Capitolo 12

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Sento un gran frastuono, apro gli occhi.
È ancora buio, non riesco a focalizzare bene dove mi trovo.

L'unica cosa che illumina la stanza è la fioca luce di una candela, accesa da poco.

-Svegliati, è ora di andare-
Iris mi guarda con un sorriso forzato in volto, sullo stipite della porta.
Io stropiccio gli occhi come fanno i gatti, alzandomi barcollando dal letto e raggiungendo la finestra, aprendola, ancora insonnolita.

-Ma è notte...dove dovrei andare a quest'ora?-
Biascico in un sonoro sbadiglio, quanto vorrei ritornare nel letto.

Lei si fa una piccola risata
-La tua presenza a corte è richiesta alle 6 di mattina, te ne eri dimenticata?-
-Quale presenza, quale corte- sussurro, ributtandomi tra le coperte calde e morbide del mio giaciglio.

-Ti ricordo che devi andare al castello, sei stata convocata.-
Sbuffa la ragazza, iniziando a riordinare la mia camera disastrata come un campo di battaglia.

-Già, hai ragione allora, me ne ero dimenticata.- Sospiro, abbandonando il calore delle lenzuola e avviandomi verso il bagno con una postura animalesca, grattandomi la schiena con poca eleganza.

Non voglio andare lì, voglio rimanere in camera mia. Chi ha fissato la presenza obbligatoria alle sei è un mostro, oppure una persona che non ha bisogno di dormire per vivere.

Chiudo la porta, mi stiracchio e apro l'acqua della doccia: uno schizzo di acqua gelida finisce sulle mie gambe e un brivido mi percorre la spina dorsale.
Avrei dovuto farla riscaldare un altro po'.

Dopo diversi minuti, prendo coraggio e mi butto sotto l'acqua, non propriamente caldissima.

-Che ore sono?- chiedo dall'altra parte della stanza, intenta a farmi la doccia.
-Le quattro.- Risponde allegra.
Va bene, ho ancora un'ora a disposizione per prepararmi, ce la posso fare.

Prendo lo shampoo e il bagnoschiuma alla lavanda(l'ultima volta che ho usato quello alla vaniglia sono stata una calamità per gli insetti e soprattutto per le vespe) e insapono i capelli.

Esco dalla doccia, mi asciugo e mi vesto.

Fa freddo.

Evito di guardarmi allo specchio giusto per non avere un brutto inizio giornata, come al solito.
Chiudo dietro di me la porta del bagno, non ho poi tanto da indossare, dato che Iris ha consegnato i miei indumenti al messaggero.

Ho solo una maglia a fagotto, a maniche corte, e dei pantaloni leggeri con gli stivali, sul capo indosso il mio inseparabile mantello scuro.

Scendo le scale, accompagnata da mia sorella, e trovo Clio nel salottino, vicina al portone principale.
Sta lavorando ai ferri, con le mani intreccia il tessuto colorato, dando vita a una manica di qualcosa, probabilmente di un maglioncino di lana.

Appena sente il cigolio del legno sotto i miei piedi, alza lo sguardo, incontrando i miei occhi. Nelle sue pupille posso leggere sconforto e infinita tristezza, il suo viso e occupato da due enormi occhiaie, non sarà riuscita a dormire durante la notte.

Appena avanzo verso di lei, si apre in un enorme sorriso finto e angosciato, tendendomi le braccia.

"Se questo è l'effetto che devo fare a coloro che amo di più, allora voglio rimanere qui e non andare avanti."

Mi lancio tra le sue braccia, stringendomi a lei come se fosse la mia mamma, e la sento scoppiare in lacrime, le lacrime represse fino a prima, nascoste dall'espressione rigida del suo volto e delle sue labbra.

-Non ti preoccupare mamma, ogni tanto tornerò a farvi visita, il prima possibile. E poi...non vado a morire!- Butto giù la conversazione ridendo, non riuscendo a tirare indietro due lacrimoni, che cadono sulle spalle della povera donna.

E in men che non si dica, senza accorgermene, anche io mi ritrovo a piangere e a singhiozzare come una bambina a cui è stato rubato il suo inseparabile orsacchiotto di peluches.

Alzo lo sguardo da Clio, e vedo Iris osservarci cupa vicino alla scalinata.
Ha lo sguardo intristito ed è nervosa, ha le mani in grembo e agita i pollici freneticamente.

I suoi capelli splendidi sono raccolti in una trecca laterale disordinata e poco curata, muove instancabilmente un piede sul pavimento per calmarsi.

Così, mi stacco dalla mamma e inizio a correrle incontro, abbracciandola forte e continuando a piangere, contagiando anche lei.

-Mi mancherai, sorellona- sussurro sciogliendomi
-Anche tu sorellina, e vedi di ritornare!- ride per tirarmi su di morale, carezzandomi i lunghi capelli.

-Tesoro, vieni ti ho preparato la colazione- sussurra tristemente l'altra, prendendomi per mano e guidandomi in cucina.

Sorrido e le lacrime aumentano, sono così felice quando sono con loro, ma devo essere forte, per tutti.
Non devo lasciarmi sopraffare dalla mia debolezza interiore, devo lottare.

Più le guardo, e più sento il mio cuore soffrire, urlare. Quando stavo male e avevo la febbre, Clio mi accudiva per tutto il giorno, preparandomi minestre calde e deliziose per tirarmi su di morale.

Ogni volta che avevo un problema, c'era sempre per me, le raccontavo tutto quello che mi accadeva, i dispetti degli altri bambini, e il loro odio nei miei confronti.

Soffrivo molto per questo, Iris è stata una delle poche persone che mi abbia mai apprezzata veramente.
Anche quando sbagliavo, non importava, come quando per errore, al posto dello zucchero, ho messo il sale nel caffè e nelle fragole, rendendo la colazione disgustosa, oppure quando mi sono spalmata il dentifricio sulla faccia e sul mento, prendendo un coltello con l'intento di farmi la barba come gli uomini.

Quando mamma mi ha vista, per poco non si è sentita male.
Il risultato? Un mese di punizione e di lavori domestici.

"A tutto si può rimediare, nulla e irriparabile, solo le vite delle persone scomparse sono perdute, non si possono riportare indietro".

Così dice sempre Iris, e di questo sono convinta anch'io.
Quindi, se ciò che affermiamo entrambe è vero, anche la lontananza si può superare, no?

Sorrido, persa nei miei pensieri, e afferro in bocca una fetta di pane imburrato(che servirà come colazione, pranzo e cena per tutto il giorno) e mi dirigo verso la porta, aprendola lentamente.

Sbadiglio sonoramente e per poco con faccio cadere la colazione per terra.

Dopo aver finito i saluti, riservo un'ultimo sguardo alle due, non totalmente sicura delle mie parole.

Le avrei davvero riviste?
Sarei sopravvissuta a quell'inferno? Oppure sarei morta come centinaia di migliaia di soldati?
Ho le capacità di mantenere le mie promesse?
Dipende tutto da me.






~*Spazio Autrice*~

Ok, lo so che sono sparita per mesi, sono stata tantissimo impegnata con la scuola, non ho avuto un attimo di tempo libero ;-;

*chiede perdono*

Ma ora eccomi tornata, durante le vacanze vi prometto che aggiornerò molto, ma molto più frequentemente, oltre a questo ho pronti altri due capitoli :)

Detto questo, alla prossima~♡

Abditus: Alfa e OmegaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora