Capitolo secondo

61 4 1
                                    

Quella non fu una notte facile. Nonostante mi fossi addormentata subito per il troppo sonno, mi svegliai di continuo per via dei troppi incubi. Avevo cominciato poco prima di trasferirmi e sempre, tutte le notti, sognavo la stessa cosa: me da piccola, in mezzo ad un prato a giocare spensierata con un bambino dai capelli neri e occhi azzurri. Sembravamo felici, quando all'improvviso arrivò un uomo incappucciato che si mise ad urlarmi.

"non puoi sfuggire al tuo destino, Ambra. Presto arriverà, è inutile che continui a fuggire, lui è qui, è vicino!". Mi disse.

Ci fu un lampo e mi sentii male, mi misi a piangere e il bambino con gli occhi azzurri cominciò ad urlare e si trasformò in lupo, mentre l'uomo rideva e diceva: “Guarda cosa è capace di fare, lui è come te, Ambra!”.

A quel punto mi svegliavo di soprassalto. Non riuscivo a capire il significato di quel sogno e soprattutto non capivo chi stava arrivando e chi era quell'uomo incappucciato di nero, perché mi chiamava Ambra?

Pensavo che cambiando casa l'incubo potesse sparire, invece si faceva sempre più frequente e pauroso.

La mattina dopo mi svegliai e andai a fare colazione. Decisi di non parlarne con nessuno dei miei frequenti incubi, così decisi di mascherare la mia preoccupazione con un bel sorriso sul viso.

-Buon giorno a tutti!- dissi.

-Buon giorno tesoro. Dormito bene?-

-Abbastanza. E tu mamma?-

-Sì, a parte quando tuo padre russava.-

-Io non ho russato, ne sono sicuro.- disse lui seccato, mentre leggeva il giornale, con una grossa tazza di caffè accanto.

Presi un po' di succo e dei toast con la marmellata, mi sedetti sul bancone della cucina e iniziai a mangiare.

-Oggi mi vedo di nuovo con Lois.-

Mia madre e mio padre mi guardavano on un'espressione contenta. Dev'essere stato davvero un sollievo per loro che io abbia già trovato un'amica, visto il muso che ho messo quando mi avevano detto che ci saremmo trasferiti e anch'io ero contenta che fosse andata così.

Poi, all'improvviso mi venne in mente il nostro nuovo vicino. Pensai che magari i miei sapessero qualcosa su di lui, così decisi di chiederlo.

-No, non sappiamo ancora niente di lui, infatti avevo pensato di andare a conoscerlo un giorno.- Rispose mamma.

-Buona idea!- dissi.

Mi alzai, andai a vestirmi e poi presi il mio libro e andai in giardino. Mio padre aveva già montato la nostra amaca, quella che sin da piccola ho sempre visto nel giardino della vecchia casa. Doveva amare tanto quella amaca, perché la portava ovunque, persino quando andavamo in vacanza.

Mi sedetti e aprii il libro alla pagina dov'ero arrivata. Poi sentii delle voci e mi venne spontaneo alzare lo sguardo per vedere chi era; vidi quel ragazzo, Alec, che parlava col vicino. Fui stupita di vederlo, tanto che sgranai gli occhi. Cosa ci faceva lì?

Sembrava che si conoscessero bene, perché parlavano con molta confidenza e si davano del “tu”. Dopo pochi minuti entrarono in casa. Non riuscii a trattenere la mia curiosità e fu più forte di me: dovevo andare a vedere. Mollai il libro sull'amaca e andai vicino alla finestra più vicina, stando attenta a non farmi vedere da nessuno. Poi li vidi. Erano seduti al tavolo della cucina a parlare. Non sentii nulla, perché le finestre erano tutte chiuse, così mi limitai a guardare. Alec sembrava allegro e anche l'uomo “stranamente” sorrideva. Persino il cane sembrava che sorridesse. Ma, chi era Alec per quell'uomo?

La storia dell'impossibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora