Il giorno dopo quando entro in pasticceria Eleonora indossa un completo giacca e pantalone stranamente formale sotto il grembiulino.
È di nuovo occupata con i clienti e io voglio dimostrarle che sto iniziando a muovermi da sola, senza aiuto di balie, baby-sitter o sorveglianti di sorta, quindi faccio un cenno di saluto sia a lei che a Daniele e mi avventuro coraggiosamente nel laboratorio tutta sola.
Becco Mureau chino su una teglia, armato di sac à poche e impasto rosa. Sembra un robot: si abbassa di pochi centimetri sulla teglia, preme il sacchetto per tre secondi, si tira su e fa un passetto a destra. È ipnotico...
«Con tutte le cose che ho da fare, mi imbestialisce sapere che, quella che dovrebbe essere la mia assistente, se ne sta sulla porta a perdere tempo» spiega con un tono di voce basso e regolare, in pieno contrasto con la furia che dichiara di provare.
Giù, tre secondi, su, passetto a destra.
«Davvero? Perché sembri decisamente tranquillo» gli faccio notare. Mi avvicino allo stesso armadietto di ieri e scambio casco e borsa con il grembiule.
«Se mi agito i macarons escono bitorzoluti.»
Sollevo le sopracciglia. «A-ah» rispondo vaga. Mi sistemo, poi mi avvicino mentre indosso i guanti: osservando la teglia, mi rendo conto che l'impasto è geometricamente disposto in cerchi tutti uguali ed equidistanti l'uno dall'altro. Impressionante e inquietante al tempo stesso.
«Wow» gli concedo.
«Oui, i professionisti lo sanno fare per davvero» mi fa notare saccente.
È bravo: riuscire a sottintendere l'inferiorità altrui in così tanti modi, necessita una conoscenza linguistica davvero vasta.
Vorrei infilargli un dito nella teglia e scombinargli tutto l'impasto per costringerlo a ricominciare. Per un secondo riesco quasi a immaginare la piacevolezza della sua espressione stupita e oltraggiata, mentre fisso i suoi capelli con l'aria di chi potrebbe finire, ma decide di risparmiare, un nemico ferito.
Sono superiore, anche perché non voglio essere licenziata esattamente il giorno dopo aver firmato un contratto di lavoro sospettosamente vantaggioso.
«Mi spieghi?» domando quindi.
«Eleonora ha un incontro al quale non può presentarsi a mani vuote» dice. Si tira su e appoggia la sac à poche sul tavolo. «Sono venti al lampone, venti al cioccolato, venti alla vaniglia e venti al limone.»
Indica alcune teglie ricoperte da adorabili dischetti marroni, beige e gialli. Sbadigliando infila quelli che ha appena preparato nel forno, imposta il timer gallina e si avvicina ai fornelli; versa alcune ciotoline di ingredienti che aveva già preparato e inizia a girare il composto con una frusta a fuoco basso.
«Quanti macarons hai fatto nella tua vita?» domanda, osservandomi mentre sollevo una metà di biscotto e la studio: sono davvero molto belli, lucidissimi, regolari, con il bordino intorno.
Non ne ho fatti molti. Ovviamente ci ho provato e ammetto che erano venuti piuttosto carini e buoni per essere la prima volta, però sicuramente non erano come questi.
La risposta sarebbe "Non abbastanza", ma mi mantengo vaga con un: «Non li ho contati.» Deglutisco e gli lancio un'occhiata inquieta: Mureau mi sta fissando in attesa che sia più sincera.
«Alcuni» butto lì con nonchalance.
Lui mi osserva ancora, mi soppesa, per alcuni secondi gli unici rumori del laboratorio sono il ticchettio del timer-gallina e il raschiare della sua frusta sul fondo della pentola. Alla fine sospira, più arreso che arrabbiato. «Non so pas perché ti chiedo le cose» spiega.
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Patisserie Française
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