In mensa sono seduta vicino ad Astrid. Io lo guardo, lui mi guarda. I suo sguardo mi fa venire le farfalle allo stomaco.
Perché sto pensando queste cose, è un tale coglione, non posso minimamente pensare a lui.
Senza accorgermene, si sta avvicinando a me. Astrid e gli alti iniziano a guardarci con stupore e inconsapevolezza.
Ciao bimbetta, faccio un urletto, è nella mia testa. Si sono io, hai scoperto come mi chiamo? Annuisco, nel frattempo mi trovo fuori dalla mensa con questo ragazzo a qualche palmo da me. Allora mi dici secondo te quale sarebbe il mio nome? Non riesco a parlare, sono come pietrificata. "Nathan" "Nathan Butler" sussurro dopo un po'. Un sorriso appare sulla sua faccia, cosa che mi calma molto. Mi ha bloccata al muro, le sue mani si tengono alla parete per evitare di toccarmi, però tutto il resto del corpo è così vicino che quasi riesco a percepire il suo calore. Ho paura, non so cosa sta per succedere o sta per farmi, però so che non mi farà del male. Sento la campanella suonare e anche lui, ma facciamo come se non fosse accaduto nulla, siamo sempre lì che ci guardiamo intensamente. Bimbetta dovremmo andare a lezione. Le sue parole rimbombano nella mia mente mentre cerco di analizzare quello che ha detto. Nathan sai stacca dalla parete e mi guarda in un modo come se fossi l'unica persona di cui gli importa veramente. Senza dire una parola lui se ne va. Quando è abbastanza lontano tiro un sospiro di sollievo, apro l'armadiretto e continuo a pensare a quello che è successo poco fa. Come ha fatto a parlarmi nella mente ? Come riesce a farmi perdere la testa tutte le volte che lo vedo ? E soprattutto, come mai fa così con me ? Appena entro nell'aula di matematica, mi manca il respiro. È seduto al posto di Astrid, quello di fianco a me. No. No. No. Nella mente penso "Basta ora vado fuori da questa classe, non posso stargli così vicino, non c'è la faccio, non si poteva sedere da un'altra parte..." sul suo viso spunta un sorriso che mi fa mancare il fiato, riesce a sentire i mai pensieri, annuisce. "Miki, potresti andarti a sedere per favore" mi dice molto gentilmente il prof. Andrew, faccio come mi chiede.
Sono come imbambolata dalla sua bellezza, non riesco a pensare ad altro, non m'importa se sente i miei pensieri. È finita l'ultima ora, sono nel parcheggio quando sento il solito calore al braccio dovuto alla mano che me lo stringe. Cerco di non voltarmi, non riesco a rimanere lucida quando guardo i suoi occhi di ghiaccio. La sua mano si sposta sul mio viso che delicatamente lo fa girare verso di lui. Hai paura ? Scuoto la testa, anche se fosse non glielo direi. Non so che fare. Dovresti averne, rimango a bocca aperta, la mia mente mi grida "Miki scappa, a cosa stai pensando, ti farà del male", ovviamente non ascolto la vocina. "Perché dovrei avere paura di te?" "Perché?!" "Si, perché dovrei aver paura di un ragazzo che per qualche strano motivo riesce a parlare nella mente e a leggere nel pensiero?" "Perché sono un mostro" "Non sei l'unico", la sua mano prende la mia vita, sussulto per un istante. Si sta avvicinando sempre di più a me, mi viene da mordicchiare quelle labbra così carnose e piene di un non so che.
Il mio cellulare inizia a vibrare e nell'area intorno a noi risuona la canzone di Bastille-Pompei. Non ho mai odiato il mio telefono così tanto, Nathan si stacca immediatamente e inizia a ridere come un pazzo. Lo guardo perplessa e poi prendo quel dannato telefono e gli faccio segno di stare zitto, è mia madre. "Si pronto mamma" "Ciao piccola, a che ora pensi di arrivare?" "Tra poco" "Okay, ti va se stasera mangiamo cinese ?" "Si si va bene" "Salutami il ragazzo con cui sei", non ci posso credere, rimango a bocca aperta. Come cavolo faceva a saperlo? La chiamata imbarazzante con mia madre finalmente è finita e mi accorgo che ho il fiatone come se avessi corso, che vergogna. "Devo andare", lo saluto e se ne va, quasi mi dispiace che non mi abbia detto "Vuoi che ti accompagno ?".
Arrivo a casa piena di domande, apro la porta e nel salotto trovo mia madre che guarda la tv. "Ciao" è il misero saluto che le rivolgo, "Ciao cucciola, non devi per forza raccontarmi quello che succede, però ti prego stai attenta" "Certo mamma, come sempre", sono contenta che non mi abbia fato l'interrogatorio, non l'avrei retto. Vado i camera e apro il PC, trovo una mail da un indirizzo sconosciuto:
Buongiorno Miki, tu non mi conosci ma io si, ti sto tenendo d'occhio da quando sei arrivata. Non dovresti frequentare quel ragazzo, non ti porterà niente di buono.
C'è una cosa che non penso ti abbiamo detto. Se la vuoi sapere vediamoci da Starbucks domani mattina alle 8, così saremo in mezzo alla gente e non sarai a disagio.
Grazie, mi riconoscerai non preoccuparti. Ah quasi dimenticavo, non dire a nessuno di questa mail e appena la leggi eliminala.
Rimango scioccata, ho una tale paura. Cosa faccio ? Vado ? Non vado ? Non so, devo parlarne con i miei genitori ? Ho un mucchio di domande ma non so come rispondere, ma soprattutto ho una paura da fare concorrenza a Ron Wesley.
La sera la passo con ansia, paura, perplessità, cos'è che non mi hanno detto? Basta ho deciso, andrò all'incontro.
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Lui, il mio cambiamento
FanfictionÈ una caldissima giornata di luglio e mi sono appena trasferita negli Stati Uniti, per tanti ragazzi sarebbe una cosa stratosferica,ma non per me. Stavo così bene a Londra, con la pioggia quasi perenne, le nuvole, le persone scontrose; era il mio am...