capitolo 2

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7.30. Il violento suono della "sveglia" interrompe il mio sonno, facendomi sussultare e sbuffare.
Non si può neanche definire sveglia l'acuto canto del gallo nel pollaio del vicino.
Mi passo una mano tra i capelli scompigliati, che ora sembrano un nido di vespe.

Svogliatamente mi alzo, mentre un brivido mi percorre la schiena,appena poso i miei piedi nudi a contatto con il pavimento di marmo gelido, così, con passo felpato e cercando di non andare a sbattere contro il comodino, mi dirigo verso il bagno.

Mi guardo allo specchio, mentre contemplo il mio aspetto; posso dire con assoluta certezza di far schifo, ma davvero tanto schifo: due occhiaie nere mi circondano gli occhi viola e spenti, dalle ciglia lunghe, la mia pelle è cadaverica, bianca come un lenzuolo. Si può scorgere un velo di rossore sulle mie guance.

Tutto questo è dovuto all'agitazione; è il primo giorno di accademia militare per arruolarmi nell'esercito, per contribuire alla difesa dell'umanità nella lotta contro i demoni.

I ragazzi iniziano ad allenarsi dagli undici anni, così se sono adatti al lavoro e il loro corpo non cede allo sforzo causato dalle dure fatiche da sopportare e dagli esercizi estenuanti, a 17 anni diventano membri ufficiali dell'esercito.

Iniziano tutti la loro carriera come cadetti, per poi arrivare al grado più alto, i generali, nominati e scelti dal sovrano in base alle classifiche e ai punteggi migliori.
Ora è il mio turno. Voglio rendere mamma fiera di me. Ho da poco compiuto undici anni ed ho intenzione di intraprendere questa scelta per il mio futuro, voglio che il popolo umano si ricordi di me negli anni a venire, delle mie gesta.

Sono sempre derisa da tutti e non capisco il perchè, hanno paura di quello che sono... ma io...cosa sono realmente?
Perchè non ho un papà come tutti i bambini...? La mamma non ha mai voluto proferir parola riguardo ciò, ma quando tiravo in ballo l'argomento tentava sempre di sviare il discorso, abbassando lo sguardo e cambiando conversazione.

Ma io so che c'è qualcosa sotto...qualcosa di molto importante, solo che io non ho ancora il diritto di venirne a conoscenza.
Non ho alcuna intenzione di impicciarmi nei fattacci altrui, ma vorrei solo sapere la verità...ne ho le piene facoltà.

Le mie riflessioni sono interrotte da un urlo spazientito proveniente dal piano di sotto, precisamente dalla cucina.
-Astrea, muoviti! È tardi, non vorrai mica arrivare in ritardo al tuo primo giorno di scuola, vero?-
La sento ridere divertita dall'altra stanza. Emetto un doloroso lamento, simile a quello di un animale ferito.

Devo ammettere che sono parecchio nervosa, mi tremano le mani mentre cerco inutilmente di pettinare i miei capelli neri e lisci, lunghi fino alle spalle che in questo momento, più che una chioma folta e ordinata, ricordano rovi spinosi e pungenti.
Mi faccio una rapida doccia per poi vestirmi velocemente: pantaloni da tuta grigi, dal tessuto sintetico ed elastico, scarpe bianche come la panna e una maglietta a maniche corte, del medesimo colore.

Lesta, raccolgo la mia capigliatura in uno chignon, non badando alle ciocche ribelli lasciate in disordine. Non mi importa del fattore estetico, devo essere comoda per poter dare il meglio di me.

Prendo il borsone e, fulminea, scendo di scatto giù dalle scale, compiendo quasi un salto. Sorrido davanti allo sguardo sconvolto di mia madre, che mi guarda come se avesse visto il demonio in persona.

Mi avvicino a lei, per poi scoccare un bacio dolce sulla sua guancia. La osservo e sorrido.
-Ciao mamma, io vado, ritorno per cena!-
-Certo tesoro, buona fortuna!- mi fa un occhiolino, ammiccando e ridendo lievemente.

