Capitolo. 22

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Sconosciuto's Pov.

 Avevo la testa tra le mani mentre le lacrime continuavano a solcare le mie guance.

Erano passati due giorni da quel fottuto 22 dicembre.

Quel giorno era il 24 dicembre.

Quel giorno era il suo compleanno.

Quel giorno lui era steso in un fottuto lettino d'ospedale in coma.

E io non potevo fare niente.

In quel momento ero inutile come un camino in piena estate con 40° all'ombra.

I miei pensieri vennero interrotti da una mano delicata poggiata sulla mia spalla.

-Tesoro.- disse Jay.

-Non ne posso più.-dissi scuotendo la testa e lei mi abbracciò.

Dopo minuti infiniti mi chiese.

-Gemma e Marcel?-

-Sono a Londra, ci siamo trasferiti lì.-dissi io.

-Anne e Rob?-mi chiese ancora e io deglutì rumorosamente.

-Sono morti.-dissi stringendomi ancor di più tra le sue braccia.

-Morti?-chiese Jay e potei sentire il suo cuore aumentare di 1000 battiti. Anne era la sua migliore amica d'infanzia. Erano come sorelle.

-Si, sono morti poco dopo la vostra partenza. L'ho scoperto pochi mesi fa.-

-Come?-chiese Jay.

-Mia madre incidente d'auto.-dissi e il cuore mi si strinse e le lacrime aumentarono e anche Jay se ne accorse. Se avessi perso anche Louis nella stessa maniera...non so come avrei potuto reagire.

-Tuo padre?-chiese.

-Infarto. Appena saputa la notizia. Morto sul colpo.-dissi.

-Mi dispiace piccolo mio. Ora ci siamo noi però. Non preoccuparti ti staremo vicino.-disse lei accarezzandomi la schiena scossa dai singhiozzi.

-Nonostante tutto quello che mi ha fatto passare è pur sempre mio padre, anche se l'ho negato a tutti, compreso lui.-dissi tremando.

-Continuava a farlo?-chiese e io sapevo a cosa si riferiva.

-Erano aumentate.-dissi mordendomi violentemente il labbro inferiore.

-Ora è tutto passato. Non pensiamoci più, ok?-disse asciugandomi le lacrime.

-Ok...Posso entrare?-dissi riferendomi alla stanza di Louis.

-Certo.-disse lei invitandomi ad entrare.

Mi alzai e mi diressi verso la porta.

Una porta mi divideva da lui.

Ma non era l'unica cosa.

Anche i muri che aveva costruito quando mi aveva lasciato ci dividevano.

Aprì la porta esitante.

Entrai.

Lo vidi.

Lì, steso inerme su quel fottuto lettino.

Il bip fastidioso delle macchine attaccate al suo corpo.

Un corpo privo di vita.

Un bip che segnava i battiti del suo cuore.

-Amore mio...-

E questa volta il bip fu ancora più fastidioso degli altri.

Perché non erano un sequenza di bip.

Perché non erano una sequenza di battiti.

Questo era un'unico, lungo ed estenuante bip.

Che stava a significare solo una cosa.

L'ultimo battito.

Avrei perso anche lui.

Avrei potuto dire...ormai mi ero abituato. Avevo perso mia madre, mio padre, la mia famiglia e ora forse anche il mio ragazzo.

Ma a questo non avrei potuto mai abituarmi.

Come avrei potuto abituarmi alla scomparsa del mio cuore, del mio cervello, del mio mondo, del mio tutto.

Come avrei potuto vivere senza di lui.

Tutto questo è così illogico.

Tutto questo è impossibile.

Avrei potuto abituarmi alla sua presenza.

Ma non avrei ma potuto abituarmi ad un'intera vita senza di lui.

Era tecnicamente impossibile.

Lui non poteva avermi abbandonato

 Non di nuovo.

Non così.

Stalker  ||Larry Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora