Faith's pov
Come aveva detto Ashton, dopo circa due ore arrivarono i bagagli e le mie cose che i miei genitori mi avevano spedito. Non persi tempo a ringraziarli mentalmente, né per messaggio, mi avevano pur sempre chiusa qui. Ringraziai l'inserviente che mi era venuto ad avvisare e scesi al piano di sotto per firmare i documenti per poter ritirare i miei bagagli. Dal momento che ero al quinto piano e non avevo voglia di fare le scale presi l'ascensore, e poco prima che si chiudessero le porte entrò un ragazzo biondo e altissimo, con un piercing nero al labbro inferiore.
«Ciao.» mi disse, dopo che si fu accorto della mia presenza.
«Ciao.» risposi fredda. Non mi piaceva dare troppa confidenza agli sconosciuti, e in più avevo l'impressione che lui fosse uno di quei ragazzi che se la tirava come il mio gatto Roy mentre faceva le fusa.
«Non ti ho mai vista qui. Come ti chiami?»mi domandò, sicuramente sperando in una risposta.
«Si, sono nuova, mi chiamo Faith.»risposi con lo stesso tono ghiacciato di poco prima.
«Okay, sei al primo anno?»
«Si.»
«Come mai hai iniziato l'anno scolastico così tardi?»
«Scusa ma non credo sia una cosa che ti riguardi.» "senti carino si può sapere che c**** vuoi? Mi sto seriamente rompendo i c*******!"
«Okay, scusa.» blaterò, prima che si aprissero le porte dell'ascensore. Il tipo che aveva bussato alla porta di camera per avvisarmi dell'arrivo delle mie valigie mi disse che dovevo chiedere in segreteria, così mi avvicinai allo sportello e la segretaria si girò verso di me. Non era Emma, ma un'altra donna, con il lineamenti ben marcati.
«C'è qualcosa che posso fare per te?»mi chiese dolcemente. Mi ero sbagliata, avevo subito pensato che fosse severa e per niente tollerante, ma mi sbagliavo, al contrario, è davvero gentilissima.
«Si grazie. Sono Faith Smith, devo ritirare i miei bagagli.» spiegai
«Aspetta un minuto cara, controllo la lista.»
«Si certo.»
«Si ecco, Faith Smith, i tuoi bagagli sono stati portati qui da Morgan Taylor, tua madre giusto?»avrei voluto gridarle che ormai in cuor mio non era più mia madre, che una madre non avrebbe mai fatto quello che mia madre aveva fatto a me, ma rimasi zitta, desideravo solo tornarmene in camera. A parte per il fatto che non sapevo chi fosse la mia compagna di stanza, dato che quando ero entrata lei non era ancora tornata; spero solo che sia una persona quantomeno con un po' di cervello, e non una di quelle ragazze che passano tutto il giorno a farsi dei tizi. Annuii debolmente con la testa. La donna mi fece entrare nel grande ufficio e mi mostrò le mie valigie. Una, due, tre, quattro, cinque. Cinque valige e...uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette. Sette borsoni. CINQUE VALIGIE E SETTE BORSONI! Come cavolo farò a portarli fino al quinto piano?! Le guardai per un po', allibita, poi ringraziai la donna e uscii dalla segreteria portando fuori a poco a poco le valigie e i borsoni. Ora però non sapevo proprio come portarli al quinto piano. Mi scervellai, e provai innumerevoli volte a sovrapporre i borsoni alle valigie per cercare di farle entrare in ascensore, ma nulla, era impossibile.
«Ehi, bionda!» sentii chiamare. Mi girai e mi trovai davanti Michael. I suoi capelli mi facevano sempre uno strano effetto, tutte le volte che lo vedevo, però una cosa era sicura: di certo la fantasia non gli mancava.
«Ehm, ciao...?» lo salutai
«Ti serve una mano?» mi stava veramente chiedendo di aiutarmi? Era il primo che lo chiedeva, tutte le altre persone si erano limitate a passarmi vicino, indifferenti, o a ridere fra loro.
«Si grazie!» quasi esclamai, aggiungendo subito dopo un sorriso. Michael iniziò a prendere due valigie e a sovrapporvi dei borsoni, ed io feci lo stesso. In due minuti finimmo di mettere tutte le valigie in ascensore e schiacciammo il pulsante del quinto piano. Perché io non c'ero riuscita-sebbene avessi fatto la stessa cosa-e lui si?!
«A quale piano devi salire?» chiesi, per attaccare conversazione.
