Uscii dall'aula di Tom dopo esserci messi d'accordo per andare a ritirare i vestiti per la serata di beneficenza: mi avrebbe raggiunto davanti al negozio una volta finiti i colloqui.
Mentre mi dirigevo a mensa, guardavo la camicia sbottonata convincendomi sempre più che era stata una pessima idea dargli corda. Come gli era saltato in mente di farmi promettere di lasciare che si intravedesse il succhiotto per marcare il territorio? Ci mancava solo che pisciasse sulla mia gamba come un cane!
«Lo vedrà solo chi si avvicinerà troppo!» borbottai irritata citandolo. Mi fregava sempre con quegli occhi!
Sbuffai sedendomi tra Ivan e Michael, che avevano lasciato un posto per me.
Dopo aver mangiato qualche polpetta e una forchettata di purè, mi accorsi che Michael aveva allungato l'occhio sulla mia scollatura. Schiarii la voce attirando la sua attenzione e gli imbruttii. Avrei dovuto ricordare di dirlo a Tom, così imparava!
«Scusa ma non riuscivo a fare a meno di fissarti quel succhiotto.» Tutti gli occhi del tavolo si posarono su di me.
«Chi è stato?»
«Ti sei fidanzata?»
«Non ci hai neanche detto niente!» Mi tirarono una patatina fritta.
«Calmi!» li intimai. «Sto vedendo un ragazzo che non conoscete.» Alzandomi, presi il vassoio. «Scusate ma devo andare.» Uscii di corsa in giardino e fui subito raggiunta dai miei migliori amici, ai quali non sarei riuscita a scampare.
Lo aspettavo impaziente davanti al negozio come prestabilito, tamburellando il piede e mangiandomi le unghie. Era in ritardo e non mi aveva neanche mandato un messaggio per avvisarmi! Quando vidi la sua testa spuntare tra la folla, mi scappò un sorriso. Mi venne istintivo corrergli incontro ma, prima di abbracciarlo, mi accorsi della presenza inattesa di mio padre. Sgranai gli occhi e guardai subito Tom preoccupata.
«Salve» salutai incerta. «Come mai sei qui?» chiesi a papà.
«La macchina ha deciso di morire. Il tuo insegnante mi ha aiutato.» Sorrise. «Ci riaccompagna lui a casa.»
«Grazie ma non deve disturbarsi.» Sorrisi appena.
«Nessun disturbo.» Frizionò le mie braccia per scaldarmi. «Hai preso freddo ad aspettare qui fuori?» chiese preoccupato mentre cercavo di capire se si rendesse conto che c'era mio padre.
«N-non si preoccupi.» Mi scostai leggermente. «Entriamo?»
Fece sì con la testa e aprì la porta del negozio lasciandomi entrare per prima. Salutammo la commessa e le lasciammo i foglietti; tornò poco dopo con i nostri abiti ed andammo a provarli.
Quando sentii la tenda del camerino di Tom aprirsi, io ero ancora a combattere con la cerniera.
«Ti serve una mano lì dentro?» chiese Tom divertito lasciandomi di stucco.
Finalmente riuscii a chiuderla e restai a guardarmi per un istante. Quel vestito mi piaceva molto: era bianco senza spalline; aveva in vita una fascia rossa che riprendeva la cravatta e il gilet di lui; la gonna scendeva morbida fino a poco sopra il ginocchio e con un velo di raso sopra. Cambiai anche le scarpe ed uscii. Tom rimase a bocca aperta a guardarmi e, inutile dirlo, anch'io ero rimasta imbambolata a guardare lui: aveva un completo interamente bianco, con il gilet e la cravatta che gli stavano davvero bene. Era bellissimo.
Si avvicinò con un sorriso; prese la mia mano delicatamente e mi fece fare un giro su me stessa per guardarmi meglio, poi si avvicinò al mio fianco cingendomi la vita e fece un cenno allo specchio di fronte. Il cuore batteva a mille. Si avvicinò all'orecchio per sussurrarmi sei bellissima e mi diede un bacio sulla guancia. Restammo a guardarci allo specchio: sembravamo le bamboline su una torta nuziale.
Si voltò improvvisamente invitandomi a fare lo stesso e con un sorriso splendido sul viso chiese a papà: «Marco, che ne pensi?» Cosa?!?
«Siete una bella coppia.»
Cosa, cosa?!?! Strabuzzai gli occhi. Mi allontanai e guardai di sottecchi entrambi: c'era qualcosa che mi sfuggiva.
«Vado a ricambiarmi prima che il vestito si sporchi.» Volevo scappare da quella situazione che non capivo. Chiusi svelta la tenda e mi sedetti sulla sedia; scoppiarono a ridere attirando la mia curiosità. Iniziai svelta a cambiarmi riponendo con cura il vestito nella sacca e li raggiunsi, ma papà non c'era e Tom uscì subito dopo dal suo camerino. Gli lanciai un'occhiataccia voltandomi verso di lui.
«Che ti ha preso?»
«Non capisco di cosa tu stia parlando.» Scosse la testa con aria innocente.
«Comportarti in quel modo davanti a mio padre dopo che ti avevo detto che sono già dubbiosi! Se papà scopre qualcosa ti ammazza!»
«Non ho fatto nulla di male. Mi sono solo innamorato di sua figlia!» Strinse le labbra come se volesse trattenere un sorriso; mi stava urtando i nervi! Gli diedi un pugno sullo stomaco e subito si portò la mano sul punto colpito.
«Il fatto che ci amiamo non cambierà la situazione.»
Uno schiarirsi di voce alle mie spalle attirò la mia attenzione. Sgranai gli occhi guardando terrorizzata quel coglione di Tom che era rimasto impassibile. Possibile che non lo avesse notato prima?
Mi voltai lentamente chiedendomi come mai papà non fosse già sulla giugulare di Tom. Non appena incrociai il suo sguardo, Tom scoppiò a ridere e lui lo seguì. Strinsi i denti dal nervoso ed uscii dal negozio. Perché mi avevano presa per il culo invece di dirmi subito la verità?
Mi sentii cingere i fianchi ed abbracciare da dietro; alzai leggermente gli occhi per guardare i suoi: ancora sorrideva. Mi stava facendo indispettire! Cercai di divincolarmi ma strinse ancora di più la presa. Mi baciò sulle labbra cogliendomi di sorpresa e tutta la rabbia si dissolse magicamente.
«Ti amo.» Lo guardai storto per non mollare. «Dai, piccola! Scherzavamo!»
«Non è stato divertente! E ci sto capendo poco! L'unica cosa che ho afferrato è che sa di noi ma sei ancora tutto intero!»
«Non sei contenta che mi abbia dato il suo consenso?»
Ne rimasi stupita. Avevo quasi le lacrime agli occhi! Mi voltai nel suo abbraccio e gli poggiai le mani sul petto. «C-com'è successo?» Ero incredula. Forse sarebbe suonata la sveglia da un momento all'altro e mi sarei ritrovata nel mio letto a fissare il soffitto.
«Ha visto il laccetto durante i colloqui; ho cercato di nasconderlo ma ha detto di avermi riconosciuto ieri per telefono. Uscendo da scuola l'ho visto tentare di mettere in moto l'auto, ma invano. Così gli ho offerto il mio aiuto e ci siamo ritrovati a prendere il tea a casa mia.»
Strabuzzai gli occhi. «E poi? Che vi siete detti?» chiesi smaniosa.
Alzò le spalle. «Niente: abbiamo chiarito la situazione parlando apertamente l'uno con l'altro. C'è mancato poco che ce le prendessi!» Ridacchiò.
«Perché?» quasi urlai.
«Andando in bagno ha visto la tua divisa che, a proposito, ti ho riportato.»
Gli accarezzai il viso. «Grazie per aver affrontato papà invece di mollare.» Ci baciammo dolcemente.
«Ne vale la pena.» Sorrise luminoso. «Parla con lui.»
«D'accordo. Tanto ha parlato già con te quindi sto tranquilla.» Alzai le spalle ridacchiando.
«Toccherà argomenti che non ti piacerà affrontare.»
Sgranai gli occhi. «L'ape e il fiorellino?» chiesi avvilita ed annuì soddisfatto.
«Non credo ci andrà piano!» Fece l'occhiolino malizioso e mi sfiorò il collo con la punta del naso.
«Io e te quando ne riparleremo?» gli sussurrai provocante e ridacchiò tra i miei capelli.
«Molto presto, giuro.» Mi baciò il collo.
Fummo raggiunti da mio padre con i vestiti. «Che sono queste smancerie per strada?» Ci guardò preoccupato. Sciogliemmo l'abbraccio e ci allontanammo. Tom si scusò prendendogli i vestiti ed io corsi ad abbracciarlo.
«Grazie papà per aver accettato la nostra storia: sei il migliore!» Mi strinse forte. «Ti voglio bene.»
«Anch'io.»
Raggiungemmo la macchina di Tom e ci riaccompagnò a casa. Dopo averlo convinto ad entrare per una birra, ci sedemmo sul divano; sembrava una situazione surreale. Iniziammo a chiacchierare, poi papà andò in cucina.
«Devo confessarti una cosa che non ho avuto modo di dirti prima.» Fece cenno di proseguire. «Liz e Monique lo sanno.»
«Cos'hanno detto?»
«Sono rimaste sconvolte; credevano le stessi prendendo in giro. Poi ho spiegato la situazione e hanno confessato che è strano per loro, e anche un po' imbarazzante. Alla fine si sono rivelate contente che finalmente sono riuscita ad aprirmi e mi hanno assicurato che posso fidarmi e contare sulla loro amicizia per qualsiasi cosa.»
«Se ti fidi di loro lo farò anch'io.»
«Sono sicura che non diranno nulla.» Lo guardai con determinazione.
«Le conosco solo come alunne ma so che sono brave ragazze.»
«Sono delle ragazze splendide e delle magnifiche amiche. Sono davvero contenta di averle conosciute.» Sorrisi allegra. «Mi trovo bene anche con tutti gli altri.»
«A proposito: Pierce ha visto il marchio?»
«Sì.» Gli imbruttii. «L'ha notato proprio lui e non ha avuto l'accortezza di starsene zitto, così si sono tutti appassionati alle mie vicende!»
«Gli hai detto che è stato il tuo ragazzo?» Gongolai nel sentirlo definirsi il mio ragazzo.
«Non ho proprio usato il termine mio ragazzo» si accigliò «ma ho detto loro che sto frequentando una persona e, per evitare domande, me ne sono andata.»
«E il trio?» Lo guardai confusa, poi capii a chi si riferisse.
«Mi hanno subito raggiunto e a loro ho raccontato la verità restando ovviamente sul vago.»
«Cosa gli hai detto di interessante?» Mi guardò malizioso e alzai le spalle.
«Niente di che... non c'era niente che valesse la pena raccontare.»
«Ah, no?!» Alzò un sopracciglio. «Dovrò impegnarmi di più allora.» Prese a baciarmi con impeto accarezzandomi la pancia da sotto la camicia arrivando a sfiorarmi il seno; feci scorrere la mano tra i suoi capelli beandomi della sensazione che mi lasciavano tra le dita.
«Ragazzi!» urlò dalla cucina papà. «Cos'è questo silenzio?»
Scoppiammo a ridere.
«Stavo dando la buona notte a tua figlia!» affermò impertinente guardandomi divertito.
Si alzò e lo seguii; salutò mio padre e lo accompagnai fuori. Usciti di casa mi lagnai per il vento fastidioso che si era alzato. Mi sciolse a tradimento i capelli che si scompigliarono all'istante. «Ridammi il laccetto che mi danno fastidio!» Tolsi una ciocca dalla bocca e tesi la mano per farmelo restituire ma scompigliò ancora di più i miei poveri capelli.
«Non ci penso neanche! Mi piace vederli mossi dal vento.»
Lo guardai dolcemente fermandomi a metà del vialetto; si avvicinò a baciarmi e sorrise teneramente restituendomi l'elastico.
Stavo cercando di farmi una coda, quando Tom iniziò a ridere per la mia goffaggine. Gli diedi un pugno sulla spalla; finse dolore accarezzandosi e riprese a camminare.
«Hai le manine piccole ma fai male!»
«Oh, poverino!» Feci il labbruccio tremulo.
«Sei tremenda!» Girò la testa di scatto, con fare teatrale, guardando avanti a sé e si impietrì. Seguii il suo sguardo e vidi mia madre ferma davanti al cancelletto ancora aperto: era sconvolta e furiosa al contempo. «Buonasera signora Corsi.»
La mamma scosse la testa. «Come mai qui?»
«Ho aiutato suo marito con l'auto.»
«Poi ti spieghiamo.» Tesi le labbra in un sorriso.
«Sempre nel posto giusto al momento giusto» affermò sarcastica.
Tom ridacchiò nervoso. «Ora scusi ma devo andare.» Mi guardò svelto. «A domani.»
Appena si chiuse il cancello alle spalle, la mamma mi disse con sguardo deluso: «Sono stanca di farmi prendere per il culo da mia figlia». Il mio cuore si fermò di colpo. Mi passò accanto ed entrò in casa. La raggiunsi subito e vidi salutarla papà, che iniziò poi a narrarle le sue avventure pomeridiane.
Dopo cena andai a farmi una doccia e, mentre asciugavo i capelli, lottavo con me stessa: da una parte volevo parlare con papà per sentire la sua versione dei fatti, dall'altra avevo timore di quel discorsetto che mi avrebbe imbarazzata a morte.
Non appena spensi la tv, qualcuno bussò alla porta e fece capolino proprio la sua testa. Sorrisi: aveva deciso lui per me. Gli feci cenno di entrare e si sedette al mio fianco.
«Ho aspettato che tua madre si addormentasse.»
Lo abbracciai subito non riuscendo a contenere la mia gioia. «Grazie! Grazie mille! Ti sarò riconoscente a vita!»
«Vederti così felice non ha prezzo. Ho visto quanto il non poter stare con lui ti abbia fatto soffrire e che per lui era lo stesso. Non sono stupido ed ho capito che è anche l'unico che avrebbe potuto ridarti la gioia.»
«E infatti hai ragione. Lo so che potrebbero sembrare le parole di una ragazzina innamorata, ma sento che è la persona giusta per me. Voglio renderlo felice.»
«Già lo fai. Ti ama veramente. Se fossi stato una donna mi sarei innamorato del sorriso e dei suoi occhi luminosi nel sentirsi accettare! È davvero un bravo ragazzo.»
«È perfetto: gentile, altruista, premuroso, simpatico, brillante!»
«L'avevo già capito e oggi ne ho avuto la conferma: si era proposto di lasciarmi l'ombrello per non farmi bagnare. Mi ha colpito! E nonostante avessi scoperto cosa c'è tra voi, si è fermato ad aiutarmi anche se temeva una reazione violenta da parte mia e il terzo grado. Mi ha anche ringraziato di non averlo picchiato!»
Risi. «È proprio da lui!»
«So che non dovrei essere io a dirti certe cose, ma...» si schiarì la voce. Arrossii violentemente.
«Papà, ti prego no! Non continuare!»
«E invece devo farlo per la mia sanità mentale.»
«Non è successo nulla.»
«Sì, già lo so! Ne ho parlato con lui.» Era davvero imbarazzante. «Però il discorso te lo voglio fare lo stesso per sentirmi più sicuro.»
Sospirai. «Per favore! Ha trent'anni, sa quello che fa! Risparmiamela la storiella dell'ape e il fiorellino.»
Ignorò le mie lamentele ed iniziò a fare la paternale sul sesso sicuro facendomi vergognare. Poi passò al non farlo perché ti senti obbligata.
Finito di dispensare consigli, gli chiesi: «Lo dirai alla mamma?»
Sospirò. «È giusto che sia tu a farlo quando deciderete che è il momento adatto.»
«Hai ragione.» Gli sorrisi. Sperai di poterlo fare presto perché sentivo che, se avessi continuato a mentirle, avrei rovinato il nostro rapporto.
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Lasciati andare
Teen FictionLa vita della diciassettenne Melissa Corsi viene stravolta quando, a causa del lavoro del padre, si trasferisce con la famiglia a Londra. Il giorno del suo arrivo incontrerà in aeroporto un bell'inglese dagli occhi azzurri, gentile quanto sfrontato...