9- La svolta

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<Grazie!> Disse Martin mentre entro nel palazzo <Oh... sei tu! Ciao Reby... aspetta com'è possibile che tu sia arrivata prima di me, senza aver preso l'autobus e il tuo motorino?>

<Prego!, Comunque mi ha dato un passaggio Gabriele e suo cugino!>

<Ah ecco perché... Aspetta cosa? Che stronzo! Perché sei salita in macchina con quel pazzo! Chi guidava suo cugino vero?!>

<Invece sono stati molto gentili!> Mentii <Poi Gabriele non ha mica la patente! È logico che guidi suo cugino!>

<Bhe la prossima volta, ascolta il mio consiglio, prendi l'autobus...>

<Non mi sembra che tu ti sia fatto molti problemi l'altra mattina!>

<Questa è un'altra storia!>

<Che storia è? Raccontamela...> dissi mentre chiamai l'ascensore. Lui, come al solito non mi rispose.

Durante la salita agli appartamenti, l'ascensore si bloccò a causa di un guasto al contatore dell' elettricità, presa dal panico iniziai a chiedere aiuto eseguendo la chiamata di emergenza, ma il tentativo risultò vano poiché non c'era corrente. In un momento di estrema agitazione inciampai sui piedi di Martin che con grande prontezza mi salvò da una brutta caduta.

Non appena mi prese tra le sue braccia senti il profumo che lo avvolgeva, facendomi ricordare dei bei tempi passati insieme, creando in me tanta nostalgia.

Il momento romantico però terminò subito con uno sguardo imbarazzatissimo guardandoci  due sconosciti, la cosa creo in me grande ansia.

Martin si rese subito conto del mio imbarazzo così per rompere il ghiaccio e per ridurre la tensione creata dal guasto dell'ascensore inizio a parlarmi mentre mi aiutò a rialzarmi....

<Vedo che sei sbadata come al solito...> disse ridendo

<Già> risposi imbarazzata, per non sembrare troppo nervosa dall'accaduto deviai la conversazione sul vero problema. Così facendo, gli chiesi di analizzare insieme la crisi della nostra amicizia. Avvertendolo che sarebbe stata l'ultima occasione per salvare la nostra amicizia.

Fui molto fiera di come presi il controllo della situazione e lo impostai a mio favore.

Discutemmo a lungo su possibili motivi ma senza arrivare a nessuna conclusione logica e senza aver trovato una spiegazione plausibile alla crisi dell'amicizia.

Rimasi stupita, perché per la prima volta, Martin riuscì a toccare quest'argomento senza creare disagi tra noi.

Non rendendcene conto passò mezz'ora, eravamo arrivati a parlare delle nostre vite, proprio come due mesi fa... in quei trenta minuti passati con lui sembrava che fossimo tornati ad essere due amici inseparabili, con la stessa emozione che ci avvolgeva poco tempo prima.

La corrente riprese a funzionare e l'ascensore riprese la corsa.

In un secondo l'ascensore arrivò al piano giusto, Martin scese. Ci salutammo con bacio sulla guancia, proprio come i vecchi tempi.

Entrai in casa ripercorrendo la mezzora passata con Martin e il tutto mi creava una certa nostalgia, sentii che nel nostro rapporto ci fu un cambiamento, positivo ma nella mia testa erano presenti pensieri contrastanti,  una chiamata sul cellulare mi riportò rapidamente sulla terra...

Guardai lo scremo del telefono e vidi che era Lucia. Cavolo me ne ero dimenticata! Mentre corsi in camera per cambiarmi risposi

<Pronto!>

<Hey Reby, dieci munti e sono da te!>

<Perfetto... io sono pronta...> mentii

<Poi devi raccontarmi cosa ti ha scritto J.>

<Si si, poi ti racconto tutto... ora devo andare!>

<Ho capito, ti lascio preparare. Fai in fret...> Riagganciai il telefono prima che lei potesse finire.

Devo sbrigarmi.

Una volta cambiata con abiti più comodi, svuotai lo zaino di scuola e lo riempii con le lettere di j. dei fogli, delle penne e dei pennarelli colorati. Cosicché, con l'aiuto di Lucia avremmo potuto fare più chiarezza su questa storia.

Chiuso lo zaino il citofono suonò. Mia madre rispose e appena messa giù la cornetta urlò con la sua dolce voce

<REBECCA! LUCIA è QUA SOTTO, TI STA ASPETTANDO!>

Uscii rapidamente dalla stanza quando mi fermò il mio fratellino dicendomi:
<Lucia ti sta aspettando!> mi disse
<Grazie, l'avevo capito anche io...>
<Visti che la mamma urlava pensavo sentissi poco...> replicò
<Ti assicuro che per il momento ci sento ancora. Ora vado, ciao> lo salutai con un bacio sulla fronte. Salutai mia mamma e uscii di casa.

Scesi di corsa per incotrare Lucia, parlammo pochi minuti sotto a casa e cosi decidemmo di andare al parco dei Giardini porti, così da essere li per le diciannove, scrisse J.

Arrivate al parco, ci sedemmo in una panchina e iniziammo ad analizzare attentamente le lettere, prima una poi l'altra, infine le rileggemmo tutte. Inizialmente senza capirci molto ma poi spremendo un po' le meningi, riuscimmo, un pò per fortuna e un po per curiosità, a capire che in ogni foglio c'erano una o più parole di per se senza senso, sparse nelle pagine, ma se le avessimo unite si formava un'unica frase che in quel momento risultò incompleta, riuscimmo vedere soltanto:

<il signor J. è un......>

J. è un cosa?

Non riuscimmo ad arrivare ad una soluzione. Questo gioco non era ancora finito poiché la soluzione al problema si sarebbe trovata solo nel momento del completamento della frase stessa.

Restammo li molte ore per cercare di completare la frase ma senza arrivare alla soluzione, si fecero le 18.45 e decidemmo di iniziare a prepararci per vedere cosa sarebbe successo alle 19.00.

<Quindi dove ci dobbiamo nascondere? Qui dice cespuglio> disse Lucia quasi sbattendomi la lettera in faccia <Sai quanti cespugli ci sono in un parco? Troppi! Poi cita il cespuglio delle rose...> replico quasi come una lamentela

<Secondo me dobbiamo andare al cespuglio delle rose, quello dal lato opposto dell'uscita. Li c'è un cespuglio enorme di rose, molti bambini ci vanno a giocare, infondo è solo un'aiuola contorno tantissime rose, ma all'interno è vuota> dissi

<E come faremo ad entrare> mi domando

<C'è un varco, da piccola ci entravo sempre, andiamo presto!>

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