Mi avvio verso la porta, accennando un saluto alla donna indaffarata in cucina, mentre inizio a correre verso l'accademia. Corro disperata, cercando di velocizzare il passo per arrivare in tempo.

Camminando e non vedendo dove metto i piedi a causa della mia noncuranza, sbatto contro una persona.

Cado a terra rovinosamente, sbattendo il mio amato fondoschiena contro il cemento duro. "Mi sarò rotta l'osso sacro, accidenti!", penso subito.

La figura che ho davanti si alza con innata agilità e grazia, ponendosi dinnanzi a me e porgendomi la mano in segno di aiuto.

La afferro prontamente e, con la delicatezza di un elefante che deve partorire, mi levo sulle mie gambe fragili come il burro fuso, massaggiandomi il dolorante didietro e raccogliendo lentamente il borsone dell'allenamento.

-Sono desolato per quello che è accaduto, tutta colpa della mia distrazione. Ti porgo le mie più sincere scuse per l'avvenuto, spero non ti sia fatta troppo male.-
Ma come diamine parla questo? Sembra avere la mia età, ma allora come fa a possedere un bagaglio lessicale così adeguato, mentre io fino a qualche giorno fa credevo che criceto in inglese si dicesse Hamtaro?

Il ragazzino, osservando la mia faccia sconcertata si apre in un piccolo ghigno, mentre mi scruta da cima a fondo con i suoi occhioni... rosso sangue. Si sposta una ciocca di capelli corvini dal viso leggermente paffuto, dalla pelle nivea e dalle guanciotte impercettibilmente arrossate.
Si vede che è ancora un bambino, non che io sembri più grande però.
A suo confronto ricordo un ramoscello rinsecchito, un filamento d'erba, uno stelo di un fiore o il gambo di una foglia.

È un po' più alto di me, ma non che la cosa mi importi.
Ad un tratto, il suo piccolo ghigno muta, trasformandosi in un sorriso sornione, cosa che scatena una mia furibonda occhiata di inimicizia nei suoi confronti.
Lui se ne accorge, ma fa finta di nulla, continuando a studiarmi come una bestia in via di estinzione. Mi sento incenerire sotto il suo sguardo, ma non ne capisco il motivo.

Do una furtiva occhiata a quelle fiamme ardenti che brillano nei suoi occhi...è strano...sono bellissime e inquietanti al tempo stesso... iniettano timore. Ma io non ho paura di lui. Qualcosa però mi dice che non è una persona come tutte le altre. Noto qualcosa di strano...di assolutamente raro...unico e irripetibile.

-Hai finito o vuoi continuare a ad ammirarmi per tutto il tempo?- ride prendendomi in giro, mentre incrocia le braccia al petto.

Sobbalzo. Vuole mettermi a disagio e ci sta riuscendo, anche bene.
Senza accorgermene arrossisco, abbassando gli occhi lucidi. Non riesco a reggere la vista della sua figura ergersi dinnanzi a me.
Lui capta il mio imbarazzo, ma non si ferma.

-Cosa succede? Il pavimento è diventato improvvisamente attraente?- si passa una mano tra i capelli ribelli, tirando i ciuffi indietro e scoprendosi la fronte, mentre si sfiora la guanciotta paffuta con il dito indice e il medio.

Non lo guardo neanche, ma mi mordo il labbro in cerca di idee, mentre, innervosita, serro le mani in due pugni, facendo diventare le nocche bianche. Sbuffo adirata, per poi voltare lo sguardo.

-devo andare. Ciao.-rispondo freddamente e indispettita, mentre sorpasso la sua figura e continuo a camminare verso la mia strada, per raggiungere al più presto la mia meta.

Lui, di rimando, mi lancia un odioso sorrisetto antipatico e saccente, mentre si volta nella mia direzione, scrutando i miei movimenti poco eleganti e sofisticati, per poi alzare gli occhi al cielo e proseguire il suo cammino.

-*spazio autrice*-

Buonasera gente

Ho aggiornato presto come promesso

Secondo voi chi è il ragazzo misterioso che Astrea ha incontrato?

Commentate in tanti, fa sempre piacere ricevere giudizi :D

Alla prossima♡

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