Realtá o no? (Capitolo 16)

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Ad un certo punto non sento piú in calore delle lenzuola che avvolgono il mio corpo e quello di Fede, non sento piú il dolce abbraccio di Fede, non sento niente, tranne il freddo contatto con un qualcosa che sembra una poltrona di pelle.

Apro gli occhi e davanti a me non vedo la camera del mio ragazzo ma una stanza diversa: è tutta bianca (porte comprese), fredda e veramente poco luminosa. Probabilmente l'unica fonte di luce è quella che proviene dalle ante della finestra leggermente socchiuse.
Guardandomi intorno vedo che c'è un grosso mobile bianco con appoggiata sopra una scatolina rossa di velluto con scritto:" Per la mia dolce e amata Giulia". Son sicura che è di Fede perchè ho riconosciuto la sua calligrafia.

Cerco di alzarmi per raggiungere la scatolina ma non ci riesco, vorrei ma non posso. Mi sento come bloccata da delle corde invisibili...
Cercando di liberarmi noto che indosso ancora la maglietta di Federico, almeno questo mi tranquillizza un pochino...
Non sono ancora riuscita ad alzarmi e tutte le volte che ci provo sento una vocina nel mio cervello che mi dice:
"Fidati non ti alzare, lo fa par il tuo bene"
Chi? Chi lo fa per il mio bene? Chi?!

Non ci capisco piú niente.
In questa stanza regna il silenzio totale.
Ora che ci penso sembra quella di un ospedale, ma che ci faccio io all'ospedale?
Mi guardo braccia, mani e gambe per vedere se mi sono fatta qualcosa, ma niente...
Ma allora che cosa ci faccio all'ospedale?

Ora le "corde invisibili" di sono allentate e sono riuscita ad alzarmi e questa volta la vocina mi dice :" Te l'avevo detto", non ho ancora capito a cosa si riferisca ma ho la sensazione che lo scopriró presto..
Fede. La vocina aveva ragione.
È lí, immobile, sdraiato sul lettino d'ospedale, con dei tubicini nel naso per aiutarlo a respirare.
Inizio a sentire del leggeri BIP che man mano si fanno sempre piú forti. A questo punto sento delle persone correre da fuori, probabilmente sono dei dottori e infatti non mi sbaglio.

Spalancano la porta e si catapultano verso il lettino, ignorandomi completamente. Uno di questi, molto magro e pelato di nome Gianfranco, grida all'altro di prendere il defibrillatore, un altro prepara degli strumenti e un'infermiere, che assomiglia molto a Carla, sta riportando tutto sulle sue schede.
Il tipo magro e pelato di prima prende in mano il defibrillatore, cioè due cosi che sembrano ferri da stiro a rettangolo che servono per rianimare una persona affetta da arresto cardiaco.
Grida: "LIBERA"
Prima scossa. Fede fa un salto enorme sul lettino

Gianfranco grida ancora: "Aumentare la potenza! LIBERA"
Seconda scossa. Un altro salto.

Ancora:" Aumentare la potenza! LIBERA"
Terza e ultima scossa. Un altro salto.

Le ultime parole di Gianfranco mi lacerano il cuore come nemmeno un colpo di pistola potrebbe fare.
Mi accascio piangendo a terra e sbatto i pugni a terra fino a farli sangiunare. Non posso sopportare un dolore simile.

"Ora del decesso: 13:56"

~~~~~~~~~
Ciao a tutteeeee/iiiiiiii!!

Come vi sembra questo capitolo?

Passate a leggere la mia altra storia " Come Stoccare La Gente? No Problem!"

Kiss
~giuly010

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