Capitolo 7- Scusarsi

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Sulla metro il cellulare non prendeva e mi aveva abbandonato più o meno a metà viaggio. La casa di Sasuke-senpai non era distante da dove abitavo io, ma ci vollero almeno venti minuti per raggiungere il mio appartamento.

Quando arrivai a casa, attaccai il cellulare al caricabatteria, accendendolo. Vi erano parecchi messaggi per non parlare delle innumerevoli telefonate che Shikamaru, Hinata e Neji avevano fatto.

Richiamai Hinata, sperando che non fosse all'ospedale per uno dei suoi soliti controlli. Sospirai di sollievo quando la sua voce disse un solito flebile "Pronto".

-Hinata-chan! Hinata-chan scusami! Non sono sparito, lo giuro. Sono svenuto in bagno e Sasuke-kun mi ha portato a casa sua perché ero talmente ubriaco che non riuscivo a dirgli dove abitavo.-

-Eravamo tutti preoccupati, Naruto-kun. Promettimi che non farai più una cosa del genere...- fece un piccolo sospiro di sollievo. -Ricordati di studiare per il compito di Storia dell'Arte. Ci vediamo domani.- le risposi con assenso, poi aggiunse: -Chiama Gaara, risolvete. Gli manchi, lo sai.- chiuse la telefonata, lasciandomi solo, per l'ennesima volta.

Di solito le telefonate tra di noi duravano molto di più; che fosse stata in compagnia di Kiba? Mi ero ripromesso molto tempo prima che avrei badato a lei, la sera prima non l'avevo fatto, ma c'era Neji e se era finita con Kiba vuol dire che lui approvava. Mi misi le mani nei capelli per poi sfregare i palmi sulla faccia, cercando di riprendermi.

Le avrei parlato l'indomani, chiedendole spiegazioni, sempre se la mia memoria mi avesse permesso di ricordarlo

Osservai l'orologio sulla parete della cucina: le otto. Era già passata un'ora da quando mi ero svegliato in camera di <br>Sasuke, mezz'ora da quando aveva sfiorato le mie labbra con le sue. Passai due dita sulle mie, il calore sembrava ancora sprigionarsi da esse, rendendole incandescenti.

Quello, però, non era il momento di crogiolarsi in quel tipo di pensieri. Dovevo chiarire con Gaara e sapevo dove l'avrei potuto trovare a quell'ora, perciò mi infilai una felpa ed uscii.


La caffetteria era ghermita di gente che correva frenetica per prendere la propria bevanda e poi correre al lavoro. <br>Gaara era solito fare colazione lì di domenica mattina. E, infatti, lì lo trovai. Mi avvicinai all'entrata senza farmi notare, passando accanto a tutte quelle persone, mimetizzandomi.

Stava bevendo il suo solito caffè espresso senza zucchero, mentre dal bordo della tazza osservava il vuoto con il suo tipico sguardo spento, distaccato, come se tutto ciò che lo circondasse gli scivolasse addosso senza intaccarlo minimamente. Gaara era l'autunno.

Con cautela mi avvicinai al suo tavolo, spostai la sedia di fronte a lui e mi sedetti. Il suo sguardo sembrò ridestarsi, posandosi su di me. Dapprima fu stupito e poi assunse la sua tipica aria difensiva.

-Cosa ci fai qui?- domandò posando la tazza di fronte a se, parlandomi con ostilità.

-Voglio parlarti. Voglio chiarire ogni cosa e smetterla di tenerti all'oscuro delle cose. Voglio spiegarti tutto quello che è successo, la scommessa e ieri sera.- lo guardai fisso negli occhi: non aveva dormito e le sue occhiaie ne erano la prova. -Rivoglio il mio migliore amico.-

-Perché sei così dannatamente convincente, baka di un Uzumaki eh?- inclinò la testa di lato in uno di quei suoi sorrisi sinceri. -Mi sei mancato e mi dispiace di averti detto che sei uno stronzo o un coglione...Non ricordo bene quali insulti ti ho riservato.-

Gaara aveva un sole dentro, quel sole tiepido che nell'autunno freddo ti riscaldava il viso con i suoi raggi. Portava quel tiepido sole su di me, sempre.

The ravenge of loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora