1.

37 4 1
                                    

                  

C'era una luce accecante, era tale anche se avevo gli occhi chiusi. Li strizzai per sbirciare e portai una mano davanti ad essi. Mi sollevai sui gomiti dalla mia posizione e guardai a sinistra dove c'era appisolato come un bufalo Juan, e a destra per vedere che ora fosse; erano da poco le undici.

Scesi dal letto e mi sfregai il viso per svegliarmi, passai una mano tra i capelli e mi concessi due minuti di riflessione. Eravamo in Italia, la mia vita era fantastica e... Avevo una macchina fotografica tutta mia!

Andai in bagno e mi diedi una sciacquata, sistemai i capelli su una spalla e risvoltai di nuovo in vita i pantaloncini da calcetto di mio fratello. Scesi di sotto a piedi scalzi e notai come la casa fosse stranamente quieta.

«Zia?» Attraversai il soggiorno e mi recai in cucina, nessuno. «Cri?» Nessuno rispose. A quanto pare erano uscite entrambe.

Presi un bicchiere di the freddo e mi stravaccai sul divano, accendendo il televisore. Vagai per i canali per molto tempo, finché non trovai un programma di cucina che mi incuriosì. Incrociai le gambe davanti a me e seguii come i concorrenti si sfidassero tra di loro per ambire ad una spilletta che gli avrebbe concesso l'immunità data un'eliminazione. Mi erano sempre piaciuti i programmi di cucina in quanto, si era capito, mi piaceva molto mangiare. Nonostante ciò però non sapevo cucinare, amavo mangiare sì, ma ai fornelli ero letteralmente negata. Ero capace di incendiare la cucina per preparare della semplice pasta al sugo. Mamma, al mio contrario, era una delle cuoche più brave del mondo.

La porta d'ingresso si aprì facendomi voltare di scatto verso di essa. «Cri! Mi hai fatto prendere un colpo!»

Cristina forzò un sorriso e poggiò le chiavi della macchina, poi venne accanto a me.

«Cuginetta mia, che hai?» domandai a questo punto seriamente preoccupata, ma Cristina alzò le spalle e sorrise malinconica, lo chignon gigantesco composto dai suoi ricci ondeggiò.

Le presi le guance tra le mie mani. «Lo sai che sono qui, vero? A me puoi dire tutto quello che vuoi.»

Cristina posò i suoi occhi nei miei e li vidi riempirsi di lacrime. Tirò su col naso e cominciò a raccontare come un tale Marco le avesse spezzato il cuore, che dopo mesi di relazione lui l'avesse lasciata per un'altra ragazza (una «racchia» a detta sua), e mi raccontò anche di come poi lei avesse tentato di riprenderselo fallendo miseramente. Mi disse che erano giorni che non smetteva di piangere perché ogni cosa le ricordava lui, ma lui non c'era.

Al contrario suo, io non sarei mai tornata a prenderlo. Forse sì, chiamatemi stronza, ma mi era servito a non farmi prendere in giro in passato. E ancora sì, mi erano mancate quelle persone, ma la loro scelta l'avevano fatta.

Quando finì aveva il viso totalmente invaso dalle lacrime e l'abbracciai stretta nel momento in cui mi chiese flebilmente di farlo. Vedere le persone a cui volevo bene soffrire in quel modo attivava dentro di me un meccanismo che mi spingeva a compiere di tutto pur di rivederle sorridere.

«Cri, Cri, guardami.» Le alzai il viso dalla mia spalla e la fissai bene negli occhi, per avere tutta la sua attenzione: «Adesso ci siamo io e Juan e ci impegneremo per far sì che tu dimentichi questo imbecille e ci divertiremo. Ci divertiremo un sacco noi tre. Che ne dici se...»

«Oh si, ci divertiremo!» esordì Juan sorridendo, spuntando dalle scale con dei pantaloncini simili ai miei e a petto nudo. «Cri...»

Cristina si pulì velocemente le guance con il fondo della sua canotta e gli regalò un sorriso. «E' tutto apposto, Juan. Cose da donne!» disse con fare teatrale prima di scappare in cucina, seguita da mio fratello.  Andai anche io.

Nobody but us.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora