4. brown eyes

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«e che cazzo, dì qualcosa» borbottò disperato contro il muro. Una signora anziana lo guardò rimproverandolo con lo sguardo mentre tappava le orecchie del nipote.
«è pur sempre una chiesa questa, non un rave party» commentò stizzita passando accanto a Matty, che non aveva ancora ben smaltito la sbornia della sera prima e di certo la sigaretta che aveva sull'orecchio sinistro non contribuiva a migliorare il suo aspetto.
Alzò gli occhi al cielo, noncurante della vecchia, e rimase con la schiena appoggiata sul marmo, ad osservare gli altri del suo gruppo che erano rimasti- a differenza della signora- ad ammirare la cupola della whispering gallery, e ovviamente a sussurrare nel muro.
Si appoggiò, stanco, sulla parete fresca.
«Tu non sei solo, sei parte di tutto ciò che vive» disse. Era una delle sue citazioni preferite di Queer, di William Burroughs. Amava quell'uomo, quanto quel libro, e quella frase. "Sei parte di tutto ciò che vive" e aveva ragione William, per quanto potremmo sentirci soli al mondo non lo saremo mai completamente. Perfino le stelle nel cielo brillano per farci compagnia, no?
Si passò una mano tra i capelli ma si fermo quando la sentì, quella voce ormai l'avrebbe riconosciuta tra mille, anche per il forte accento cockney, tipico dell'East Side.
«Non lo faccio mai» schiacciò l'orecchio al muro e chiuse gli occhi cercando di capire bene ciò che stesse dicendo, percepiva purtroppo anche altri bisbigli.
«Non parlo mai qui, mi sento stupida. Ma oggi non citerò nessuno come faccio sempre, oggi non c'è nessuna citazione che possa descrivere come sto» silenzio. Aprì gli occhi e si guardò attorno, ma come al solito c'era un mucchio di gente, e il gruppo di turisti tedeschi alti tutti più di 1,90 metri non favoriva la vista di coloro che erano dietro.
«ho solo bisogno di essere salvata»
Matty si morse il labbro.
«Fatti salvare da me» stava per dire. Ma non lo disse. E se fosse stato un uomo? E se fosse stata brutta? Ormai se l'era immaginata già questa ragazza, bella, dolce, mentre leggeva le poesie di Ginsberg sul letto con una sigaretta in mano. L'aveva idealizzata, e non voleva che le sue aspettative venissero abbattute dalla realtà.
Scorse improvvisamente una ragazza dai capelli coperti da un beanie nero, che correva da una parte all'altra della stanza, ma smise di guardarla quando vide il padre di Katrine venire verso di lui.
«Vieni nel mio studio, dobbiamo parlare»
Matty sbiancò, ma cercò di tenere la calma. Non poteva aver scoperto che aveva fatto quasi un'ora di ritardo la mattina, giusto? Adam aveva detto che l'aveva coperto. Scesero le scale e giunsero al piano terra, entrarono nello studio che si trovava accanto alla biglietteria e scorse Adam all'interno e lo guardò con uno sguardo disperato mentre seguiva Mr. Gray che si sedette sulla sua sedia di pelle marrone. Avrebbe voluto denunciarlo agli animalisti per quella maledetta sedia.
Matty si morse l'interno della guancia non appena lui disse «allora, io e te dobbiamo parlare»
Meglio vuotare il sacco, almeno apprezzerà la sincerità.
«Mr. Gray sono mortificato per il ritardo di stamattina ma cerchi di capirmi la scongiuro. Stavo facendo colazione e mi sono versato il te sui pantaloni, non ne avevo di puliti e ho dovuto asciugarli con il phon; ho perso l'autobus e sono dovuto venire fino a qui a piedi e per di più sotto la pioggia» spiegò tutto d'un fiato.
«In realtà io volevo informarti dei lavori di ristrutturazione della navata sinistra, dove i turisti non potranno più passare; e di quelli alla cappella»
Matty spalancò gli occhi.
Tutto quello che riuscì a emettere fu una misera risatina, colpevole, e idiota.
In quel momento Katrine entrò nello studio del padre, facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo bionda che le arrivava fino a metà schiena.
«Ciao papà» mostrò i denti sbiancati da qualche dentista per chissà quanti soldi.
«che ci fai qui?» chiese fissando Matty che dondolava avanti e dietro sulle sue gambe, risultando più impacciato del solito.
Prendi nota: mai più bere se il giorno dopo vai a lavoro.
«Stavamo parlando, e mi ha detto che ha fatto tardi a lavoro stamattina, ma...» lasciò la frase in sospeso e Matty cercò di fare gli occhi dolci a Katrine che lo fissò con le sue iridi azzurre sorridendo. Lui si leccò le labbra e lei annuì.
«Licenzialo» gli disse.
«Cosa!?» Matty urlò facendo un passo indietro «non mi sembra il caso Mr. Gray, un solo ritardo. Per di più vi ho anche spiegato perché...»
«Taci. Mia figlia ha ragione, ho licenziato tutti quelli che facevano tardi, perché dovrei mai fare un'eccezione con te? E io che stavo quasi per lasciarmi convincere! Non sarebbe giusto. Brava tesoro, mi fai fare sempre la cosa giusta» sorrideva alla sua bambina che guardava Matty ridendo soddisfatta. Che stronza.
«Mr. Gray la prego»
«Healy ho detto basta! Non metterà mai più piede in questa chiesa. Nè nella whispering gallery. Nè nelle navate. Nè nella cappella. Nè prima, nè dopo che si saranno conclusi i lavori»
Sospirò.
«Lasci solo che le dica che avrebbe potuto anche fare a meno di chiamare i restauratori. Sua figlia li sa davvero fare i lavori, specialmente alle cappelle» le sorrise sghembo.
Katrine aprì la bocca per la sorpresa e rimase così, mostrando la sua finta dentatura perfetta.
«Stai aspettando che ci entri un cazzo?»
«Healy fuori di qui ora!» urlò il padre di Katrine indignato. Lui alzò le mani e si staccò la targhetta con il suo nome dal petto, lasciandola sulla scrivania e andando via- non prima però di essersi poggiato contro la porta e aver sentito Mr. Gray urlare contro sua figlia.
«Cosa è questa storia eh? Ti sei messa a fare la puttana?» Matty si coprì la bocca con le mani per non ridere. Missione compiuta. Sapeva quanto fosse geloso di sua figlia, l'aveva semplicemente ripagata con la stessa moneta.

The sound. (THE1975)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora