Parte 1

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«Capisci, vero?», dice Carly «Mi dispiace rompere ad una festa, ma non mi sembrava giusto rimandare». Incrocia le braccia al petto, accentuando quanto poco la copra quel da spiritello.
«Già», rispondo con un cenno della testa, troppo scioccata per aggiungere altro. Lancio un'occhiata al cowboy con cui l'ho beccata a parlare, il quale se ne sta a distanza di sicurezza con due bicchieri rossi in mano. Ne deduco che sia lui la ragione per cui ha voluto parlare adesso anziché dopo.
Non è che la nostra fosse una storia seria. Insomma, sono solo tre settimane. Carly mi prende per la visiera del cappellino e mi bacia sulla guancia prima di svanire nella nebbia artificiale della festa di Halloween. Guardo i due bicchieri che ho in mano e cuoto la testa. Che strazio. Scolando una delle due birre, esco alla porta che affaccia sul retro della casa. Non ci penso neanche a rimanere, ora.
Svolto l'angolo e appoggiata al muro della casa trovo una coppietta che mi ricorda cosa non farò stasera. Non ci voleva. Ma mentre mi avvicino mi rendo conto che non stanno pomiciando, stanno litigando... Anzi, lei lo sta scaricando.
«Non toccarmi», sbotta la ragazza, vestita di nero dalla testa i piedi. Dato che si mescola alle ombre della casa, all'inizio non i accorgo che indossa un costume da ninja. Poi noto che tiene in mano qualcosa che luccica come una lama. «Questo sedere non è per te, e se ti permetterai anche solo di guardarlo ti taglio le palle, capito?».
Il tizio con un camice da dottore annuisce, i suoi occhi passano dallo sguardo di lei alla lama. Sembra vera, e lei sembra abbastanza arrabbiata da poterla usare. Se fossi al suo posto, nemmeno io direi parola.
Bevo un sorso di birra cercando di anticipare la prossima mossa di lei. E invece si allontana. Che delusione. Pensavo che gl avrebbe dato almeno una ginocchiata.
«Stronza psicopatica» dice il chirurgo, ma non abbastanza forte da farsi sentire. Credo preferisca proteggersi le palle.
Si appresta a usare l'ingresso sul retro, rimanendo alla larga dalla ninja. Mossa intelligente. Ingollo il resto della birra, il bicchiere sull'erba e la seguo, curiosa di vedere dove sia diretta. Cammina a passo svelto verso il marciapiede e poi continua in quella direzione.
«Cidal!», grida una ragazza, uscendo di corsa dalla porta principale.
«Cidal, dove vai?». Pastafrolla alle fragole quasi mi finisce addosso. Alza la testa e spalanca gli occhi per la sorpresa. «Oh, ciao Lauren!». Sorride, le guance truccate diventano rosse.
Mi ci vuole qualche istante per riconoscerla.
«Ally, come stai?»
«Uhm». Lancia un'occhiata al marciapiede dove Cidal si è ermata.  «Sto bene, ma devo andare». Mentre si allontana dice: «È stato bello vederti. Dovremmo...»
«Volete un passaggio?», le chiedo, guardando prima lei poi la testa calda con le mani sui fianchi.
«Certo».
«No!»
I miei occhi saltano dall'una all'altra, e sono incerto su che risposta scegliere.
«Dài, Cidal, fa freddo. Lascia che ci accompagni».
«Ho bisogno di fare due passi».Cidal si volta e continua camminare sul marciapiede, sospira e le va dietro. Non posso farne a meno: sono incuriosito e le seguo.
«Stupidi stronzi», borbotta la ninja dietro la maschera, concentrata sui suoi passi.
«È una brutta serata per lei», prova a spiegarle Ally.
Studio la ragazza in nero con attenzione. Ha il viso nascosto, solo una fessura rivela i suoi occhi. Il mantello nero e i pantaloni non sono stretti, ma non nascondono nemmeno il fatto che là sotto ci sia una ragazza. Diciamo solo che sarebbe sexy anche coperta da un sacco della spazzatura. Aggiungi l'alone di mistero che deriva dal non sapere che aspetto abbia e all'improvviso mi accorgo di essere leggermente bagnata. Quello scemo doveva tenere le mani a posto.
«Come sono i tuoi corsi questo semestre? Hai già scelto una specializzazione?», mi chiede Ally. Sposto l'attenzione dal ninja fumante di rabbia, che nel frattempo continua ad imprecare. Iniziò a pensare che potrebbe tornare alla festa e offrire al chirurgo l'occasione per un'operazione.
«Direi bene. E no, non ho ancora idea di quello che voglio fare da grande».
Ally ride. «Speravo di frequentare un altro corso insieme. lo scorso semestre mi hai salvata in storia dell'arte. Non credo che sarei riuscita a rimanere sveglia senza tutti i tuoi commenti sulle slide» Ally mi sorride, un timido tentativo di seduzione le brilla negli occhi. Lo ignoro.
«Perché non hai accettato il passaggio?», si lamenta con l'amica.
«Fa freddo». Si stringe nelle braccia con un brivido.
Mi fermo per togliermi la camicia di cotone a righe che ho sopra la maglietta. «Ecco».
«Grazie». Ally sorride e se la getta sulle spalle.
Cidal ci aspetta con le braccia incrociate, squadrandomi sospettosa. Abbasso gli occhi sulla mia maglietta, perché magari è strappata o macchiata. Quando me la sono messa non l'ho controllata troppo bene.
«Cosa?»
«E tu chi saresti?» chiede Cidal, girandosi di scatto per riprendere a camminare.
«Un ubriaca che va all'università».
«Non proprio originale», commenta sarcastica.
«Cosa? Ne hai visto un altro alla festa? Credevo di essere l'unica».
Ally ridacchia. Cidal grugnisce. Ispeziono il metallo luccicante infilato nella cintura. Quelle armi sono vere. «Sai come usarle?»
«Vuoi scoprirlo?»
«Cidal!», la rimprovera Ally. Poi mi guarda con aria mortificata. «Mi dispiace, di solito non si lascia andare cosi. Okay, sì. Ma mi dispiace comunque».
«Non devi scusarti per me. Specialmente quando sono presente»
«Non sono offesa», rassicuro Ally, guardando Cidal, i cui occhi si stringono impercettibilmente. È troppo buio per capire di che colore siano sotto quella maschera, eppure hanno una forma esotica che mi è inspiegabilmente familiare. «Non accetterò la tua offerta di dimostrare la tua bravura con le armi, però. Anche se non sai quel che fai, è probabile che faccia male. E il dolore non mi piace granché».
Lo sguardo di Cidal cambia, forse le ho strappato un sorriso.
Proseguiamo nel nostro semisilenzio imbarazzante, mentre Ally cerca di scaldarsi e Cidal borbotta.
Cerco di guardarla meglio, ma tiene la testa bassa e i pugni stretti lungo i fianchi. È la ragazza più furiosa che abbia mai visto.
Finalmente ci fermiamo davanti al loro dormitorio sotto un'accecante luce arancione.
«Grazie per averci accompagnate», dice Ally, un po' demoralizzata quando nota che la mia attenzione è focalizzata sull'amica. Si toglie la camicia dalle spalle e me la restituisce.
«Figurati», rispondo, e le offro un sorriso veloce prima di volgermi a Cidal. «Piacere di averti conosciuta». «Non abbiamo...» esordisce. Ma le sue parole rimangono in sospeso quando i nostri occhi si incontrano. Tutto intorno a me sbiadisce. Non ho mai visto un paio di occhi più marroni. Potrei rimanere qui imbambolato come un idiota a fissarli tutta la notte. Lo so, perché li ho già fissati prima. «Buonanotte», dice Ally.
«Buonanotte, Ally», rispondo con la voce roca. E quando mi volto, la ragazza in nero sta già attraversando la lobby.

