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Louis stava dormendo nella sua stanza, immerso nei sogni di un bambino di 10 anni, viaggiare forse, volare, cantare, ballare, essere felice.
Quando la porta si aprì di scatto, il padre ubriaco entrò nella stanza.
Louis si alzò tremante, nascondendosi sotto le coperte, seduto guardando il padre barcollare.

"Louis Louis, il mio piccolo insignificante errore, Louis dolce, come stai? Stasera te la racconto io una bella storia, dai non guardarmi così, non faccio paura, sono tuo padre vero?"
Disse il padre, avvicinandosi alla faccia di Louis, portando odore di alcool, vodka, fumo.

Louis era inerme, non rispondeva. Scandalizzato, traumatizzato? No, abituato a ciò, forse, solamente esausto da tutto questo.

"Sono tuo padre vero?" urlò il padre.

"Si sì, sei mio papà" annuì Louis, trattenendo le lacrime.

"Bene quindi la vuoi sentire una bella storia?" Chiese il padre non curante di quella risposta.

"No, in realtà ho sonno papà, magari domani" disse Louis sforzandosi di non piangere.

"Cosa hai detto scusa?" Il padre alzò le mani con l' intento di picchiarlo.

Entrò in stanza il nonno addormentato, barcollando per via della stanchezza e preoccupato e disse: "Cosa sta succedendo qua?"

"È-è arrivato papà" disse Louis sospirando, piangendo.

Quella sera Louis fu picchiato, come d'altronde tutte le sere.
Il nonno era incapace di difenderlo seppure tentava di proteggerlo.
Louis non capiva cosa succedeva, aveva 10 anni, era privo di una limpida visione dell'accaduto, offuscato dall'amore per il padre che malgrado non ricambiasse, rimaneva l'unica figura d'esempio dopo il nonno, con l'idea di una famiglia perfetta che viveva in ogni sua speranza, che impregnava ogni suo lembo di pelle, che restava sospesa come il fumo sotto le lampade, una speranza molto lontana che Louis cercava di riporre rendendo normale la sua distorta vita che di normale non aveva nulla, ma adattarsi all'età di 10 anni era molto più semplice, facile ed indolore.
Si creava un mondo parallelo, un universo che solo lui poteva vivere.
Spegneva le luci, chiudeva la porta, abbassava ogni cosa che potesse portare rumore, chiudeva gli occhi, creandosi uno spazio dove le sue fantasie potevano viaggiare senza essere intralciate da nessun ostacolo, dove poteva essere il bambino felice senza che nessuno potesse privarlo di ciò che lui si meritava.
Era uno stratagemma molto buffo, dire che fosse la sua salvezza è un eufemismo, non aveva mai portato nessuno nel suo mondo incantato, nemmeno il nonno, solo lui era a conoscenza di questo altro universo, era un po' come il paese delle meraviglie per Alice o l'armadio per le cronache di Narnia.
Ed anche quella sera fu così.
Il padre lo picchiò.
Louis aveva ferite su tutto il corpo, la schiena era il posto più evidente, ma a lui non importava e quando gli chiedevano cosa fossero, Louis sorrideva e diceva "mio papà mi ha fatto diventare come Capitan Uncino, sono ferite di guerra".
Che mente malata era quel bambino, eppure riusciva a trarre da ogni male un qualcosa di positivo.
Buffo che passasse dall'essere Peter Pan ad immedesimarsi in Capitan Uncino, il buono ed il cattivo, divertente come univa in una sola cosa due mondi differenti, una buona malvagità, che buffo ossimoro.
Divertenti questi scambi di ruoli.
Ma infondo lo diceva sempre il cappellaio matto che la normalità non faceva per tutti.

disney's charming princeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora