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Eliezer non era tipo da frequentare bar. In effetti Eliezer non era tipo da frequentare posti in cui ci fossero altre persone, il che, nel ventunesimo secolo, equivaleva più o meno alla maggior parte dei luoghi sulla terra emersa.

Sebbene Gloria avesse scelto un bel locale, Eliezer si sentiva come un animale allo zoo. Forse dipendeva dal fatto che si erano seduti a un tavolo accanto a una grande vetrata. O magari dalla gente che si era fermata dall'altro lato della suddetta vetrata, con il naso schiacciato sulla superficie trasparente per osservarlo meglio.

«Ehi!». L'esclamazione rabbiosa di Gloria e la forte botta che aveva dato con la mano al vetro fecero sobbalzare i curiosi. «Che avete da guardare? Sciò!»

Riluttanti, gli sconosciuti si allontanarono lungo il marciapiede, evitando le occhiatacce della donna.

«Così va meglio, vero?» disse Gloria, di nuovo allegra. «Certa gente proprio non la capisco. Nessuno fa tutte queste scene se vede una persona con la pelle nera, e si comportano come imbecilli solo perché tu hai la pelle bianca. Be', non "bianca" nel modo in cui la intendono di solito, ma proprio bianca bianca. Ah, ce li porta due cappuccini, per favore?» aggiunse, rivolta a un cameriere che passava accanto a loro. Lanciò un'occhiata tranquilla al suo compagno. «Scusa, ho ordinato anche per te senza neanche chiederti di cosa avevi voglia».

Di tornare su un cornicione dove nessuno possa vedermi, ecco di cosa ho voglia! urlava una voce nella testa di Eliezer. Ma, sconvolto e stordito com'era dalle chiacchiere di quella donna, non sarebbe riuscito neanche a balbettare una cosa del genere, figuriamoci gridarla.

«Ma parli ogni tanto?» continuò imperterrita Gloria, incurante del disagio di lui. «Non ti mangio mica, sai, e non è che possa parlare solo io!»

«Si direbbe il contrario» replicò Eliezer con voce flebile.

«Ah, ma allora ce l'hai ancora, la lingua!» ridacchiò lei, per nulla turbata dalle parole scortesi dell'altro. «Allora, io» disse, indicandosi il petto, «sono Gloria. Ora sentiamo: com'è che ti chiami?».

«Eliezer» rispose l'interpellato, rassegnandosi: quell'umana era una furia, e non aveva alcuna speranza di tenerla a freno. Tanto valeva assecondarla: così magari si sarebbe stancata e lui avrebbe avuto l'occasione di scappare.

«È un nome strano» commentò Gloria.

«Anche tu sei strana» ribatté Eliezer, sulla difensiva, prima di rendersi conto della situazione: lui, un drago albino, peraltro ultimo della propria specie, stava dicendo a un'umana qualunque che era lei quella strana. Eliezer si mise a ridere.

«Che c'è di divertente? Fa' ridere anche me!» protestò la donna.

«Pensavo che è ipocrita, da parte mia, definire "strano" qualcuno» rispose il drago.

«Oh, sciocchezze. Ho conosciuto gente molto più strana di te» tagliò corto Gloria. «Oh, grazie» sorrise all'indirizzo del cameriere che aveva appena portato loro i cappuccini.

Eliezer preferì non rispondere; zuccherò il cappuccino e ne bevve avidamente una sorsata, gustandolo. Era raro per lui fare una cosa tanto normale come fermarsi in un bar a bere qualcosa – e di sicuro mai in compagnia – quindi gli sembrava tutto speciale. Continuò a bere, tenendo gli occhi fissi sulla tazza, e quando li risollevò trovò Gloria che lo fissava apertamente.

«Che c'è?» farfugliò mentre la poca tranquillità riacquistata svaniva rapida.

«Niente» rispose placida Gloria. «È solo che penso di non aver mai visto nessuno bello come te. Inizio a capire perché la gente ti fissa».

«La gente mi fissa perché sono diverso» disse mesto Eliezer.

«Sì, forse» concesse Gloria. «Però non si può negare che nel tuo essere diverso, sei bellissimo».

Eliezer arrossì. Non aveva mai incontrato nessuno – né tra i draghi, né tra gli umani – per cui il suo aspetto fisico fosse una cosa buona, e quei complimenti lo imbarazzavano.

«Grazie» balbettò.

Gloria si sporse in avanti, scrutandolo con gli occhi socchiusi. «Ti ho messo in imbarazzo?» chiese. «Sì, ti ho messo in imbarazzo» si rispose da sola un istante più tardi. «Non capisco come sia possibile. Sono sicura che te lo dicano spesso. Che sei molto bello, intendo, non che ti hanno messo in imbarazzo. Certo, se reagisci sempre così, allora di sicuro ti diranno anche questo...»

«Nessuno mi dice che sono bello» la interruppe Eliezer, mentre le chiazze rosse sul suo volto aumentavano. «Nessuno mi parla mai, a dire il vero».

«Forse dipende da te. Ci hai mai pensato?» rispose Gloria. «Sembri più timido di un bambino. Pare che tu abbia persino paura di guardare le persone negli occhi!»

«Come posso guardare la gente con questi occhi?» replicò disperato Eliezer, indicandosi il volto. «Sono orribili, mettono paura!»

«Sono unici» rispose piano Gloria. «Ed è difficile che le persone comprendano la bellezza di ciò che è raro o unico».

Eliezer rimase senza parole. Mai nessuno gli aveva parlato come stava facendo Gloria. Per la prima volta si sentiva accettato; per la prima volta non si sentiva solo. Stava sperimentando quel tepore a cui Gloria era tanto abituata e con cui circondava gli altri senza nemmeno rendersene conto. Quasi automaticamente, il drago protese una mano e sfiorò quella di lei: dapprima timoroso, poi con maggiore audacia, fino a stringerla.

«Non ho mai osato sperare che esistesse qualcuno come te» le disse.

Stavolta fu Gloria ad arrossire: Eliezer la stava fissando e sembrava incantato, come se non avesse mai visto niente di simile. Qualche volta Gloria aveva visto delle persone fissare con quell'espressione un'opera d'arte, o recitare una preghiera, e la sconvolgeva che uno sguardo simile potesse essere rivolto proprio a lei.

Gloria abbassò gli occhi ed Eliezer sorrise, ricordando un vecchio proverbio dei draghi: a volte i fuochi più piccoli possono scaldare più di un intero incendio. 

Sangue di drago #Concorsiamo2k18Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora