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Dal capitolo precedente:
« ad un certo punto non ce la facevo più le saltai addosso e la baciai come mai avevo fatto prima.»

Eravamo lì, in quella vasca minuscola, che ci baciavamo come due innamorati che non si vedono da mesi, quando sentii Johanna che ci chiama.

«Lucas vieni a preparare il pranzo?» mi chiese

Cazzo ora come faccio, sono bagnato fradicio dalla testa ai piedi, cazzo rispondo meditai anche fin troppo perché quando ritornai sul pianeta Terra vidi Francesca già rivestita che mi porgeva un asciugamano e mi ripeteva «Lucas ma ci sei? Lucas esci dalla vasca!».
« certo Fra esco subito» le risposi mentre mi alzavo e uscivo dalla vasca.
Mi rivestii con un'altra tuta ma dato che ero di fretta non mi misi la maglia, mi scossi un po' i capelli nell'asciugamano e dopodiché andai in cucina per preparare la pasta con pomodorini e mozzarella, gli ingredienti li avevano portati i genitori di Fra e non vedevo l'ora di cucinare e degustare i tipici piatti italiani. Appena Johanna e Valentine mi videro cominciarono a bisbigliare tra di loro e dopo Johanna mi disse «oh si vede che fai palestra con una personal trainer molto brava». Noi avevamo in giardino degli attrezzi tipo pesi, palle mediche ecc. ogni tanto mi lanciava delle sfide e allora le accettavo, così facevamo esercizio fisico e ci divertivamo pure. Verso mezzogiorno e mezzo chiamai tutti a tavola e mangiammo in veranda dal caldo che faceva.
Dopo pranzo decidemmo di studiare due orette fino alle tre e poi di andare al centro commerciale per comprare un abito da mettere al ballo di fine anno.
Così come stabilito alle tre in punto eravamo tutti a bordo della decapottabile di Valentine con direzione Bleu Water; uno dei centri commerciali più grandi d'Europa.
Una volta arrivati entrammo e le tre donne si diressero verso il loro negozio preferito: Manhattan.
Il negozio fortunatamente aveva anche il reparto maschile così andai subito in quella direzione. Dopo un quarto d'ora io avevo preso tre canotte mentre Johanna, Valentine e Francesca sono uscite con tre sacchi pieni ciascuna.

«ma avete preso solo questo?» commentai ironico.
«se vuoi ho altri vestiti su qui ero indecisa che potrei prendere» mi rispose Francesca.

Dopo un giro al supermercato tornammo a casa che si erano fatte le cinque.

«Lucas devo andare da Deborah per una serata tra donne, ho già avvisato Johanna e Valentine ci vediamo dopo» mi disse Francesca sull'uscio di casa. Così la lasciai andare e, entrato in camera decisi di andare in soffitta e leggere il mio diario.

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Eravamo tutti e tre indecisi sul nome da dare al cucciolo; io volevo dare un nome semplice ma complesso tipo Inu (che significa cane in Giapponese) mentre Johanna, da grande amante dei polizieschi voleva dargli il nome di Rex, Valentine invece era indecisa tra i due nomi. Alla fine vinsi io perché Valentine, da grande amante del Giappone, votò per Inu. Dopo pranzo tutti e tre insieme ci mettemmo a dipingere il suo nome davanti alla casetta, Inu sembrava felice perché si immerse le zampette nella vernice e le appoggio sopra il tetto della casetta. È così giocherellone pensai, nel pomeriggio andammo in un negozio per animali per prendere il collare, il guinzaglio e tutto il necessario per la cura di quel cucciolo, per portarlo fin lì gli avevamo "fabbricato" un collare-guinzaglio di corda. Stranamente appena indossato quel'ambiguo coso non cercava di divincolarsi o altro e per strada andava al passo, l'unico problema erano le biciclette che non gli stavano molto a genio. Ma in qualche modo siamo riusciti a tranquillizzarlo. Una volta entrati scegliemmo un collare borchiato con una medaglietta rotonda. Il guinzaglio, rigorosamente nero, era impreziosito con degli inserti di catena.
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Ecco la mia suoneria, erano le sei e mezza e pensavo su chi mi potesse chiamare a quell'ora. Sullo schermo appariva il nome di Deborah, risposi con un ciao molto caloroso ma la sua voce non appariva molto tranquilla; qualcosa non andava.

«Pronto Lucas devi subito venire a casa mia è urgente, Francesca...»
«Francesca cosa!?» chiesi io preoccupato
«Francesca è... è svenuta!» mi rispose lei tra un singhiozzo e l'altro.
«arrivo subito, mettetela giù, toglietele la lingua dalla bocca e alzatele le gambe» le dissi con una calma che mi soprese. Avevo fatto un corso di primo soccorso perché così quest'estate mentre le mie mamme erano a lavorare io potevo fare il babysitter ai bimbi delle vicine e con quel certificato venivo pagato di più.

Quando arrivai davanti alla porta di casa di Deborah entrai e in salotto sdraiata vidi Francesca accerchiata da tutte le sue amiche, la maggior parte non le conoscevo, alcune di vista ma nessuna mi pareva familiare.
«lasciatele un po' di aria!» disse Deborah disperata.
«Eccomi» la informai, «da quanto sta cosi?» chiesi.

«da circa 10 minuti» mi rispose una di quelle ragazze sconosciute.

«sarà il caso di chiamare un'ambulanza?» mi chiese un'altra.

«direi di sì» le risposi. Così tutte presero i loro telefono e digitarono sulla tastiera 911. Dopo aver chiamato l'ambulanza in 10 minuti eravamo nella vettura con direzione ospedale di Londra. Una volta arrivati mi chiamarono Johanna e Valentine preoccupate non vedendomi in casa, così le informai che Francesca non si era sentita bene e l'avevamo portata in ospedale. Dopo un paio di ore potei rivederla, era pallida e le avevano fatto l'aflebo di qualcosa. I medici mi dissero che, dato che non ero un suo parente non potevo rimanere lì e che dovevo rispettare gli orari di visita. Io, che a momenti scoppiavo a piangere, pregai i medici di farmi rimanere fino a quando non si sarebbe addormentata perché i suoi non c'erano e io ero il suo ragazzo. Così i medici mi diedero un cartellino con scritto "ospite in camera 209 terzo piano" mi sentivo un po' un turista con quel coso attaccato alla canotta.
Verso le otto i medici mi chiamarono fuori dalla camera e mi informarono che aveva avuto un forte calo di pressione dovuto a qualcosa che però non avevano scoperto. Alle nove dovetti lasciare il reparto per tornare a casa e prepararmi per un lunedì molto impegnativo. Quella notte non riuscii a dormire, avevo in mente la mia Francesca in quella stanza di ospedale spaventata senza nessuno al suo fianco.
Alle 6:45 suonò la sveglia, mi alzai e cominciai la mia routine mattiniera; doccia, brioches, denti e vestiti. Alle 7:30 passo Jacopo con Deborah in bicicletta per andare a scuola. Lei mi chiese subito come stesse Francesca così la informai che aveva passato la notte in ospedale e che potevano andarla a trovare solo negli orari di visita ovvero dalle 11 alle 14 e dalle 18 alle 21.
Così andammo a scuola ma delle lezioni mi importava ben poco, ero concentrato sulla chat di Francesca per sapere come sarebbero andati gli esami. A mezzogiorno siano usciti perché mancava il professore delle ultime due ore.
Il primo pensiero che mi è passato per la mente è stato devo andare a trovare Francesca così io mi diressi verso l'ospedale. Feci una telefonata veloce a Valentine per avvisarla e dopodiché verso le 12:45 ero davanti all'entrata di quella struttura. Entrai nella stanza di Francesca ma non la vidi così chiesi ad un'infermiera dove fosse.
«è a fare degli esami tra poco dovrebbe ritornare» mi informò.

SPAZIO AUTRICE:
Ecco il sesto capitolo, cosa avrà mai Francesca? Vi vorrei informare che per un mesetto sarò inattiva perché vado all'estero e non avrò wi-fi. Nonostante questo cercherò di scrivere così appena tornata in Italia potrò postare. Buona lettura
BeatricePajardi

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