Non ho mai guardato un occhio tanto a lungo prima d'ora. Ci sono cosi tante forme, cosi tante linee. Più lo osservo, più colori trovo. Vicino al centro c'è una sfumatura di marrone cosi chiara che sembra a malapena un colore. Allargandosi, il marrone sembra farsi sempre più scuro, come una tempesta che si dissolve per lasciar spazio a un cielo pulito. La linea attorno ai suoi occhi è cosi scura... come la mezzanotte. Giuro che c'è ogni sfumatura di marrone, capire persino qualche filo d'argento. Concentrarmi sui diversi colori mi impedisce di battere le palpebre. Voglio avvicinarmi per vederli tutti. «Dinah, smettila o rovinerai il gioco», sento dire a Rae alle mie spalle. «Cos'è? Sei gelosa che non stia guardando te?»
«Taci, Rae!», sbuffa Dinah quando Rae ride. Le ciglia lunghe e scure di Camila si abbassano all'improvviso.
Indietreggio e sbatto le palpebre alcune volte. Ho gli occhi secchi mentre perche li ho tenuti aperti troppo.
Camila mi guarda e sorride, le guance rosa. «Hai vinto».

«Non può essere lei», mormoro. Mi appoggio al bancone del bar, che è praticamente un'asse di legno messa su due pile di casse di latte. Si sposta sotto il mio peso, non è fatto per sostenere le persone.
«Sorella, che dici?», chiede Eric seduto davanti a me. «È un'ora che parliamo di occhi. Sei ubriaca?» «Non capisci!», esclamo. «Ha i suoi occhi».
«Okay. Come vuoi. Meglio che non torni a casa in macchina. Stasera rimani qui, il divano è tutto tuo».
Annuisco, le palpebre pesanti. Barcollo verso il divano marrone scuro e mi ci lascio cadere sopra. Eric mi lancia una coperta, che mi atterra in mezzo alle gambe. La lascio li, non mi preoccupo nemmeno di coprirmi. Mi metto un braccio sulla faccia e chiudo gli occhi.
Cerco di convincermi di averlo immaginato. Ho incrociato gli occhi della ninja solo per qualche secondo. Ma giuro che quelli erano gli occhi di Camila Cabello.

never without you- CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora