Un cielo tinto di fuoco posava sui tetti scuri delle abitazioni, comprimendo al suolo i rami secchi dei faggi. Svuotate dei loro inquilini, anche le case sembravano giacere appiattite sulla strada sotto tale incendio.
Era l'ora del rientro, il momento in cui gli operai si mettevano in coda per le strade e le colonne si dipanavano per le vie principali strombettando con impazienza.
Era l'ora del risveglio crepuscolare, l'attimo in cui le ombre si allungavano per diventare lo strascico della sera.Una di queste apparteneva a un lampione ancora spento e, rigando il lastricato in piazza Vestuvagli, puntava dritto, come la lancetta di un orologio, su un viottolo sinistro. Laggiù, un paio d'occhi squadrava una finestra chiusa al secondo piano di un palazzo dall'intonaco scrostato. L'arancio slavato della vernice donava ancora all'abitato un'aria da padrone incontrastato, anche se gran parte del merito andava al maestoso portico che ne reggeva la facciata.
L'osservatore aveva da tempo focalizzato il suo obiettivo, che tuttavia rimaneva irraggiungibile dietro agli infissi.
Fu esattamente nel momento in cui le palpebre stremate si abbassarono che, da dietro una delle colonne ornate di grigio scuro, si aprì una porta robusta, laccata da poco.
Una biondina slanciata uscì in tutta fretta, dimenticando di chiudere il portone. Probabilmente non doveva andare molto lontano...
Di fatti, dopo neanche due minuti, il suo passo veloce risuonò sulle piastrelle della piazza e, con la stessa foga con cui aveva fatto la sua uscita, rientrò da sotto il portico e si barricò in casa.Non era la sola ad aver serrato i balconi, le porte e le persiane, ogni singola fessura di qualsiasi entità. Dopotutto era stata data l'allerta e chiunque abitasse a Nara ne era al corrente da un po': la notte non era più amica dell'umanità.
No, la signora che offuscava lo splendore del sole da sette mesi entrava in scena scortata da lunghi manti e da sorrisi di un bianco smagliante.
Purtroppo, non si trattava di valletti disciplinati, ma di vampiri che si riversavano nei cunicoli salendo dalle fogne, scendendo le serpentine scale dei campanili, sbucando dal bosco vicino. Nara apriva loro le porte e la notte si concedeva loro per un ballo soltanto. Un tragico lento.Alla serata di gala chiunque poteva prendere parte, a proprie spese.
Il malcapitato che si trovasse ancora a respirare l'aria lunare, dimentico degli avvisi strillati per radio, tv, web e quant'altro, veniva immediatamente prelevato da terra e innalzato a tre metri d'altezza (solitamente su un albero, su un tetto o, se il predatore era un tipo più romantico e amava i preliminari, su un posto più intimo).
Ciononostante, lo sfortunato non faceva mai a tempo a godere del panorama circostante e sottostante poiché aveva già due bei buchi sul collo e un'anemia incurabile.
Se era, nella sfortuna, abbastanza fortunato... perché poteva succedere che il suo assalitore non fosse proprio un infermiere votato alla precisione e, in quel caso, i buchi non si limitavano solo a due forellini...
Tanto peggio se l'oggetto del desiderio finiva conteso in un incrocio di interessi tra predatori inesperti. Qualcosa di indicibile...Durante quei mesi Nara – com'era prevedibile – era andata spopolandosi rapidamente. Dei diecimila abitanti originari, quasi duemila anime sparute e spaurite giravano a piede libero in città e solo seimila si erano effettivamente trasferite in qualche altro centro, ovviamente molto lontano. Tutti gli altri avevano fatto la fine del calamaro essiccato.
Rimaneva tuttavia un mistero per il mondo intero il fatto che solo Nara fosse bersagliata da canini volanti e che, nonostante le varie fughe, nessuno dei vampiri si fosse messo alla ricerca dei fuggiaschi. Probabilmente l'essere un Narino non contava per le loro papille, che prediligevano il chilometro zero.Suscitava infine stupore il fatto che chi avesse deciso di restare, lo facesse per convinzione che tutto sarebbe finito presto, più che per una questione di cocciutaggine affettivo-economica contraria ai traslochi.
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A Light Dark Comedy
ГуморUna donna, un vampiro, una città. Una sola notte per dirsi tutto. Ma proprio tutto.