Parte 6

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Aspetto nella zona del bar la mattina dopo, sperando che Cidal si faccia vedere. Me ne vado quando non ho più tempo, altrimenti farei tardi alla lezione di sociologia.
Impreco fra me e me mentre a grandi passi attraverso il campus, prendendo la strada più veloce verso la Stewart Hall. Al professor Tenor piace mettere in imbarazzo chi arriva in ritatdo e preferirei non essere la sua vittima del giorno.
Corro lungo la discesa dietro la Student Union. Prima che possa risalire dall'altra parte, mi fermo. Una ragazza sta rotolando giù dalla collina. La osservo mentre ruzzola in una nuvola di capelli e blu, trascinandosi dietro una sciarpa verde. Si ferma a pancia in su nello spazio fra le due colline allargando le braccia. E poi rimane li. All'inizio sono troppo scioccata per muovermi. Non è una cosa che vedo tutti i giorni... o che vedo in generale. La ragazza non fa nessun tentativo di rialzarsi e io mi avvicino lentamente. Non mi nota. I suoi occhi blu elettrico sono rivolti al cielo.
«Cidal?»
Al suono della mia voce sbatte le palpebre, si concentra su di me e poi mi fa un sorriso così grande che le vedo tutti i denti. «Lauren!».
Incerta su cosa dire ad una ragazza che volontariamente si lancia giù da una collina, chiedo: «Ti aiuto ad alzarti?»
«Non ancora. Sto ballando».
«Cosa?»
Quel che dice non ha senso e inizio a sospettare che la mia idea di un trauma cerebrale non sia poi cosi lontana dal vero.
Oppure è ubriaca.
I suoi occhi tornano ancora al cielo e respira profondamente senza smettere di sorridere.
«Era da tanto che volevo farlo». Non si pulisce i fili d'erba secca dal maglione, né dal resto dei suoi vestiti.
«Hai qualcosa lì...», dico, allungando una mano per toglierle dell'erba incastrata nei capelli.
Scuote la testa selvaggiamente e i capelli ondeggiano cappello marrone. Non aiuta, ma a lei non sembra importare. Non è decisamente la ragazza che ricordo.
«Dove stai andando?»
«In classe. Sono in ritardo», rispondo di fretta.
«Ti accompagno», si offre, iniziando a risalire la collina dalla quale si è appena lasciata scivolare.
La raggiungo. «Quindi lanciarti in discesa è la tua passione?»
«No. Era la prima volta». «Davvero?», domando, divertita dalla sua risposta. «Quindi perché l'hai fatto?»
«Era sulla lista», risponde, come se le sue parole avessero un senso e se io dovessi comprenderle. Solo che non è cosi. Quando si accorge che mi aspetto una spiegazione, esclama con una risata: «Ed è stato divertente! Dài, Laur. Non hai mai sentito il bisogno di fare qualcosa solo perché ti divertiva?»
«Forse», esito. «Solo che non ricordo quando».
«Davvero? Che triste». È davvero dispiaciuta. «La prossima volta dovrai farlo con me».
Rido. «Uh, non ne sarei cosi sicura». Raggiungiamo la cima della collina ed entriamo nell'edificio dove la mia lezione è già iniziata. Mi fermo in corridoio e quando sto per ringraziarla della compagnia sento qualcuno dire «Ehi, bellezza». So che la voce maschile non è rivolta a me, visto che tutto il college è a conoscenza del mio orientamento sessuale.
Cidal strizza gli occhi mentre tre ragazzi ci oltrepassano. «Andate a farvi fottere».
Le sue parole li colgono di sorpresa e anch'io rimango di stucco. Non sono sicura di quale dei ragazzi abbia parlato, o di cosa abbia mai fatto per offenderla, ma probabilmente non la chiamerà mai più bellezza. Voltano la testa. «Stronza».
Sento di doverla difendere, ma il ghigno malizioso sul viso di Cidal mi fa desistere. Lascio che si allontanino senza interferire. «Li conosci?», le chiedo, cercando di capire cosa successo.
«No», taglia corto.
«E allora cos'era quella scena?»
«Non sanno niente di me», dice fra i denti.
«Okay», dico con un cenno della testa, confuso dal cambiamento estremo di umore.
L'hanno fatta arrabbiare sul serio. Ma poi chi è la ragazza con cui ho a che fare e a quello che ho visto la sera festa di Halloween, e rido fra me e me.
«Cosa?», domanda.
«Mi chiedo dove sia finita».
«Chi?», chiede Cidal, studiandomi con attenzione.
«La ragazza sotto la maschera». «Quale?». Chiede con un sorrisetto. So che è criptica di proposito, non è la prima volta che si comporta cosi. Eppure continuo a rimanere spiazzata perché tutto ciò a cui penso è quello che lei non dice.
Si volta per andarsene. «Ciao, Laur». «Cidal», la chiamo prima che si allontani e lei gira la testa.
«Hai programmi per il fine settimana? Posso chiamarti?». Spero che la richiesta non sembri disperata, ma non posso lasciarla andar via senza essere sicura che la rivedrò ancora. «Non ho un telefono», risponde. «Ci vediamo. Promesso».
Spalanco la porta dell'aula, sorridendo al pensiero di lei coperta da fili d'erba dalla testa ai piedi. «Be', grazie per aver trovato del tempo per noi, Mrs Jauregui!», risuona nell'aula. Tutte le si girano dalla mia parte. Merda. Faccio un cenno di scuse e mi siedo nell'ultima fila, occupando la prima sedia libera che trovo. Finisco per ascoltare si e no metà lezione, ripensando alla ragazza che non è chi  sembra essere. Chiunque sia, mi piace. È bizzarra si, forse un po' estrema. Così diversa dalla ragazza che si rifiutava di parlarmi alle superiori. Indipendentemente da quanto mi piaccia la trasformazione, nessuno cambia in modo così drammatico. Non senza una ragione.

never without you- CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora