«Liz! Liz! Dove diavolo ti sei cacciata?», tuonò la voce di Betha.
«Sto arrivando, arrivo!», suonò la voce lieve di Elizabeth.
In quel momento, una ragazza comparve sulla porta della stanza. La precedeva un grande catino di rame colmo fino all'orlo di acqua fumante. Lo teneva stretto, appoggiato alla vita. Il suo peso costringeva la giovane a barcollare, più che camminare. Se l'avesse vista suo padre in quel momento...
Bertha le andò incontro, dandole manforte. «Liz, che diavolo! - imprecò - Non ti ho chiesto di prosciugare il Tamigi, mi serviva solo un po' d'acqua per detergere la poveretta».
Il rimprovero suonava bonario, e non scosse Elizabeth, ormai abituata ai modi sbrigativi della sua tata. Nella stanza, una donna si contorceva su un giaciglio di paglia improvvisato. Non emetteva alcun suono, ma le sue mani strette intorno al lenzuolo di lino e il suo viso contratto non lasciavano dubbi sulla sua condizione.
La donna era Gertrude Verne, la moglie dell'allevatore. Stava per partorire il suo sesto figlio, e anche stavolta aveva voluto al suo fianco Bertha, la levatrice ad honoris del villaggio.
Appoggiato a terra il catino, Elizabeth s'affrettò a intingervi alcuni strofinacci. Li avrebbe usati sul corpo di Gertrude, sperando di alleviare il suo dolore. Era ormai il quindicesimo parto a cui assisteva. Aveva cominciato tre anni prima, quasi per caso. Sapeva che la sua tata, Bertha, spesso si allontanava durante la notte per assistere le donne incinte del villaggio, quelle che non potevano permettersi l'assistenza di un medico. Queste, per ringraziarla del prezioso aiuto, le donavano quello che potevano - formaggi, ortaggi, merletti, abiti, persino animali da allevamento -, ma non era per le ricompense che Bertha le assisteva.
La sua era una specie di missione: nessuno avrebbe più partorito da solo, come era capitato a lei vent'anni prima. L'inesperienza di sua madre, che si era limitata a tenerle la mano durante le doglie, e quella della zia, troppo timorosa per avvicinarsi alle gonne della nipote, avevano ritardato il parto, che era terminato dopo due giorni di atroci dolori e con un triste epilogo: il bambino morì. E da quel giorno, Bertha non sarebbe più stata in grado di avere figli.
Liz doveva la sua vita a Bertha. La levatrice era accorsa a casa sua quando stava per nascere. Ribelle ancora prima di venire al mondo, Liz aveva tentato di lasciare il grembo della madre non di testa, come tutti gli altri bambini, ma con i piedi. Il parto podalico si era rivelato particolarmente difficile e il medico aveva preferito chiamare i rinforzi. La famiglia di Liz era talmente grata a Bertha, che le aveva offerto subito un posto di lavoro prima come balia della neonata, poi come sua tata.
Ora, ventiquattro anni dopo, la donna era ancora preziosa al servizio della famiglia e nessuno si sarebbe mai sognato di mandarla via. Liz l'avrebbe considerata una madre se non fosse stato che Bertha era più un'amica che una figura educativa nella sua vita. Non ricordava neanche più la prima volta che l'aveva sentita imprecare. Probabilmente aveva pronunciato il suo primo "Dannazione" quando l'aveva fatta uscire dalla pancia della madre. Ormai non ci faceva più caso.
Così come non faceva più caso al fatto che non usasse mai il "voi" per rivolgersi a Liz, se non in occasioni ufficiali o davanti al resto della famiglia e ai loro amici altolocati. Anche su quello Elizabeth non faceva una piega. Era ormai da tre anni che lei e Bertha collaboravano come levatrici nel villaggio vicino a **. Quando c'era da far nascere dei bambini, con le madri urlanti, stracci e catini da trasportare da una stanza all'altra, non c'era spazio per cortesie e ossequi.
La balia ignorava il perché la sua figlioccia preferita avesse deciso di seguirla in quello sporco lavoro, ma il suo aiuto si era rivelato prezioso, quindi accettò di buon grado la situazione e presto non poté più fare a meno di lei. I ricchi a volte si dedicavano a passatempi anche più sconvenienti, dopo tutto.
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Un amore per Elizabeth
Historical FictionInghilterra, 1833. Una storia d'amore perfetta, travolgente, romantica e destinata al lieto fine. Ma basta un attimo, e ogni sicurezza di Elizabeth svanisce, insieme alla sua innocenza e spensieratezza. Passano tre anni da quell'episodio. Liz non è...