La storia dell'impossibile

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Capitolo primo

"Le cose belle accadono sempre quando meno te lo aspetti", questo proverbio potrebbe essere la morale di tutto ciò che mi è accaduto da quando mi sono trasferita a Melborn, ma non so se i miei fatti inaspettati possano essere definiti "belli". Beh, da un lato lo potrebbero anche essere, ma non penso che ogni diciassettenne come me voglia trovarsi nelle circostanze in cui mi trovo io. Per farvi capire il perché, ho deciso di raccontarvi la mia insolita e profonda storia, cominciando proprio dall'inizio, vale a dire, il mio primo giorno a Melborn.

Era un sabato di settembre, io e la mia famiglia abbiamo dovuto trasferirci per il lavoro di mio padre. Ero piuttosto amareggiata di aver lasciato la città dov'ero nata e dove avevo tutta la mia vita sociale, ma capivo che era indispensabile trasferirci ed ero contenta per mio padre che finalmente aveva trovato il lavoro che faceva per lui. Mio fratello invece questo trasloco lo aveva preso diversamente. Nonostante avesse lasciato anche lui tutti i suoi amici e la sua ragazza, era felice di essersi trasferito in questo paese del nord California. Il motivo? la spiaggia e le ragazze in bikini. Ma non pensate male di lui per questo. Zac oltre a essere il provato ragazzo che ama le fanciulle carine, è simpatico e nel suo piccolo anche maturo, diciamo che non mi lamento di averlo come fratello.

Appena arrivati difronte a quella che doveva essere la nostra nuova casa, papà parcheggiò la macchina nel viale e tutti scesero a scaricare i bagagli. Io mi presi qualche secondo per riuscire a nascondere il dispiacere di aver lasciato i miei amici e poi scesi ad aiutare. Andai a prendere la mia valigia, la scaricai dall'auto e alzai gli occhi verso la casa. Tutto sommato non era affatto male, anzi, sembrava persino più grande di quella vecchia. Era una casa a due piani e con un ampio terrazzo al secondo. il suo color cipria dava lucentezza ai muri investiti dai raggi del sole. una casa carina insomma.

-Tesoro, potresti aiutarmi a portar dentro anche quegli scatoloni per favore?- chiese mia madre indicando delle scatole di media grandezza che, probabilmente, contenevano piatti e posate.

-Certo.- risposi io accennando un sorriso. Ne presi uno e lo misi sulla mia valigia, poi lo portai dentro. Entrai dalla porta sul retro che portava alla cucina. La stanza era grande e ben illuminata grazie alla finestra che stava sopra il lavandino. Subito accanto si trovava il soggiorno, anch'esso illuminato dal sole, con un grande divano difronte alla televisione. Standoci seduti, si poteva vedere la scalinata che portava alle camere.

-Sorellina, andiamo a vedere le nostre stanze!- Zac mi trascinò al piano di sopra. Ero piuttosto curiosa di vedere la mia nuova camera, ma non quanto lui, che saliva le scale con una velocità supersonica e io quasi non riuscivo a stargli dietro. Arrivammo alla fine della scalinata e davanti a noi c'era un ampio corridoio. Su un lato e l'altro c'erano due porte. Io aprii la prima sulla destra e Zac quella difronte. Appena la aprii mi trovai davanti una stanza grande, con i muri dipinti di lilla e celesta. Sulla parete davanti a me c'era una porta-finestra in vetro; la aprii subito e mi trovai sul terrazzo che si vedeva da fuori. Mi comparve sul viso un sorriso smagliante, trovavo quella camera veramente stupenda. rientrai, mi sdraiai sul materasso del letto ad una piazza e mezza e osservai il soffitto. Era fatto di travi di legno chiaro che davano più luce alla stanza, proprio come piaceva a me. Ad un tratto sentii dei passi veloci correre verso la mia stanza. Era Zac che si presentò da me con una faccia felice. -Wow, la tua stanza è veramente stupenda!-

-Già, lo so!-

Tutti e due ci mettemmo a ridere. -E la tua? Dai fammela vedere!-

-Subito.-

Zac mi portò in camera sua. La osservai e ne rimasi colpita. Sul soffitto, anch'esso di legno, c'era una finestra dove si poteva vedere il cielo. Il muro era rosso scuro, il colore preferito di Zac. -Caspita, è perfetta per te! Però tu non hai quel fantastico terrazzo.- Dissi vantandomi mentre Zac cominciò a farmi il solletico. Poi ci sedemmo sul letto e lui cominciò a fare le sue solite battute che mi facevano sempre morire dal ridere.

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