«Al quinto anche io, che camera hai?»
«Un momento, dovrei avere ancora il bigliettino di Emma.» frugai un po' nella tasca destra dei pantaloni ed esultai quando trovai il bigliettino che Emma aveva piegato accuratamente per indicarmi la stanza. Lo aprii e vidi la sua calligrafia ordinata-tipica di un adulto, ma moderna come quella dei ragazzi di oggi-indicare la mia stanza.
"Faith Smith,
stanza 548."
«Io sono nella 548, tu?» risposi, dopo aver riposto il bigliettino nella tasca ed aver estratto la chiave della camera.
«Io sono nella 544, siamo nello stesso corridoio!» rispose allegro.
«Fantastico, anche tu hai dei compagni di stanza o hai una camera tutta per te?»
«Oh no, anche io ho un compagno di stanza, è Calum, quello che oggi era seduto vicino a me in classe, Ashton invece è in camera con Luke, un ragazzo alto, biondo, piercing nero al labbro inferiore...fare strafottente?» ebbi un sussulto quando realizzai che quello che Michael mi aveva descritto era il ragazzo che mi aveva assillato in ascensore. Fantastico, ora avrei dovuto sopportarlo tutte le volte che si sarebbe presentato con Ashton!
«Si, l'ho incontrato prima in ascensore, o almeno credo fosse lui.» Proprio mentre stava per parlare, le porte dell'ascensore si aprirono sul nostro corridoio e noi ci affrettammo a portare le valigie nella mia stanza.
«Ah però!» fu il commento di Michael dopo aver visto il mio alloggio.
«Il tuo non è così?» mi guardò con invidia.
«No, se lo vuoi sapere la mia stanza è un totale cesso, forse c'entra anche il fatto che i proprietari siamo io e Calum, ma il punto è...che è un cesso!» gesticolò per enfatizzare il tutto. Dopo di questo non mi trattenni, anzi, gli scoppiai a ridere in faccia come se non ci fosse un domani.
«Ti diverti eh?» lo guardai mentre ancora mi tenevo la pancia, che ormai mi faceva male a causa delle troppe risate, e gli chiesi scusa, senza lasciarmi sfuggire qualche piccola risata di tanto in tanto.
«Ora devo andare, se hai bisogno di qualunque cosa bussa alla porta, ok?» okay, questo era decisamente un ragazzo d'oro, quasi come Ashton.
«Grazie Michael.» gli sorrisi, un sorriso che esprimeva gratitudine e fiducia, perché si, dopo tanti anni finalmente mi fidavo di qualcuno.
«Non c'è problema, e chiamami Mickey. Ci si vede in giro bionda!»
«Io mi chiamo Faith!» dissi ridacchiando un po'.
«Lo so, ma io ti chiamerò sempre bionda.» mi fece l'occhiolino e uscì dalla stanza. Dopo aver fatto una bella doccia, decisi che era arrivata l'ora di disfare quei maledetti bagagli, quindi mi avviai verso al mio letto, dove li avevo lasciati. Guardai con disgusto le valigie, prima di iniziare ad aprire la prima. Conteneva i miei oggetti personali e tutte le cose a cui mia madre sapeva che tenevo, come pupazzi, giocattoli di quando ero piccola o fotografie. Passai alla seconda valigia, quella la avrei svuotata più tardi, ora volevo mettere a posto le cose più importanti. Le tre valigie e mezzo successive contenevano vestiti e scarpe, però c'era qualcosa che non quadrava: non mi ricordavo di avere così tante cose nel mio guardaroba. Scoprii il motivo in fondo alla quarta valigia, dopo averla svuotata.
"Faith, so che ti abbiamo ferito facendo quello che abbiamo fatto, ma non ce la facevamo più a vivere vedendoti così. Tu probabilmente non ci davi peso, ma per noi era una tortura vederti così. Ci dispiace tanto. Ti vogliamo bene.
Mamma e papà."
