La normalità non esiste

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Adesso cosa posso fare? Questo m'inquieta, non so cosa vuol fare e pare pure che sappia qualcosa di tutto questo, ma non solo lui ne sono sicuro. Pare quasi che tutti quelli che siano entrati quest'anno sappiano (lui, il ragazzo di prima, la bidella, il tirocinante), sono sicuro che anche il preside sappia. Siamo solo noi ragazzi a non sapere nulla e lo scopriremo sempre dopo, tardi.

Sento la serratura scattare e questo mi rende inquieto; non l'ho fermato, non ci ho neppure provato e tanto meno pensato, non so neanche perché il corpo non si sia mosso per istinto, non sto cercando di costruire un piano per come andarmene e portare via anche il mio compagno. Nel frattempo il suo sorriso è cambiato, quasi scomparso, ora sembra tornato la solita persona che ho sempre visto in classe freddo e calcolatore.

Lo seguo in tutti i suoi movimenti, sono bloccato, non so cosa stia aspettando, perché vuole occuparsi lui di questo 'problema', infondo è solo svenuto, non penso sia successo altro, credo e spero.

«Stai aspettando invano, scoprirai tutto quando anche il tuo amico sarà in grado di ragionare con la sua testa e non con quella annebbiata che si ritrova in questo momento» mi riferisce non appena è davanti alla finestra e, dal riflesso che scorgo, sembra che osservi con troppa attenzione, come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno.

Fuori dalla porta cominciano a sentirsi diversi suoni che rompono il silenzio che è calato in questa stanza, non so se siano passati secondi oppure sono io che pensando ho lasciato trascorrere un bel po' di minuti, sono qui a guardarli in attesa che accada qualcosa, sperando che sia qualcosa di buono. Mi sto ponendo troppe domande e sto rimanendo senza risposte un po' troppo a lungo e le imprecazioni del nostro 'professore' non preannunciano nulla di buono, non so se si aspettava questo, ma è troppo rispetto al previsto oppure non ci aveva neppure pensato.

La sua espressione non muta nemmeno quando sembra che quelle persone se ne siano andate, anzi, sembra più preoccupato di prima. Ascolta, ma non pensa in alcun modo di aprire la porta e guardare. Non voglio fare congetture su ciò che potrebbe accadere se solo controllasse. Siamo tutti degli egoisti che pensano a salvare solo se stessi in questo momento oppure c'è altro? Non ne ho idea.

«Nulla è cambiato» gli sento dire appena prima che Shindou si svegli mettendosi seduto. Non chiedo, ci penserò un altro momento. Il mio amico sembra come perso, ha un'espressione di chi non riesce a capire il perché si trovi in un dato posto anziché in un altro e, nel vedermi, stringe i pugni.

«Mi spiace non lasciarvi chiarire o altro, ma dobbiamo uscire da qui prima che si accorgano che siamo qui dentro»

«Perché? Perché mai dovremmo seguirti? Io personalmente non voglio trovarmi in mezzo a questa missione o ... non so come la definite, insomma io e lui non c'entriamo in questa storia» sbotto, prima che possa in qualche modo rispondere aiuto il mio compagno ad alzarsi in piedi, ma nel suo sguardo non trovo esattamente la risposta che cerco: è tra una specie di consenso a ciò che ho appena detto ma anche di disapprovazione.

Sento la porta aprirsi e il tipo guardare fuori, ci fa cenno di seguirlo e, anche se controvoglia, lo seguo, più che altro lo sto facendo solo per il mio amico. Durante il tragitto per uscire provo a chiedergli il perché vuole seguirlo e cos'è accaduto questa mattina, ma risponde in modo vago con un 'non lo so' e un 'non mi ricordo'. Mi sento di nuovo fuori da tutto, ma credo che questa volta sia un po' lui che cerca di allontanarmi da questa faccenda e, anche se vorrei dirgli di arrangiarsi, non potrei mai lasciarlo solo.

Al cancello veniamo un po' malamente spostati dalla vista di quelli che possono apparire suoi 'colleghi'. Adesso ho ancora quello strano senso di divisione che ho avuto prima: fidarmi perché nonostante avesse potuto non li ha chiamati, dubitare perché potrebbe essere lui il problema e gli altri la salvezza.

Inazuma eleven: Non cercarmi!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora