete, gli occhi spaventati.
Devo essere forte anche per ognuno di loro, quel pensiero fisso gravava sulle mie spalle più di ogni altro.
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Il Rinnegato #wattys2017
Ação[La gente ha bisogno di un mostro in cui credere. Un nemico vero e orribile. Un demone in contrasto col quale definire la propria identità. Altrimenti siamo soltanto noi contro noi stessi. Chuck Palahniuk] Dopo aver assistito alla morte...