Pensavano davvero di poter comprare il mio perdono comprandomi almeno altri due armadi di vestiti? Beh no. Strappai il bigliettino, e senza che me ne accorgessi delle lacrime iniziarono a rigare il mio volto. Non sapevo nemmeno perché piangevo, non avrei dovuto, ma mi sentivo tradita, e la cosa peggiore era che a tradirmi era stata mia madre. Andai avanti a disfare l'ultima valigia, nella quale, tanto per cambiare, c'erano giubbotti e capi di vestiario invernale, non capisco perché, a Los Angeles c'è sempre tantissimo caldo. Ci misi tantissimo tempo solo per riporre i vestiti nell'armadio. Per le scarpe invece, non ci misi così tanto, infatti quando finii in meno di dieci minuti mi stupii vedendo la scarpiera piena e in ordine. Disfai i bagagli, e scoprii che i primi quattro borsoni contenevano i libri che avevo quando ero a casa mia, e anche qui i miei genitori pensavano di potermi comprare. Questa volta però, lo capii molto prima di trovare un biglietto di mio padre che recitava:
"So che questo non ti ripagherà del fatto che ti abbiamo allontanata da casa, ma ho pensato che ti sarebbe piaciuto continuare a leggere. Ti voglio bene.
Papà."
Per quanto il mio orgoglio in quel momento mi urlasse di strappare anche quel bigliettino e dargli fuoco, non ci riuscii, non con il biglietto di mio padre. Mi guardai intorno e decisi di riporre i miei libri nella libreria vicino al letto, che era esattamente identica a quella della mia futura compagna di stanza. Riposi tutti i libri ordinatamente e una volta finito mi allontanai e guardai l'ordine che c'era nella camera. Ero insoddisfatta, sentivo che mancava qualcosa...ma certo! L'ultimo borsone! Lo guardai e mi chiesi cosa diamine potesse esserci dentro, la curiosità mi bruciava dentro. Quindi mi ci avvicinai e lo aprii. Mi pietrificai. Nel borsone, avvolti dal cellophane, giacevano il mio arco e la faretra, con le frecce. Li tirai fuori accuratamente e frugai nel borsone, sperando che mia madre avesse riposto anche il sostegno dell'arco per poterlo appendere al muro, e lo trovai. Appesi quindi l'arco al muro e mi diressi a mettere in ordine il bagno.
«Non lo so, Luke! Sì, okay, d'accordo, a dopo.»
«Ok, ci vediamo dopo Chris.»
«A dopo.» Dopodiché sentii la porta sbattere ed uscii dal bagno per controllare. Davanti a me, una ragazza con i capelli rosa, stava appoggiando le sue valigie e i suoi borsoni.
«Oh, ciao. Tu devi essere la mia compagna di stanza, piacere io sono Christina, sono arrivata poco fa, ero sui già l'anno scorso, per cui, se hai bisogno chiedi pure.» Sussultai. Non mi aspettavo una compagna di stanza così pacifica, anzi, mi immaginavo uno stereotipo delle arpie dei film, quelle riccone che fanno di tutto per renderti la vita impossibile.
«Grazie. Io sono Faith, ehm...ho già sistemato le mie cose, se ti da fastidio qualcosa dimmi pure. Ho già anche sistemato il bagno, vuoi dare un'occhiata?» Alla fine di questa frase feci un respiro profondo, e mi stupii donne stessa.
«Certo, con piacere.» E mi sorrise. Non appena entrò in bagno spalancò la bocca e ad un certo punto mi chiesi se non si fosse pietrificata.
«Questo bagno è...wow!»
«Beh, ti ringrazio...»
«Cavolo è tardissimo! Devo andare, a dopo!»
«Okay, a dopo ehm...Chris(?)» Era strano per me convivere con una compagna di stanza così eccentrica, ma ero felice, almeno avevo qualcuno sul quale contare se ne avevo bisogno. Guardai l'arco e poi l'orologio e mi alzai in piedi, diretta alla postazione di tiro con l'arco.
***
Perdonatemi se non mi sono più fatta sentire per ben sei mesi ma non avevo nemmeno un briciolo di idee per continuare la storia. Questo capitolo lo avevo iniziato a giugno, finiti gli esami, poi però le idee sono venute a mancare ed io non sono più andata avanti. Mi sono pertanto ritrovata ad aggiornare il giorno del mio compleanno. Spero che questo capitolo vi piaccia perché ci ho messo impegno a scriverlo e mi sono anche immedesimata molto in Faith e nelle emozioni che prova, e ho messo un po' di me stessa in ogni parola scritta in questo capitolo. Cosa ne pensate di Christina, sarà una costante o una variabile nella vita di Faith? E che dire di Michael, Luke o Ashton? Andrà d'accordo con tutti? Per quanto riguarda l'incontro con Calum, stavo pensando di farlo accadere ne tra poco, ne tra troppo tempo. Spero di aggiornare presto, grazie a tutti.
Asia❄️
STAI LEGGENDO
Eremofobia
Teen Fiction"Loro due erano due pezzi rotti, che insieme si incastravano perfettamente."