Svolte... impreviste

390 6 5
                                    

Tornare a scuola col gesso era stato traumatico. Nonostante mi avesse accompagnato mio padre, doversi spostare per il cambio di lezione sarebbe stato davvero faticoso. Chi me lo aveva fatto fare a convincere i miei a tornare a scuola?!
«Melissa!» Eccolo il motivo!
Mi voltai sorridendo. «Buongiorno prof!»
Sorrise a sua volta porgendomi la mano con il palmo verso l'alto e la guardai confusa. «Dammi la borsa.»
«Non si preoccupi, ce la faccio.» Non volevo approfittare di lui nonostante fossi consapevole di poterlo fare.
«Devo togliertela con la forza?»
Gliela passai sospirando e stando ben attenta a sfiorargli la mano: mi piaceva troppo il contatto con lui e ormai avevo capito che era reciproco.
«Così mi vizia.»
«Sei la mia principessa.» Il suo sguardo si fece intenso e il mio cuore saltò un battito.
Si avviò in aula e lo seguii; non disse nulla e poco prima di entrare in classe mi ridiede la borsa.
Durante la lezione non guardò neanche una volta nella mia direzione: si era pentito di nuovo. Dovevo trovare il modo di sbloccare la situazione; dovevo fargli capire cosa si sarebbe perso a non stare con me e convincerlo che l'unico ostacolo era lui stesso.
L'ora sembrò non passare: era teso ma non sembrava si impegnasse a nasconderlo; perse anche un paio di volte il filo del discorso. Vederlo in difficoltà mi dispiaceva. Forse non avrei dovuto fare nulla e lasciarlo un po' in pace; ero stata un'egoista ad aver pensato solo a star bene io senza calcolare il suo disagio.
Al suono della campanella fui trattenuta alla cattedra. Prima di avvicinarmi a lui, dissi ad Ivan di non aspettarmi e che l'avrei raggiunto a mensa.
«Mi dica.»
«Non so se sei ancora interessata, ma sono stati stabiliti i giorni dei provini per lo spettacolo teatrale. Dovrai presentarti giovedì 19; inizieranno alle 16.00 fino alle 18.00; dovrai preparare un passo tratto da Romeo e Giulietta che è l'opera scelta.»
Mi illuminai in un sorriso. «Shakespeare! Non potevo chiedere di meglio.» Deglutì; inclinai la testa guardandolo curiosa. «Che c'è?»
«E adesso cos'ho fatto?» Sgranò leggermente gli occhi.
«Hai deglutito quando ho fatto quel commento.»
«Ah. Non è niente.» Portai la mano sul fianco guardandolo con un sopracciglio inarcato. «È il mio autore preferito. Ho proposto io l'opera.»
«Ah.» Mi grattai la nuca. «A chi non piace?!» Sorrisi cercando di alleggerire l'atmosfera.
Si alzò improvvisamente. «Andiamo a pranzo prima che finisca la pausa.»
«Insieme?» Ammiccai.
«Sai che intendo.» Uscì dall'aula e sbuffai appoggiandomi sul bordo della cattedra. Si affacciò e chiese: «Che fai, non vieni?»
«Vada pure, io me la prendo con comodo.» Lo salutai con un gesto della mano e un sorrisetto sghembo.
«Devo riprenderti in braccio e portarti fino a mensa?» Mi sedetti sulla cattedra e incrociai le braccia lanciandogli uno sguardo di sfida. «Dai su, andiamo!» esortò leggermente scocciato.
«Non mi muovo di qui.» Sistemandomi più al centro, portai le mani dietro la schiena inclinandomi un po' all'indietro. Mi guardò come a dire sbrigati ed io come per rispondergli tanto non vengo. Si chiuse la porta alle spalle e con poche falcate fu davanti a me; aprii d'istinto le gambe per non farcelo sbattere contro. Mi afferrò dietro le ginocchia facendomi scivolare fino a farmi scontrare col suo corpo; in quel movimento la gonna era salita a metà cosce, e restò a fissarle. Si morse il labbro e desiderai farlo io al suo posto. Fece scorrere la mano destra sulla coscia, fino a sfiorare l'orlo della gonna.
«Stai giocando col fuoco» affermò avvicinandosi al mio viso. Strinsi le ginocchia ai suoi fianchi e, mettendo la mano sulla sua, la portai fin sotto la stoffa pieghettata.
«Sto già bruciando.» Strinsi la sua mano guardandolo intensamente.
Intrecciò le altre dita ai miei capelli facendomi tirare indietro la testa ed iniziò a baciarmi la base del collo salendo lentamente; quell'attesa era snervante: non vedevo l'ora di sentire le sue labbra sulle mie. Sollevò la gamba senza gesso e mi fece toccare con la schiena la cattedra. Il suo torace raggiunse subito il mio petto; gli liberai i fianchi da quell'inutile camicia blu e accarezzai la sua schiena muscolosa e dannatamente sexy.
«Mi piace il profumo della tua pelle.» Le sue labbra mi solleticarono il collo, poi la sua scia di baci scese quasi fino al petto.
«Tom...» mi scappò in un sospiro. Sollevò subito il viso e si avvicinò a baciarmi, ma bussarono. Sbatté il pugno sulla cattedra mentre la persona lì fuori non attese neanche la risposta; fu così che Ivan ci trovò ancora mezzi avvinghiati. Rimase a guardarci sconvolto mentre ci ridavamo un contegno. Tom tese la mano per aiutarmi a scendere e mi coprì dallo sguardo di Ivan mentre sistemavo la divisa stropicciata.
«La prossima volta aspetta che ti dicano avanti!» quasi gli ringhiò mentre prendeva la giacca dalla sedia.
«Ringrazi che sia io! Poi spero vivamente che non ci sia una prossima volta» alzò i toni.
Mi avvicinai al mio amico terribilmente in imbarazzo. «Calmati.»
Strappò la borsa dalle mie mani continuando ad imbruttirgli. «Scusi se l'ho interrotta. Arrivederci» lo salutò pungente. Non appena ci lasciammo alle spalle la sua aula, Ivan chiese: «Perché non me ne hai parlato?»
Entrai nel panico: non me la sentivo di confidarglielo. «Non c'è nulla da dire.»
«Non prendermi per il culo e dimmi che cazzo succede!» Mi guardò severo ma uno schiarire di voce ci fece voltare: era lui.
«Non parlarle mai più in quel modo. Contieniti.»
«Dovrebbe essere lei a contenersi!»
Gli diedi una gomitata e gli sussurrai non fare piazzate.
Il professore si avvicinò. «Stanne fuori» lo minacciò puntandogli l'indice al petto, poi si incamminò e, guardando l'orologio, accelerò il passo; alzò la testa al cielo e tirò fuori il cellulare dalla tasca. Appena fu sparito dalla nostra vista, Ivan tornò a guardarmi con rimprovero, ma non gli diedi il tempo di chiedere nulla e lo invitai da me per chiarire.
Venne direttamente dopo scuola. Salutammo la mamma e, fatte due chiacchiere al volo, ci rintanammo in camera. Accesi l'abat-jour, poggiai la schiena alla testiera del letto e presi il cuscino tra le braccia aspettando che iniziasse con le domande.
«E allora? Ti decidi?»
«Inizia con delle domande specifiche, perché davvero non so che dirti.»
«Da quanto va avanti?»
«Un po'. Ad Halloween è successa una cosa che ci ha avvicinati. Mi ha visto ballare con te e, trovandomi sensuale, mi ha fatto uscire per ballare con lui. Si era proposto anche di riportarmi a casa m-»
«Sì, a casa sua!» Anche se ero imbarazzata non potevo controbattere. «Andate a letto insieme?»
«No! Non l'ho mai fatto!» Arrossii. «Non ci siamo neanche baciati se è per questo.» Sbuffai frustrata.
«Con le mani però vi date da fare!» sentenziò acido. «Stavate per farlo sulla cattedra e neanche un bacio?!?»
Sprofondai con la testa nel cuscino. «Non mi ha mai toccato veramente. E poi non saremmo mai arrivati a quel punto... Perché te la prendi così?»
«Me lo stai chiedendo sul serio? La mia migliore amica, praticamente una sorellina, che si confida sempre per tutto, mi nasconde una cosa del genere e lo vengo a scoprire solo perché la becco con le mani nel sacco. Direi che essere acido è il minimo! Mi sono sentito tradito. Poi per me è fastidioso che ti tocchi e ci provi con te. Sei così piccola e tenera che ho paura possano ferirti e finché non capisco le sue vere intenzioni, ti proteggerò da lui.»
Mi intenerii e lo abbracciai. «Ti voglio bene.»
«Anch'io pulce.» Accarezzò i miei capelli. «Ti piace?»
«Da morire.» In realtà mi stavo innamorando ma non glielo avrei detto: doveva restare un mio segreto.
«Avete parlato di questa situazione?»
«Più o meno. Non vuole che accada nulla ma si lascia trasportare per poi pentirsi. E ricominciamo da capo.» Sbuffai.
«Se lui non vuole non puoi farci niente. Devi rinunciare. Sei consapevole che se vi trovassero in una situazione come quella di oggi sarebbe un casino per voi? Tu rischieresti l'anno scolastico ma lui butterebbe via la sua carriera e la sua reputazione. Avrebbe la vita rovinata! Non sarebbe meglio lasciar perdere?»
Mi fermai a riflettere sulle sue parole.
«È un casino questa storia. Non voglio cacciarlo nei guai! Starei malissimo se dovesse succedere una cosa del genere. Devo pensare al suo bene prima che al mio, vero?» Lo strinsi a mia volta trattenendo le lacrime.
«Sì, è lui che rischia di più e se non se la sente non puoi biasimarlo. Anzi, devi aiutarlo ad allontanarsi.» Mi diede un bacio in testa.
«Hai ragione. Avevo bisogno di un parere oggettivo. Quando stiamo insieme non riusciamo a pensare a niente; il problema è che siamo tremendamente attratti l'uno dall'altra!»
«Te la senti di raccontarmi tutto?»
«Se non lo facessi mi uccideresti!» Ridemmo.
Iniziai, ovviamente, dall'aeroporto e gli raccontai per filo e per segno, in ordine cronologico, i punti salienti che ci avevano portato fino a farci trovare in quello stato sulla cattedra.
«Ho visto oggi quanto è attratto da te!»
«Non fare lo scemo, alla fine non hai visto mica chissà che!»
Mi guardò con un sorrisetto malizioso e un sopracciglio inarcato. «Non te ne sei accorta?!?» Aggrottai le sopracciglia e gli scappò una risata. «Non l'hai sentito? Perché io l'ho visto
Finalmente capii; avvampai dall'imbarazzo e mi rintanai sotto al cuscino. «È la terza volta che gli succede... È normale, no?!»
«Visto che è molto attratto da te direi di sì! Ok che siamo uomini, ma non ci si alza per un nonnulla! Anzi che non ti è saltato addosso subito!»
«Lo so che non si alza per ogni piccola cosa! Ora smettiamola di parlare di questa cosa che è imbarazzante! Dimmi qualcosa tu.»
«Io mi farei Vanessa!» Gli diedi un pugno sulla spalla. «Stavo scherzando! Ma credo che inizi a piacermi.»
«Uh, sì!!! Vi vedo bene insieme! Chiedile di uscire.»
La mamma entrò con un vassoio, senza neanche bussare; ci lasciò le cioccolate e notando l'atmosfera, per lei romantica più che da confessione, ci intimò di tenere la porta aperta. Ancora aveva dei dubbi su di noi nonostante le avessimo detto mille volte che eravamo solo amici. Scuotemmo la testa ridacchiando.
«Tornando a Vanessa... raccontami come ti sei reso conto di avere una cotta per lei!»
Sospirò sconsolato e, suo malgrado, dovette sorbirsi il mio terzo grado.
Prima di scendere a posare le tazze, accesi il pc per vedere una foto dal profilo Facebook di Vanessa e trovai un messaggio privato. Andai ad aprirlo tranquillamente ma, quando lessi chi fosse, sbiancai.

Lasciati andareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora